Per lo Stato la Chiesa è un affare
Ammonta ad almeno dieci miliardi di euro l'anno il risparmio che lo Stato registra grazie alle attività sociali della Chiesa: sanità, istruzione. lotta alle droghe e alla povertà. Una realtà volutamente ignorata dai media, ma che va rivendicata con orgoglio.
Tra i luoghi comuni che certamente bisognerebbe sfatare c’è quello che descrive la Chiesa come un soggetto storicamente “onnivoro” e dedito a lucrare privilegi dallo Stato e a pesare anche finanziariamente sulle casse italiane. La polemica, assai strumentale, sull’Imu, cavalcata da giornali visceralmente anticlericali, ne è stata l’ennesima conferma.
Per fortuna ci sono anche voci illuminate e studi accurati e argomentati che dimostrano l’esatto contrario ed evidenziano i frutti copiosi e documentabili del quotidiano impegno della Chiesa al servizio degli ultimi e delle azioni sinergiche Stato-Chiesa per il soddisfacimento dei bisogni primari dei cittadini italiani, non ultimi i servizi scolastici, sanitari e assistenziali.
Il mondo dell’informazione sembra volersi occupare in modo superficiale e scorretto solo di scandali interni alla Chiesa, al fine di screditarne l’immagine e di dare fiato alle trombe del laicismo più becero e anticlericale. Preferisce al contrario ignorare tutto ciò che la Chiesa fa per realizzare la sua missione sociale e per sopperire alle insufficienze dello Stato. Eppure si tratta di un’opera incessante che integra in misura non irrilevante quella dello Stato e sopperisce alle inevitabili deficienze di uno Stato incapace di pensare a tutto e a tutti e sempre all’affannosa ricerca di aiuti e sostegni.
La Chiesa ha storicamente dimostrato di avere un occhio vigile, attento e maturo sull’evoluzione della società e di giocare addirittura d’anticipo rispetto alle emergenze incombenti. Basti pensare che molte organizzazioni e istituzioni cattoliche, numerose parrocchie e centri di accoglienza di ispirazione cattolica hanno, ben prima degli economisti e dei soloni di turno, lanciato l’allarme povertà, preannunciando la tempesta che negli ultimi anni ha investito l’ambito finanziario, con devastanti ricadute sull’occupazione, sulle famiglie, sulla qualità della vita delle persone.
Ma cosa fa concretamente la Chiesa per accompagnare l’uomo nel suo vivere di tutti i giorni e per alimentare quella solidarietà che è alla base del patto sociale tra le persone?
A raccontarlo, con l’ausilio di cifre puntuali e precise e di esempi concreti ed eloquenti, è Giuseppe Rusconi, giornalista e letterato, autore di un volume dal titolo “L’impegno. Come la Chiesa italiana accompagna la società nella vita di ogni giorno” (ed.Rubbettino).
Partiamo dalla sanità, che assorbe gran parte delle risorse finanziarie delle Regioni. Quanti sanno che gli ospedali cattolici su base nazionale fanno risparmiare allo Stato oltre un miliardo di euro all’anno anche attraverso il tanto vituperato sistema delle convenzioni pubblico-privato? Se poi ci si fermasse a misurare il controvalore economico del volontariato cattolico, si scoprirebbe che esso contribuisce per circa 3 miliardi di euro ai risparmi dello Stato. Per non parlare del sistema scolastico. L’ideologismo di certa sinistra massimalista, sconfessato perfino da molti vertici del Partito Democratico, ha prodotto l’esito nefasto del referendum bolognese di fine maggio sulle scuole paritarie. E c’è da scommettere che presto altre amministrazioni egemonizzate dalla sinistra estrema replicheranno una scellerata iniziativa come quella, che nega il valore costituzionale della sussidiarietà orizzontale e il principio della collaborazione pubblico-privato nel settore dell’istruzione. Lo Stato risparmia ogni anno oltre sei miliardi di euro grazie alle paritarie, e siccome i due terzi delle scuole paritarie sono cattoliche, ne consegue che la Chiesa fa risparmiare ogni anno allo Stato circa 4 miliardi e mezzo di euro. Ma nessuno lo dice né lo scrive.
Rusconi snocciola altri dati assai illuminanti e indicativi dell’utilità sociale della Chiesa rispetto alla missione di uno Stato attento ai bisogni dei cittadini. Nella lotta alla droga le comunità ecclesiali fanno risparmiare allo Stato circa 800 milioni di euro annui; la Chiesa dà circa 1,2 milioni di euro l’anno alla Consulta anti-usura e alle Fondazioni regionali ad essa collegate; la Chiesa contribuisce per circa 130 milioni di euro all’anno sul fronte dei beni culturali ecclesiastici; la Chiesa fa risparmiare allo Stato circa 370 milioni di euro all’anno nel settore della formazione professionale; gli sforzi del volontariato cattolico riconducibili all’iniziativa del Banco alimentare producono circa 650 milioni di euro annui; le mense cattoliche per i poveri garantiscono 6 milioni di pasti annui per un valore di 27 milioni di euro; infine, le iniziative diocesane di microcredito contro le nuove povertà fruttano circa 50 milioni di euro annui.
Anche rispetto a tragedie degli ultimi anni la Chiesa ha dato un consistente e fattivo contributo: 35 milioni di euro in tre anni per i terremotati dell’Aquila, 13 milioni di euro in otto mesi per il post-terremoto in Emilia.
Di fronte a queste evidenze, colpevolmente ignorate dai perversi circuiti mediatici, è giusto rivendicare con orgoglio il ruolo sociale della Chiesa e l’appartenenza ad essa di milioni di italiani.