Pd, se il rinnovamento vuol dire: vecchia sinistra
In teoria l'obiettivo è ambizioso: dare una nuova anima al Pd. In pratica è un ritorno ai temi della vecchia sinistra, voluto da Zingaretti per recuperare Leu e la vecchia classe dirigente, conquistare le Sardine e rendere stabile il rapporto di alleanza con i 5 Stelle. Sarebbe l'equivalente italiano del governo massimalista spagnolo.
L’obiettivo a parole è molto alto, quasi nobile: dare una nuova ‘anima’ al Pd. Con tale proclamato scopo il segretario Zingaretti ha convocato in questi giorni i vertici del suo partito tra le severe mura cistercensi dell’abbazia di Contignano.
In realtà l’obiettivo era ed è stato molto più politico e concreto. Se ne è parlato molto poco in termini espliciti, perchè l’argomento è delicato, più per accenni e in maniera indiretta. Ma già l’intervista dell’on. Goffredo Bettini alla vigilia, da tempo vero ‘maître à penser’ del partito, lo lasciava intendere: usare ogni mezzo per fare del governo Conte l’incubatore di un rapporto sempre più stretto tra il Pd e i 5 Stelle, e qualcuno nel vertice ristretto si è spinto fino a ipotizzare una incredibile confederazione o addirittura unificazione. Gli uomini che veramente contano nel Pd e lo guidano (oltre a Zingaretti e a Bettini vanno citati Franceschini e Orlando) hanno capito molto bene che il consenso del partito non è destinato a crescere dal 20/22% cui i sondaggi di oggi lo inchiodano. E questi voti non basteranno mai a battere il centrodestra.
E dunque l’obbligo è diventato quello di sparigliare: approfittare dell’innamoramento ormai sempre più strutturale di Grillo e Conte per la sinistra, unito al declino elettorale dei 5 Stelle, per tentare di costruire un nuovo bipolarismo, e in specie una nuova sinistra capace di competere col centrodestra e possibilmente batterlo nel futuro. Da qui l’esaltazione di Conte come ‘miglior Presidente del Consiglio degli ultimi anni’ e soprattutto l’accettazione passiva di tutti gli obiettivi strategici dei grillini, compreso il Reddito di cittadinanza finora molto criticato ma di cui non si dovrà parlare più, e Quota 100 che, nata leghista è stata sposata in toto da Di Maio e compagni. Quanto alla prescrizione, che fino a ieri vedeva i Pd ferocemente avversi alla riforma di Bonafede, i toni saranno abbassati e si cercherà in ogni modo un compromesso.
Ovvio che il piano ha bisogno di tempo per realizzarrsi, c’è da convincere i quadri intermedi, gli apparati e la base dei due partiti, e dunque nel frattempo ‘lunga vita al governo’, in tre anni certi cambi si digeriscono meglio. Si dà per scontato che una parte dei parlamentari e degli elettori grillini, insofferenti da sempre alla sinistra, saranno perduti, e il colpo va ammortizzato.
Si è ragionato nelle segrete stanze dell’abbazia, mentre il grosso dei parlamentari era in assemblea, anche delle conseguenze del voto in Emilia-Romagna e in Calabria, ipotizzando scenari di contenimento nel caso di doppia sconfitta o di rafforzamento se la vittoria arriderà al prode Bonaccini (in Calabria la sconfitta è data per certa).
Soprattutto è ancora da capire bene che accadrà nel caso di un crollo del voto grillino, che potrebbe portare a un rivolgimento forte nel Movimento e alla probabile defenestrazione di Di Maio. Bisogna impedire che il trauma produca conseguenze imprevedibili che mettano a repentaglio il piano, e per questo sono stati incaricati ambasciatori per tenere rapporti costanti con Grillo, Conte e i capicorrente 5Stelle, e ‘garantire l’appoggio completo del Pd a qualunque necessità’, questo è il contenuto delle ambasciate.
“Così si aprirebbe un’autostrada a Italia viva”, si è subito rallegrato Matteo Renzi, e ciò è possibile, non tutti gli elettori Pd potrebbero appoggiare la nuova ‘cosa’ rossa, tanto più che si parla anche di un possibile rientro di D’Alema, Bersani e gli altri di Leu. Da qui un’aggiunta al piano: vanno agganciate e convinte le sardine. Zingaretti ci va cauto, sa bene che questi nuovi movimenti sono molto sensibili e gelosi della propria autonomia, ma i rapporti finora sono stati positivi, e i leader delle sardine si lasciano avvicinare. Insomma, una volta di più si dimostra che a sinistra la fantasia non manca, ciò che conta è il potere che va conquistato o mantenuto ad ogni costo. Se a Madrid il partito socialista ha fatto alleanza con il vituperato Podemos e con tutti i partiti separatisti pur di raggiungere la maggioranza del governo, il Pd non è da meno lavorando a questo piano.
E poi non dimentichiamo mai che le sinistre hanno sempre un vantaggio in più, possono contare su una stampa che le protegge e le difende, pronta a giustificare e a ‘spiegare’ ai lettori l’inevitabilità e la giustezza di qualunque mossa. Vade retro, centrodestra!