Partito dei vescovi? È un nuovo PD senza Cirinnà
Presentato ieri il Manifesto del nuovo partito popolare, cristiano ma non cattolico, che fa riferimento all'economista Stefano Zamagni ma con gli auspici del presidnete dei vescovi italiani, cardinale Bassetti. Un programma per ora generico ma anche pieno di contraddizioni, funzionale al mantenimento del sistema attuale.
Agenzie e giornali hanno reso noto ieri, almeno nelle sue linee essenziali, il Manifesto del nuovo partito popolare, cristiano ma non cattolico, aperto a tutti, che sembra per il momento fare riferimento soprattutto al noto economista Stefano Zamagni, attualmente Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e teorizzatore dell’economia civile. Era tempo che se ne parlava, il cardinale Bassetti ne aveva adombrato la possibilità ed anche la necessità in varie occasioni, nomi e strategie varie erano via via emersi e poi rientrati … ora finalmente sembra che ci siamo.
Il Manifesto non è ancora un programma e di conseguenza è pieno di frasi-contenitore per il momento vuote di contenuto. Che bisogna riformare la scuola e le istituzioni o che occorre puntare alla piena occupazione tutti lo sanno, è facile dirlo, bisogna però capire come e con che finalità. Su molte questioni rilevanti il Manifesto è reticente e quindi bisognerà aspettare più precise indicazioni programmatiche. Detto ciò, è però anche vero che quanto vi si legge è sufficiente per farsi un’idea di cosa si voglia far nascere e di dove si voglia andare a parare.
Il lettore del Manifesto è soprattutto colpito da una contraddizione. Si dice che non è più il tempo di ri-formare ma che si deve tras-formare. Il nuovo partito si ritaglierebbe un ruolo di cambiamento sostanziale, senza mezzi termini, che va alle radici e non ha paura di fare proposte esigenti, giocare duro, dedicarsi non ai dettagli ma ai grandi mutamenti. Ma in realtà il Manifesto fa emergere un nuovo partito di centro, dichiaratamente moderato, che accetta tutti i pilastri della situazione attuale e decide di muoversi dentro di essi e non per trasformarli. La Costituzione posta sullo stesso piano della Dottrina sociale della Chiesa facendo capire che il nuovo partito esprimerà un fedele e timido patriottismo costituzionale, l’Unione europea da proteggere e sviluppare, la legge 194 sull’aborto al cui articolo 1 ispirarsi per le politiche demografiche (accettando quindi la stessa legge), ritorno al proporzionale, l’agenda ONU per il 2030 da accogliere acriticamente e da far propria, le Dichiarazioni sui diritti umani da accettare e a cui fare riferimento indiscusso…
Leggendo il Manifesto, prima ancora di entrare nel merito dei contenuti, uno si chiede se ciò possa veramente essere considerato un tras-formare. Al massimo può venire considerato un timidissimo ri-formare, con l’attenzione di non procurare nessun coccio di cose rotte.
Detto in altri termini più direttamente politici: sembra un Partito Democratico senza la Cirinnà. Ma il futuro di un partito popolare e cristiano di centro, alternativo alla destra e aperto alle alleanze a sinistra, come può realisticamente darsi la missione di tras-formare? Sarà funzionale al sistema. Da dove deduco queste valutazioni? Dalla conclusione del Manifesto, quando si ricorda De Gasperi e il suo aver posto un limite invalicabile a destra alla Democrazia Cristiana, un partito di centro che guarda a sinistra. Proporsi come un Partito Democratico senza la Cirinnà comporta la falsa idea che, concordando sul quadro culturale generale con quella prospettiva di cultura politica, si possa fermare la sua deriva contraria a vita e famiglia. In realtà si finirà per appoggiarla, anche se indirettamente.
Da un nuovo partito che vuole attingere anche al mondo cattolico con l’intenzione di tras-formare ci si sarebbe aspettata la proposta della scuola parentale e non l’ingessatura nella scuola paritaria; una chiara contestazione del processo di unificazione europea almeno per quanto riguarda le radici cristiane e la dignità delle nazioni; una proposta di radicale inversione di tendenza sulle leggi di biopolitica mentre invece ci si ispira addirittura alla 194; proposte per un radicale abbattimento delle tasse in virtù del diritto naturale alla proprietà privata sancito dalla Dottrina sociale della Chiesa e una decisa commisurazione del fisco alle esigenze della famiglia, mentre invece si condanna moralisticamente l’evasione e si vuole de-costituzionalizzare il condono fiscale; una messa in questione dell’agire di giudici e Corte costituzionale che stanno trasformandosi in organi legislativi e per di più sempre meno legati alla concezione del diritto naturale; una chiara presa di posizione per un vero governo delle migrazioni perché anche la conservazione dell’identità culturale dei popoli di accoglienza fa parte del bene comune. Insomma, qualche discorso forte, appunto tras-formatore.
Da un punto di vista di astratta analisi politica e di occupazione di spazi politici lasciati vuoti e seguendo un ragionamento di scuola, si può dire che sia vero che oggi il centro è sguarnito e che chi lo occupa può darsi che qualche voto anche lo prenda. Infatti tanti altri ci stanno pensando. Ma se guardiamo l’urgenza di interventi radicali sia dal punto di vista dell’acutizzarsi drammatico dei problemi sia dal punto di vista di un impegno cattolico decisamente tale, la proposta appare esangue. Dall’esame del Manifesto si vede un partito che, per la paura di non essere questo o quello, alla fine non è.