«Per la pace più coraggio che per la guerra»
«L'inizio di un cammino nuovo alla ricerca di ciò che unisce, per superare ciò che divide»: questo ha indicato oggi Papa Francesco, come una possibilità concreta perché «la preghiera può tutto», ai presidenti israeliano Shimon Peres e palestinese Abu Mazen, che hanno partecipato al "vertice di preghiera" nei Giardini Vaticani.
- Un gesto religioso, una finalità politica, di Antonio Livi
(AGI, Salvatore Izzo) "L'inizio di un cammino nuovo alla ricerca di ciò che unisce, per superare ciò che divide": questo ha indicato oggi Papa Francesco, come una possibilità concreta perché "la preghiera puo' tutto", ai presidenti israeliano Shimon Peres e palestinese Abu Mazen, che hanno partecipato al "vertice di preghiera" nei Giardini Vaticani, (presenti Bartolomeo I, sei cardinali e delegazioni interreligiose dei due Stati, che debbono poter coesistere come al loro interno convivono fedi diverse). "La vostra presenza signori presidenti - ha dichiarato il Pontefice - è un grande segno di fraternità, che compite quali figli di Abramo, cioè come fratelli l'uno dell'altro".
"Per fare la pace - ha scandito - ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra".
"Signore, Dio di Abramo e dei Profeti, disarma la lingua e le mani; donaci la forza per essere ogni giorno artigiani della pace; donaci la capacità di guardare con benevolenza tutti i fratelli che incontriamo sul nostro cammino", ha pregato ad alta voce Papa Bergoglio che ha citato le famose parole di Pio XII "con la guerra tutto è perduto".
"Quando ero ragazzo, a 9 anni, mi ricordo la guerra, mai più mai più!", gli ha fatto eco il presidente israeliano Shimon Peres ha aggiunto questo ricordo personale al breve discorso che aveva preparato per il "vertice di preghiera" convocato da Papa Francesco in vaticano, nel quale ha affermato che anche se "la pace non viene facilmente, dobbiamo adoperarci con tutte le nostre forze per raggiungerla presto. Anche se ciò richiede sacrifici o compromessi".
"Noi desideriamo la pace per noi e i nostri vicini. Noi cerchiamo la prosperità e pensieri di pace per noi come per gli altri", ha assicurato da parte sua il presidente palestinese Abu Mazen nel breve saluto seguito all'invocazione di pace. Ma il presdidente non ha rinunciato, pregando, a rivendicare la città santa di Gerusalemme, che i palestinesi vorrebbero - almeno nella parte Est - come loro capitale.
"O Dio - ha pregato infatti Abbas - noi ti lodiamo sempre per aver fatto di Gerusalemme la nostra porta per il cielo". In merito il presidente palestinese ha ricordato pure le parole di San Giovanni Paolo II, quando disse: "Se la pace si realizza a Gerusalemme, la pace sarà testimoniata nel mondo intero".
Suggestivo il momento delle invocazioni di pace: "Togli tutte le colpe; accetta ciò che è buono, e noi offriremo il frutto delle nostra labbra", ha chiesto in ebraico un rabbino con barba e lobbia sul capo.
La lettura dei testi della Torah ha impegnato 4 rabbini ed è stata conclusa dal rabbino statunitense David Rosen, presidente della Lega Antidiffamazione, che ha cantato con grande partecipazione la preghiera del giorno del Kippur. "I cristiani - ha poi assicurato nella sua preghiera il cardinale africano Peter Turkson - siano capaci di pentirsi delle parole e degli atteggiamenti causati dall'orgoglio, dall'odio, dal desiderio di dominare gli altri, dall'inimicizia verso i membri di altre religioni e verso i gruppi più deboli della società, come i migranti e gli itineranti. Preghiamo per tutti coloro che hanno subito affronti contro la dignità umana e per coloro i cui diritti sono stati calpestati".
"O Dio, porta la pace nella terra della pace. O Padrone di splendore ed onore, rimuovi l'ingiustizia dagli oppressi in questa terra, nutri il tuo popolo che ha fame, e proteggilo dalla paura, tienilo lontano dal male e da coloro che commettono il male, dagli aggressori iniqui, O Signore dei Mondi", si è pregato Allah in arabo, chiedendo a Dio: "rendici inclini verso tutto ciò che è buono, avversi a tutto ciò che è cattivo, Ti chiediamo di indicarci tutto ciò che è buono e giusto".
Resteranno consegnate alla storia le immagini degli abbracci di oggi in Vaticano tra i due presidenti, tra loro e con il Papa. Ma la cronaca riporta anche una curiosità: Papa Francesco ha voluto viaggiare sullo stesso pulmino con i suoi ospiti dalla domus Santa Marta al piazzale dei Giardini Vaticani davanti ai Musei dove - in uno scenario un po' surreale, con un prato a triangolo che si apre sulla Cupola, si è svolto l'incontro di preghiera. Appena hanno preso posto (Francesco, Abbas con le spalle al guidatore e Peres, Bartolomeo e il custode di Terra Santa Pizzaballa di fronte, cè stato un momento di ilarità: sono tutti scoppiati a ridere commentando l'insolita situazione.
- Un gesto religioso, una finalità politica, di Antonio Livi