Pd, partito “liquido” o partito in via di scioglimento?
La minoranza nel Pd teme che i renziani possano utilizzare gli infiltrati dei vecchi partiti per vincere le varie primarie per i capilista bloccati e per assottigliare ancor più il peso specifico dei dissidenti. Ci sono altri indizi in questo senso e in diverse regioni si notano anomalie sul tesseramento nel Partito Democratico.
La crisi della forma partito e, in generale, di tutte le forme di rappresentanza degli interessi, è sotto gli occhi di tutti. Una società sempre più “liquida” e internettizzata sta conducendo a una visione atomistica ed estremamente frammentata degli interessi dei singoli e delle collettività organizzate. In politica il Partito democratico sembra una delle poche forze ad aver conservato un minimo di struttura territoriale e di momenti aggregativi e di confronto tra gli iscritti, anche se il corso renziano sta producendo una metamorfosi assai evidente.
Negli ultimi giorni i dem sono stati sotto i riflettori per diverse ragioni. Anzitutto la polemicasulle dichiarazioni dell’ex governatore della Sicilia, Totò Cuffaro che, parlando del suo ex bacino elettorale, ha sentenziato: «Ormai si è spostato in prevalenza nel Pd». Roberto Speranza, leader della minoranza dem, non l’ha presa bene: «Se non si dà un segnale fermissimo e rigorosissimo sulla vicenda Cuffaro, il Pd è morto. Non può esistere un Pd con dentro quel sistema di potere. I nostri militanti sono preoccupati». Davide Faraone, sottosegretario all’istruzione, renziano doc, e plenipotenziario del premier nell’Isola, nell’annunciare una nuova “Leopolda Sicula”, l’appuntamento dove lo scorso anno c’era la fila di cuffariani e big del “suo” centrodestra, replica a stretto giro: «Il Pd ha cambiato veste ed è oggi un partito maggioritario, che beneficia di apporti nuovi, magari insoliti, ma sempre costruttivi». Anche il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, minimizza: «Polemiche inutili. Al momento dalla Sicilia non si hanno notizie di fenomeni anomali. Se dovessero arrivare, si interverrà con rigore e intransigenza». E lo stesso Renzi ieri ha ammonito: «Chi fa lo schifiltoso con i voti perde le elezioni, dovremmo imparare dalle nostre vicende». Fatto sta che oggi a Palermo i garanti nazionali del partito procederanno alla valutazione delle tessere. Dunque, la situazione è tutt’altro che chiarita.
In realtà, la minoranza dem teme che i renziani possano utilizzare gli infiltrati dei vecchi partiti per vincere le varie primarie per i capilista bloccati e per assottigliare ancor più il peso specifico dei dissidenti. Ma ci sono altri indizi in questo senso. In Campania e anche in Puglia si notano anomalie sul tesseramento Pd. In provincia di Napoli, in vista delle amministrative, gli iscritti sono aumentati del 20% (da 14.000 a 17.000) e a Salerno da sei a ottomila. Sembra di essere tornati alla Prima Repubblica con pacchetti di tessere comprati da centri di potere che intendono pilotare nomine e candidature. E in Puglia sta accadendo qualcosa di ancora più raccapricciante. A Bisceglie, l’intera giunta di centrodestra si è iscritta al Pd e, con gli assessori, hanno preso questa decisione anche dipendenti comunali e consiglieri comunali. In tutto circa 360.
Prove generali di Partito della Nazione? Renzi smentisce seccamente e parla di Pd inclusivo e aperto alla società. La verità è che si tratta di un partito sempre più liquido, privo di reali momenti di confronto e coinvolgimento degli iscritti, svuotato da primarie di dubbia regolarità e da kermesse come la Leopolda, nelle quali le truppe vicine al premier danno dimostrazioni di forza oscurando le strutture del partito sul territorio, ancora controllate in alcuni casi dalla vecchia guardia.
Fanno sorridere, quindi, le parole pronunciate dal primo segretario nella storia del Pd, Walter Veltroni, il quale, parlando alla scuola di formazione politica del Pd organizzata nel week-end a Roma, ha sentenziato: «La sinistra è l’opposto della conservazione: parlare di sinistra conservatrice è un ossimoro». Ma accogliere nel recinto di un partito, con tanto di tessere, esponenti della politica ex democristiana ed ex socialista, prima confluiti nel centrodestra, non è contraddittorio con quanto dice l’ex sindaco di Roma? Alle amministrative di giugno si avrà probabilmente la riprova dell’effettivo radicamento del Partito democratico nel territorio. A Napoli e a Roma la spaccatura tra le diverse anime della sinistra potrebbe favorire gli avversari e a farne le spese sarebbe proprio il nuovo corso renziano dei democratici.
Su base nazionale il Pd somiglia sempre più a un partito liquido, che si regge sul carisma del suo leader nazionale e che langue in periferia per mancanza di appeal sulle nuove generazioni (e non solo). Quest’anno si capirà se si tratta soltanto di una crisi passeggera o di un processo irreversibile. E, soprattutto, se le polemiche su infiltrati, trasformisti e “compari” saranno il preludio di clamorose scissioni.