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IL CASO

Omofobia, incubo di una notte di mezza estate

In una seduta notturna, la Camera ha svolto il dibattito sulla legge antiomofobia, che ora verrà votata in settembre. La Commissioone Affari costituzionali solleva problemi di costituzionalità ma ai pasdaran della legge non interessa.

Politica 07_08_2013
Parlamento

Quali sono le ragioni di somma urgenza che hanno fatto sì che la legge anti-omofobia prima - nella seconda metà di luglio - sia stata approvata in Commissione Giustizia a tappe forzate, con tempi rigorosamente contingentati e con emendamenti altrettanto rigorosamente falcidiati; poi sia stata fiondata per la discussione generale nell’Aula della Camera nel mese di agosto, di lunedì, di sera (la seduta del 5 agosto si è conclusa verso mezzanotte), con rinnovate limitazioni di tempo per chi è intervenuto, e con contemporaneità di lavori per le Commissioni (cosa che ha scarsi precedenti: quando c’è Aula le Commissioni non si riuniscono).

Delle due l’una: o – provo a mettermi sulla lunghezza d’onda dei suoi promotori – è una legge importante, e allora non comprendo la strozzatura del dibattito; tanto più che coloro che – e iniziano a essere più d’uno – manifestano perplessità verso il testo lo hanno fatto intervenendo, in Commissione e in Aula, con tale rispetto per la delicatezza della materia e con tale proprietà e “laicità” di argomenti, da costringere i fautori della legge a replicare alle riserve formulate, in qualche caso dando atto della fondatezza dei rilievi. Dunque, non si è trattato di una perdita di tempo, o peggio di ostruzionismo.
Oppure si coglie il “rischio” che una discussione ampia, serena, motivata, incrementi il fronte degli scettici, che sul piano mediatico già comincia cautamente ad allargarsi; e allora la scelta – condivisa, va detto, da tutti i presidenti di gruppo che hanno concordato il calendario d’Aula – di ridurre il dibattito allo stretto indispensabile e di confinarlo “in notturna”, fra pochi intimi, giusto per dare a intendere che c’è stato, rivela il timore che, nonostante numeri teoricamente schiaccianti, non tutto fili liscio come si immaginava.

Qualche elemento di complicazione fa capolino. La legge è giunta in Aula accompagnata da un parere espresso dalla Prima Commissione-affari costituzionali, che merita attenzione. Questa Commissione, pur non essendo quella di merito (che invece è la Giustizia), è chiamata a esprimere la valutazione di conformità alla Costituzione di ogni proposta di legge prossima all’esame dell’Aula; è il parere più importante, quello che è in grado di fermare l’iter di un provvedimento. Riporto alla lettera i passaggi più significativi del parere espresso dalla Prima Commissione (di mio vi è solo l’elenco numerato, per agevolare la lettura):

1. “quanto previsto dal testo va(da) valutato con ponderazione e attenzione, tenendo conto in particolare di quanto sancito dagli articoli 3, 21, 25 e 27 della Costituzione”,

2. “in particolare (…) va (da) valutato il rispetto del principio di tassatività e determinatezza della fattispecie penale poiché gli elementi previsti dal testo sono suscettibili di ricomprendere situazioni ampie e indeterminate e si fondano su situazioni e scelte soggettive – anziché su posizioni oggettive – attenendo alla sfera individuale della persona e con carattere potenzialmente mutevole nel tempo e quindi di difficile verifica”,

3. “quanto stabilito dal testo potrebbe prefigurare una situazione normativamente differenziata rispetto ad altre situazioni analogamente meritevoli di tutela, in cui si commettono delitti contro la persona in ragione delle condizioni personali, così violando il principio di uguaglianza e la giurisprudenza delle Corti europee”,

4. vi è pure “la necessità di assicurare il rispetto del principio di libertà di espressione di cui all'articolo 21 della Costituzione evitando il rischio in particolare di scivolare sul delicato territorio dei reati di opinione e di introdurre nell'ordinamento illegittime violazioni delle libertà di manifestazione del pensiero”,

5. “gli elementi previsti dal testo, avendo per oggetto moventi interiori il cui accertamento obiettivo non è univoco possono dar luogo alla presunzione di sussistenza ogni volta che la condotta illecita interessi soggetti di cui siano note l'omosessualità o la transessualità, e così introdurre una vera e propria inversione dell'onere probatorio”,

6. “conseguentemente, al fine del rispetto del principio di determinatezza e di tassatività delle norme incriminatrici (articoli 25 e 27 della Costituzione), risulta necessario richiedere che la condotta di istigazione sia esplicitata, non potendosi mai dedurla dalla opinione espressa”.

Da ultimo, il parere chiede se non si possa “ricorrere alla applicazione dell'aggravante di cui all'articolo 61 n. 1 del codice penale, così efficacemente completando l'apparato sanzionatorio”, senza necessità di introdurre una nuova normativa.
 
In modo chiaro, non una testata giornalistica “cattolica” o un gruppo di inguaribili oltranzisti, bensì l’organismo parlamentare che è lo snodo della valutazione di legittimità costituzionale previa di un provvedimento normativo elenca i problemi “laici” di concreto conflitto con libertà e con diritti previsti dalla nostra Carta fondamentale, in linea con le preoccupazioni espresse da altri “laici”, per esesempio da Piero Ostellino sul Corriere della Sera. È veramente singolare che riserve così puntualmente precisate abbiano trovato eco, durante la discussione, da parte del Governo, nelle parole del sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri, ma non in quelle dei relatori, uno dei quali – l’on. Scalfarotto – ha affrontato la questione del parere della Prima Commissione, ma solo per rivendicare apoditticamente le “proprie prerogative”, senza replicare a uno solo dei temi posti dagli Affari costituzionali.

A settembre si vota. Prima le pregiudiziali di costituzionalità: ne sono state depositate tre, a firma degli on. Pagano e altri, Meloni e altri, e Giancarlo Giorgetti e altri. Poi, se dovessero essere respinte, il merito. Quanto però accaduto nella tarda serata di un lunedì di agosto non va archiviato con tanta leggerezza: si è formalmente certificato che la legge cosiddetta antiomofobia presenta problemi di compatibilità con la Costituzione e con l’ordinamento italiano. A loro volta, i pasdaran della legge hanno detto chiaro che a loro tutto ciò non interessa; importa solo arrivare al risultato. Chi finora è rimasto, dentro e fuori il “Palazzo”, ai margini della contesa, ha qualche giorno e qualche argomento in più per riflettere. Senza illudersi di poter continuare a non prendere posizione.