Pensiamo all'obiezione di coscienza verso lo Stato
Le ultime sentenze della Corte costituzionale confermano che l'attacco alla natura umana è ormai istituzionale, vale a dire che è entrato nella macchina della pubblica amministrazione. Siamo di fronte a una nuova breccia di Porta Pia.
La sentenza della Corte Costituzionale sulla fecondazione eterologa, e soprattutto le sue motivazioni, ci mettono davanti senza ormai nessuna scappatoia ad una situazione di epocale gravità per i cattolici italiani. Non so quanti ne siano consapevoli, ma la realtà si impone da sé.
Il dato sostanziale è che ormai l’attacco alla natura e alla natura umana è diventato istituzionale. Vale a dire che se ne occupano ormai le istituzioni dello Stato. Quel plesso teorico e pratico che solitamente chiamiamo ideologia del gender e che comprende lo stravolgimento della procreazione e dell’identità umana, della sessualità e della famiglia con il definitivo congedo dalla natura e da qualsiasi rimasuglio di legge morale naturale è fatta propria dalle istituzioni e procederà per dovere istituzionale.
Le scuole, le Asl e i comuni sono già collegati istituzionalmente tra loro in questo senso. La famiglia che iscrive il figlio alla scuola materna sa già che, per doveri istituzionali, a suo figlio sarà raccontata la storia dei due pinguini maschi che covavano un sasso a forma di uovo, da cui però non nasceva niente, e loro erano tristi; allora vanno a prendere un uovo vero togliendolo ad una coppia di pinguini etero, lo covano e il pinguino neonato è accolto tra gli affetti dei due genitori.
La famiglia che iscriverà il bambino alla scuola elementare sa già in anticipo che educazione all’affettività e superamento degli stereotipi di genere gli saranno impartiti non solo nei corsi appositi, ma anche nelle materie curricolari: ci sono già i libri di testo, le rappresentazioni teatrali, i video e i film, già ampiamente adoperati nelle aule.
Istituzionalizzazione vuol dire che la cosa è ormai entrata nella macchina della pubblica amministrazione. I dirigenti scolastici, che non hanno soldi, pur di mettere qualcosa di nuovo nel POF, accoglieranno le proposte del Comune in accordo con l’ASL o viceversa. A Trieste è entrato in aula un insegnante maschio con gonna e tacchi a spillo. Nelle classi girerà voce che Tizio ha una storia con Caio o che Clara è innamorata cotta di Orietta. Nei corridoi delle scuole ogni tanto si vede qualche bacio adolescenziale; ce ne saranno anche di omo e nessuno potrà eccepire niente. Poi appariranno i distributori di preservativi. In qualche Stato americano sono gli stessi insegnanti a distribuirli.
Perfino l’Ordine dei Giornalisti organizza eventi formativi per gli iscritti incentrati sul superamento degli stereotipi sessuali in ottemperanza alle Linee guida del Dipartimento per le pari opportunità, considerandole istituzionali. Anche la RAI in Italia è una “istituzione”, seppure in un senso molto particolare. La pubblicità della Findus ci ha fatto capire che anche qui saremo sommersi “istituzionalmente” dalla grande narrazione, l’ultima rimasta, del diritto degenere all’identità di genere.
Ora, se questa analisi è vera, se cioè siamo di fronte ad una istituzionalizzazione dell’anti-natura, alle istituzioni bisognerà fare obiezione di coscienza: non a questa o a quella loro disposizione ma alle istituzioni in quanto tali. Ai cattolici questo è già capitato, all’indomani della presa di Porta Pia. Allora fecero obiezione di coscienza nei confronti dello Stato che voleva estromettere Dio dalla pubblica piazza. Dovranno ora rifare obiezione di coscienza allo Stato, accusandolo di estromettere l’uomo dalla pubblica piazza? Questa estromissione è figlia di quella e la sentenza della Corte costituzionale sull’eterologa è una nuova breccia di Porta Pia.
Da quando Giuseppe Dossetti ha invitato a non aver paura dello Stato, tutta una parte di cattolici lo ha preso alla lettera e ha impostato il rapporto col mondo intenzionata a mettere sullo stesso piano la Costituzione e il Vangelo. Ora che i contenuti umani della Costituzione vengono superati dalle stesse istituzioni democratiche e costituzionali e perfino istituzionalizzati, costoro a cosa si appelleranno? Non è la fine di un percorso?
L’obiezione alle istituzioni sarebbe la fine di un lungo percorso, complesso e fortemente articolato, circa il rapporto dei cattolici con la modernità durante il quale i cattolici si sono impegnati sia ad una presenza nelle istituzioni pubbliche che ad avere proprie istituzioni. Il caso più evidente è quello della scuola. Ciò ha permesso di attutire lo scontro, di gestire i contrasti con prudenza, di assimilarsi senza essere assimilati. La cosa è stata resa possibile dal serbatoio di virtù umane e cristiane che ancora era rimasto a lungo nella nostra gente. Ma se le istituzioni dovessero far propria istituzionalmente la negazione della natura umana che spazio di praticabilità rimarrebbe per una simile doppia prospettiva? Si tornerebbe alla divaricazione tra Paese legale e Paese reale, con la sola differenza delle cifre invertite: a fare obiezione di coscienza allo Stato stavolta non sarebbero le masse, ma una minoranza, consapevole, non ancora assimilata, non meno determinata.
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