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Educazione

"Omofoba" la mamma che dissente dai corsi gender

Una mamma racconta che ha chiesto lumi alla scuola, dove sono iscritti i suoi due figli di 8 anni, sui corsi di "bullismo omofobico". Risposta: "omofoba retrograda".

Gender Watch 24_11_2020

Una mamma rende nota una sua spiacevole esperienza con la scuola dei suoi due figli.

«“Estremista”, “inquisitore” e “omofoba retrograda”. Questi sono solo alcuni degli epiteti discriminatori che sono giunti a me ed alla mia famiglia in questi giorni.

L’unico peccato è stato quello di chiedere approfondimenti su un corso proposto (ma non illustrato) dalle insegnanti dei nostri figli di 8 anni che, etichettato come un programma di sensibilizzazione sul tema del bullismo omofobico, in realtà prevede ben altro.

L’unico peccato è stato quello di domandare all’istituto scolastico (ad oggi senza riscontro), con tono rispettoso dei ruoli, spiegazioni sul perché si intendesse perseguire il nobile fine dell’inclusione sociale attraverso la rivisitazione delle fiabe in chiave “gender” e se fosse corretto introdurlo ad alunni così piccoli.

L’unico peccato è stato quello di esercitare il ruolo di genitore nei limiti previsti dalla Costituzione ed esprimere un’opinione dissenziente da quello della massa, ritenendo prematura la trattazione di determinati temi con bambini di 8 anni.

Il risultato è stato quello di veder la mia figura umana e genitoriale prima sostituita dalla didattica del pensiero che non ammette civile dissenso, e poi umiliata nel nome di una furiosa spinta emotiva che mi accusa di omofobia, e che respingo fortemente.

Mi si accusa maliziosamente di politicizzare un tema così delicato come quello della formazione delle nuove generazioni in tenera età, rendendomi vittima di discriminazioni per le stesse questioni legate all’identità di genere che il DDL Zan vorrebbe arginare.

Come il lupo in Cappuccetto Rosso da rivisitare in chiave “gender”, la mia colpa è stata quella di ritenere un corso di pensiero unico, travestito da candido progetto contro il bullismo, inadatto a bambini piccoli, e per questo motivo la mia famiglia è stata prima discriminata e successivamente costretta a cambiare istituto, con la speranza che il libero pensiero, almeno in scuole paritarie, venga davvero tutelato.

di Chiara Pelagotti».