Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Francesco Antonio Fasani a cura di Ermes Dovico
IL CASO MIGRANTI

Ong alla fonda Più che il palazzo potè la toga

Dietro il progressivo disimpegno di molte ong c'è sì l'attivismo del proclamato governo libico, ma sul versante italiano c'è l'unico potere in grado di "spaventare" le ong che in tutti questi anni sono stati un taxi del mare su cui il governo ha chiuso gli occhi: l'inchiesta della procura di Trapani fa più paura del codice di condotta del ministro Minniti. Succede sempre così in Italia: i cambiamenti di scenario avvengono su input delle toghe e non della politica, che, semmai, si accoda. 

Editoriali 14_08_2017

Anche Save the Children e Sea Eye hanno sospeso le operazioni di recupero migranti nel Mediterraneo. Si uniscono a Medici senza Frontiere e guarda caso sono le tre ong che non hanno firmato il codice di comportamento messo a punto dal ministro Minniti in 13 punti. 

Accampano ragioni di sicurezza e tirano in ballo il proclamato governo libico che ha deciso di istituire una zona di Ricerca e soccorso limitando così la loro attività. Nello spazio delle acque libiche dunque ora c’è la Guardia costiera del Paese africano e non possono più scorrazzare liberamente le Ong che rifiutano ogni tipo di controllo volto ad escludere un loro coinvolgimento con i trafficanti.

E’ bastato dunque che un governo, seppure contestato, alzasse la voce per far valere un minimo di diritto delle acque, per indurre le Ong a ripiegare, salvo però lamentarsi e gridare all’imminente disastro umanitario incolpando così l’Europa di chiudere gli occhi di fronte ai soprusi della Libia. Ma ciò che ha dato un colpo decisivo allo strapotere delle Organizzazioni non governative è l’inchiesta della Procura di Trapani che sta indagando per immigrazione clandestina una Ong tedesca Jugend Rettet e ha sequestrato già una delle sue navi, la Iuventa. Accuse precise e circostanziate, fotografie compromettenti, testimonianze imbarazzanti, infiltrati al lavoro. Certo, il tutto andrà dimostrato in un eventuale processo e fino a prova contraria i responsabili della Iuventa restano indagati e basta. 

Ma questo è stato sufficiente a dare una svolta ad una situazione scandalosa che era sotto gli occhi di tutti, soprattutto dei governi che si sono succeduti da Mare Nostrum in poi e che hanno sempre chiuso gli occhi. Eppure bastava ascoltare i nostri prefetti che in questi anni hanno esaminato migliaia dai richiedenti asilo, per rendersi conto che in tutti questi anni abbiamo sopportato quando non incentivato un'attività di taxi del mare per migranti economici che non erano profughi da niente. A far capire alle Ong che le acque sono cambiate però, non è tanto il decreto Minniti che istituisce le regole di comportamento, perché questo è stato rifiutato dalle Ong e il nostro governo non ha potuto opporre particolari misure per farlo rispettare. A farle capitolare è stata come sempre accade in Italia la Magistratura. 

L’inchiesta della Procura di Trapani ha ancora molta strada da fare per poter arrivare ad una sua conclusione giudiziaria, intanto però un primo risultato l’ha ottenuto: far comprendere alle Ong che l’Italia non è il far west dell’immigrazione clandestina dove poter scaricare con la complicità del governo migranti economici travestiti da profughi. E’ questo il dato che più fa riflettere. Mentre negli altri Paesi le decisioni politiche vengono fatte rispettare con la forza della legge e se il caso quella delle forze dell’ordine, in Italia il bilanciamento dei poteri vede da tempo il predominio del potere giudiziario. Cosicché è soltanto per il suo intervento, sia anche un’inchiesta e non una condanna, se le cose stanno cambiando. 

Ovviamente il potere esecutivo fa buon viso a cattivo gioco. Prima ha spalleggiato l’attività delle Ong che hanno scaricato come taxi del mare migliaia di immigrati, poi, una volta resosi conto dell’insostenibilità anche in ambito europeo della situazione, si è spaccato in due, come dimostrano le posizioni nel Pd che hanno visto nei ministri Delrio e Minniti i due poli opposti e ha provato a mettere in campo alcuni freni: così è nato il codice di regolamentazione del ministro Minniti. 

Ma a farlo applicare non è stato, paradossalmente, il potere che l’ha scritto, bensì è stato implicitamente il potere giudiziario, che, rendendo noti i dettagli di un’inchiesta sul comportamento di una Ong, ha di fatto spaventato tutte le altre, costringendole sulla difensiva. Così è: in un altro Stato si sarebbe riusciti con la forza a far applicare la legge, da noi si mandano messaggi trasversali con inchieste giudiziarie che sono solo agli inizi per far capire che il vento è cambiato. E’ un metodo in voga in Italia da molto tempo, quando si vuole cambiare una situazione diventata improvvisamente non più conveniente. 

Certo, oggi questo esito porta a trovare l’opinione pubblica sostanzialmente concorde con il progressivo depotenziamento dello strapotere delle Ong, ma questo non deve illuderci. In Italia quando si vuole cambiare qualche cosa si utilizza il braccio delle toghe, quando invece si potrebbe semplicemente applicare la legge attraverso i canali della politica. Il potere giudiziario dovrebbe intervenire solo se la legge non viene rispettata, invece oggi interviene per scatenare i cambiamenti di assetto e gestire il mutare degli scenari. E’ un vulnus che rende il potere giudiziario decisamente più forte rispetti agli altri due con il quale dovrebbe bilanciarsi.