Papa Francesco scrive a Davos. Cosa avrebbe detto San Pietro
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Papa Francesco scrive una lunga lettera a Klaus Schwab, presidente del World Economic Forum, organizzazione che persegue obiettivi opposti a quelli della Chiesa.
- L'altro argentino, Milei, striglia il WEF di Stefano Magni
«Questo anzitutto dovete sapere: negli ultimi giorni si farà avanti gente che si inganna e inganna gli altri e che si lascia dominare dalle proprie passioni... Voi dunque, carissimi, siete stati avvertiti: state bene attenti a non venir meno nella vostra fermezza, travolti anche voi dall’errore dei malvagi. Crescete invece nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. A lui la gloria, ora e nel giorno dell’eternità. Amen».
Così scriveva San Pietro, in alcuni passi della sua seconda Lettera, parte terza. Parlava dei nostri giorni? Al di là del tono profetico che fa pensare immediatamente a tempi futuri e lontani, probabilmente si riferiva ad ogni tempo successivo alla Resurrezione di Gesù e che precede la Sua seconda venuta. Dunque, ai suoi tempi, come pure anche ai nostri tempi attuali, in cui regnano confusione, tenebre e inganni, anche all’interno della stessa Chiesa.
Dopo la lunga lettera inviata da Papa Francesco a Klaus Schwab, Presidente Esecutivo del World Economic Forum, organismo "massonico", globalista, transumanista e abortista, in occasione del meeting annuale in corso a Davos, in Svizzera, dal 15 al 19 gennaio 2024, dobbiamo chiederci: cosa farebbe e cosa direbbe San Pietro se fosse Papa oggi? Si dirà che è una domanda assurda, alla quale è impossibile rispondere, perché i tempi sono cambiati, perché San Pietro non ha la possibilità di replica o di smentita rispetto a qualsiasi nostra ipotesi, ecc …
Eppure, tutto questo non è sufficiente per mettere a tacere la domanda: cosa farebbe e direbbe San Pietro? Non si tratta, infatti, di uno sterile esercizio di fantapolitica ecclesiastica, ma, in realtà, del tentativo di mettere a fuoco il compito – e, dunque, il contenuto dell’annuncio - di cui è chiamato a farsi portatore San Pietro, ogni San Pietro che ha ricoperto, dopo Gesù, il ruolo di Vicario di Cristo. Fino a oggi.
In una bellissima omelia del 29 giugno 2006, Papa Benedetto XVI ripercorre proprio i contenuti del mandato di Cristo a Simone figlio di Giona: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa» (Mt 16, 18). Svolgendo le sue argomentazioni con grande lucidità e profondità, Benedetto XVI identifica e delinea il mandato di Pietro in tre aspetti fondamentali. Ne proponiamo una sintesi.
Il primo è quello di «testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi» E spiega: «La Chiesa – ed in essa Cristo – soffre anche oggi. In essa Cristo viene sempre di nuovo schernito e colpito; sempre di nuovo si cerca di spingerlo fuori del mondo. Sempre di nuovo la piccola barca della Chiesa è squassata dal vento delle ideologie, che con le loro acque penetrano in essa e sembrano condannarla all'affondamento. E tuttavia, proprio nella Chiesa sofferente Cristo è vittorioso. Nonostante tutto, la fede in Lui riprende forza sempre di nuovo».
Il secondo aspetto è legato alla affermazione «E tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22, 32)… Ecco: non lasciare mai che questa fede diventi muta, rinfrancarla sempre di nuovo, proprio anche di fronte alla croce e a tutte le contraddizioni del mondo: questo è il compito di Pietro. Perciò appunto il Signore non prega soltanto per la fede personale di Pietro, ma per la sua fede come servizio agli altri».
Il terzo aspetto «si trova nel Vangelo di san Giovanni (21, 15-19). Il Signore è risorto, e come Risorto affida a Pietro il suo gregge. E il Signore gli affida questo incarico nel contesto della Cena, in connessione con il dono della Santissima Eucaristia. La Chiesa, fondata nell’istituzione dell’Eucaristia, nel suo intimo è comunità eucaristica e così comunione nel Corpo del Signore. Il compito di Pietro è di presiedere a questa comunione universale; di mantenerla presente nel mondo come unità anche visibile, incarnata».
Vale la pena leggere per intero l’omelia di Benedetto XVI, ma abbiamo voluto ripercorrerne alcuni passaggi proprio perché descrivono ciò di cui abbiamo un immenso bisogno anche oggi. Nella vita e nelle parole di San Pietro, particolarmente a partire dall’evento della Pentecoste, non c’è altro che questo: un enorme e inestinguibile amore per Gesù Cristo incarnato, morto e risorto, e una dedizione incessante a testimoniare –fino a donare la vita stessa - che Egli è il Signore Salvatore di ogni uomo e del mondo intero (e certamente, se avesse voluto occuparsene, non mancavano i problemi sociali e ogni sorta di difficoltà nel mondo di allora…). È questo, il kèrygma, che serve a noi anche oggi, per confermarci nella Fede, per ravvivare la Speranza, per ridestare la Carità. Tutto il resto – se di resto vogliamo parlare - viene casomai di conseguenza. Ed è questo, in estrema sintesi, il compito di qualsiasi Pietro sieda sul soglio pontificio.
Nella lunga lettera di Papa Francesco a Klaus Schwab, purtroppo, (come, del resto, in molte altre occasioni) non c’è traccia di tutto questo. Ma è di questo, solo di questo, che il mondo ha bisogno e che ogni anima attende: la proclamazione della salvezza come inizio del regno di Dio, che si realizza attraverso la parola del Cristo.
Come ha spiegato Benedetto XVI nella succitata omelia, «Il Signore affida a Pietro il compito per i fratelli attraverso la promessa della sua preghiera. L'incarico di Pietro è ancorato alla preghiera di Gesù. È questo che gli dà la sicurezza del suo perseverare attraverso tutte le miserie umane». Uniamo allora le nostre povere personali preghiere a quelle di Gesù, perché il successore di Pietro, anziché viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda del mondo (si legga, in proposito, il bell’articolo di Tommaso Scandroglio), sia fedele al mandato di Cristo e la Chiesa torni ad essere sale della terra e luce per il mondo.