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LOMBARDIA

Padre è maschile e madre è femminile. Capito Silvio?

Dal centrodestra lombardo una bella lezione di politica e di buona amministrazione a favore della famiglia. Quella tradizionale fondata sul matrimonio e la distinzione di genere. Una risposta alle sortire pro gay di Berlusconi e Feltri.

Politica 03_07_2014
Mamma, papà, figli: la famiglia

E’ un bell’esempio di resistenza democratica e di ribellione dal basso. Viene dalla Lombardia, oggi regione a conduzione leghista, ma da sempre la più virtuosa e moderna d’Italia, dove le necessità del capitale e del lavoro non hanno mai fatto a pugni con quelle della solidarietà e dell’equità sociale. Bene, proprio dal centrodestra che governa questo angolo di Baviera arriva una sonora sberla a chi dai salotti illuminati o dalla sala pranzo di qualche villa brianzola  pensava di imporre a sudditi e peones la loro sciccosa e aggiornata visione del mondo. Ecco, la loro manina stavolta i consiglieri non l’hanno alzata, nonostante il Capo e la sua corte editorial-giornalistica si fosse sbracciato a mandare segnali contrari e pesanti come paracarri.

La buona notizia è che l’altro giorno il Consiglio regionale lombardo, la maggioranza di centrodestra (Lega, Forza Italia, Ncd e Fdi) ha votato una mozione family friendly fino all'ultima riga, che restituisce tutta la sua dignità e identità alla famiglia, quella tradizionale, eterosessuale e di origine controllata: con un padre (uomo) una madre (donna) e dei figli (maschi e femmine) naturali o adottati. Ed erano passate solo poche ore dall’imprevisto outing del gioioso trio Berlusconi-Feltri-Pascale a favore dei matrimoni gay e delle unioni civili, salutato sulla solita buona stampa dalle associazioni del settore, Arcigay in prima fila, con una gigantesca ola arcobaleno. Invece no, da Milano arriva una sonora pernacchia a presidenti dimezzati, first lady in attesa e maestri direttori, con un messaggio che risuona forte e chiaro: su certe cose non si scherza perché gli elettori non vanno presi per i fondelli. La mozione approvata impegna il consiglio lombardo a sostenere la famiglia naturale, «fondata sull’unione fra uomo e donna», e a sostenerla con iniziative concrete. 

Non solo. Il Pirellone chiede al governo di non applicare il Documento standard per l’educazione sessuale, redatto dall’Ufficio europeo dell’Organizzazione mondiale della Sanità, e  respinge affido e adozione per persone dello stesso sesso. La Regione attacca anche il governo e la strategia dell’Unar, (il sedicente Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, che dipende dal ministero del Lavoro) che si dà un gran daffare solo nella produzione di film e sitcom gay, fiabe rivedute e corrette in chiave omosex distribuiti nelle scuole italiane per «destrutturare la famiglia naturale, impartendo già nei soggetti più deboli e in crescita questi insegnamenti». Infine, la mozione chiede al premier Renzi di stanziare «pubblici sussidi» per garantire ai genitori «un’effettiva libertà nella scelta della scuola per i propri figli», senza dover sostenere spese che impediscano o limitino questa libertà. 

Ecco, questo è la Carta dei diritti della famiglia che il centrodestra lombardo invia come modello da seguire alle altre regioni e al governo nazionale. Un menu dai sapori forti che niente ha da spartire con le moine finto-progressiste e improvvisate dichiarazioni antiomofobe di libertini dell’ultima ora. Iniziative così consolano perché dicono che c’è speranza anche per la politica, almeno per quella che ci interessa. Che non si perde dietro le estenuanti sottigliezze della riforma elettorale, delle grillate in piazza, dell’Europa che ce lo chiede e del Pil che lo domanda. Perché discutere sul modello di famiglia e su come aiutare mamma è papà a crescere i figli non è cosa da cattolici: riguarda laicamente e drammaticamente il futuro nostro e della  società italiana.

Uno scatto d’orgoglio, definiamolo pure un Family Pride, quello lombardo che finalmente riporta le cose al loro giusto posto nel centrodestra meneghino. E incoraggiano a resistere quanti ancora non si sono arresi alla dittatura del pensiero unisex, che mentre abolisce le naturali differenze di genere, ne inventa a tavolino uno nuovo, quello gay appunto, e ne reclama l’immediato riconoscimento e attribuzione di diritti. In Lombardia non andrà così. Dopo il knock-out in consiglio regionale, sinistra, grillini, renziani e libertari assortiti vacillano come pugili suonati, l’Arcigay disperata invece carica come un toro e si raccomanda a Berlusconi perché rimetta in riga questo centrodestra “aberrante e pericoloso”. Poverini, magari potrebbero scrivere una bella letterina di protesta al Giornale di... famiglia.