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ETICA E DENARO

Per aiutare i poveri alla Chiesa servono i ricchi. Non i pauperisti

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Il denaro non è un male in sé, ma uno strumento che, se utilizzato saggiamente, può servire per edificare il bene. Il progressismo predica una Chiesa povera, solo perché vuole soppiantarla.

Editoriali 26_03_2025 English Español
Jakob Fugger, il banchiere dei papi e di Carlo V

Negli ultimi mesi, lo scandalo che ha coinvolto l'Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (UsAid) ha scosso governi e testate giornalistiche a livello globale. Le accuse di finanziamenti impropri, perché finalizzati a guerre ideologiche ancor prima che al sostegno umanitario, e la conseguente decisione dell'amministrazione Trump di cambiare pagina hanno portato alla luce un’evidenza spesso trascurata, tanto semplice quanto dimenticata: solo chi detiene il denaro può finanziare e diffondere istituzioni, idee e influenzare l'opinione pubblica. È essenziale che i cattolici riconoscano e riscoprano l’importanza di possedere e ben gestire le risorse economiche per promuovere i propri valori all’interno della società.

La sinistra progressista ha da tempo compreso l'importanza del controllo delle risorse finanziarie per promuovere la secolarizzazione e l'agenda "woke". Attraverso ingenti fondi, essa sostiene iniziative che spesso vanno contro i principi tradizionali della Chiesa. Allo stesso tempo, predica alla Chiesa (e da dentro la Chiesa) l’ideale della povertà evangelica, certo non per rispetto e venerazione, ma per disarmarla sia socialmente che politicamente. Questo inganno del pauperismo si basa sulla fallace associazione tra ricchezza e materialismo, suggerendo che una Chiesa povera sia anche più spirituale, quando in realtà è solo più miserabile. Tale visione ha radici marxiste, secondo cui la ricchezza di uno implica necessariamente l'impoverimento dell'altro e conferisce al più ricco un potere oppressivo.

Eppure, se osserviamo la storia, emerge un quadro differente. La Chiesa, sin dai primi secoli, ha utilizzato ingenti risorse economiche per diffondere il Vangelo e costruire la civiltà cristiana. Nel Medioevo, grazie al sostegno di benefattori e monarchi fedeli, la Chiesa ha potuto fondare scuole, università e ospedali, divenuti centri di sapere e assistenza che hanno plasmato il mondo occidentale. Ordini religiosi come i Benedettini e i Francescani, pur predicando una vita semplice, hanno gestito immense proprietà terriere, le quali permisero loro di sostenere intere comunità, preservare e accrescere il sapere.

Nel Rinascimento, le grandi famiglie cattoliche italiane e spagnole hanno finanziato la costruzione di basiliche, conventi e opere d'arte che ancora oggi testimoniano la grandezza della civiltà cristiana. In Francia, la monarchia e l'aristocrazia hanno sostenuto le missioni gesuite, che portarono il Vangelo in Asia e nelle Americhe. Si pensi ancora al grande banchiere cattolico bavarese Jacob Fugger, il banchiere dei papi, nonché amico personale dell’imperatore Carlo V d’Asburgo. Nel XIX Secolo, figure come san Giovanni Bosco utilizzarono donazioni e risorse per creare istituti educativi che sottrassero migliaia di giovani dalla strada, offrendo loro un futuro migliore. Anche nel XX Secolo, è stato solo grazie al finanziamento di ricchi cattolici che è stato possibile costruire scuole, media indipendenti e movimenti pro-vita.

Di fronte a questa realtà storica, appare evidente che il rifiuto della ricchezza come strumento di apostolato è un errore strategico che ha permesso alla sinistra progressista di conquistare ampi settori della società. Chi detiene il controllo dei media, dell'educazione e delle istituzioni culturali è in grado di plasmare la mentalità collettiva, stabilendo ciò che è considerato accettabile e ciò che deve essere ostracizzato. Per questo motivo, è fondamentale che emergano, oggi più che mai, milionari e miliardari cristiani consapevoli della battaglia culturale in corso.

Guardando al futuro, i cattolici devono pensare in grande e non devono avere paura di farlo. Finanziare singoli progetti è buono ma si può fare di più: serve una strategia di lungo termine per creare un ecosistema economico alternativo capace di sostenere scuole, università, giornali, televisioni, case editrici e piattaforme digitali. Serve una nuova classe di imprenditori cattolici disposti a usare la propria influenza per difendere i valori perenni della vera civiltà occidentale, quella costruita con le travi dell’antropologia greca, del diritto romano e della fede cattolica. Il modello delle grandi fondazioni progressiste dimostra che investimenti pluriennali e strutturati possono cambiare la cultura di un Paese, anzi del mondo intero. Perché i cattolici non dovrebbero fare lo stesso?

Il denaro non è un male in sé, ma uno strumento che, se utilizzato saggiamente, può servire per edificare il bene e contrastare le forze che minacciano la civiltà cristiana. La Chiesa ha bisogno di santi, ma anche di benefattori illuminati e coraggiosi.