Omelia del 31 ottobre 1943, a conclusione della grande processione penitenziale
Omelia del 31 ottobre 1943, a conclusione della grande processione penitenziale. Gli uomini figlio di Dio e quindi fratelli.
[…] A loro dico anzitutto che non desideriamo essere le tromba politica che con la propria voce favorisce i desideri del momento e i bisogni di singoli partiti o uomini. Abbiamo sempre sottolineato anche nella vita pubblica i princìpi dell’eterna legge di Dio, che vale senza differenze per croati, serbi, ebrei, zingari, cattolici, musulmani, ortodossi così come per qualunque altro uomo. Ma non possiamo incitare alla ribellione né obbligare fisicamente qualcuno a mettere in pratica queste leggi di Dio giacché ogni uomo risponderà delle proprie azioni secondo le parole dell’Apostolo, il quale dice che ciascuno porterà il proprio fardello.
[…] Risponderemo anche a coloro che ci accusano di essere stati d’accordo con il razzismo, perché, come vedete, nelle teste di qualcuno la Chiesa cattolica è colpevole di tutto. Abbiamo preso posizione sul razzismo fin da che il razzismo esiste, e non certo solo oggi. E questa posizione è semplicissima e chiara. La Chiesa cattolica non conosce razze che dominano, e razze che servono come schiavi. La Chiesa cattolica conosce solamente razze come creazione di Dio. […] Per essa l’uomo è uguale, che sia un nero dell’Africa o un europeo. Per essa il re nel palazzo reale è uomo nella stessa misura in cui lo è l’ultimo povero o zingaro sotto la tenda. Essa, tra questi uomini, non conosce differenze essenziali, se sono uomini: l’uno e l’altro hanno un’anima immortale. Uno e l’altro sono della medesima origine regale. […] La Chiesa cattolica non può accettare che una qualsiasi razza o un qualsiasi popolo, solo perché è più numeroso e più forte con le armi, possa commettere violenza su un altro popolo meno numeroso e peggio armato. Non possiamo accettare che si uccidano innocenti, perché per esempio in un imboscata è stato ucciso un soldato, neppure se questi fosse della razza più nobile. Il sistema che chiede il massacro di centinaia di ostaggi per un crimine per il quale non è possibile scoprire il colpevole è pagano e non ha mai portato buoni frutti. […]
Condannando tutte le ingiustizie, tutte le uccisioni di innocenti e tutte le distruzioni di villaggi pacifici […], condividendo le sofferenze e le disgrazie di tutti, che oggi soffrono ingiustamente, rispondiamo in questo modo:
La Chiesa è per quell’ordine che è tanto antico quanto i Dieci Comandamenti di Dio. Noi siamo per l’ordine che non è sulla carta che si decompone, ma che è stato scritto nella coscienza umana dal dito di Dio vivente. Fondamento di quest’ordine è il Signore Dio, che non si perde nei paragrafi, come i legislatori terreni, ma che ha riassunto tutto l’ordine in Dieci Comandamenti. Siamo tenuti a dare a Dio onore e gloria, perché è il nostro Creatore. Ai genitori, alle personalità che reggono lo Stato e alla Patria siamo tenuti a dare amore, obbedienza e sacrificio, se è necessario. Il nostro prossimo, qualsiasi sia il suo nome, non è solo un ingranaggio nella macchina dello Stato, sia esso di colore rosso o nero, giallo o verde, ma è un libero figlio di Dio, nostro fratello in Dio. Quindi al prossimo dobbiamo dare il diritto alla vita, al possesso di beni, all’onore, perché sta scritto: «Non uccidere, non rubare, non dire falsa testimonianza contro il Tuo prossimo». Dobbiamo rispettare la sua famiglia, perché sta scritto con il dito di Dio: «Non desiderare la donna d’altri». Dobbiamo rispettare noi stessi, perché sta scritto «Non commettere atti impuri».
E si ingannerebbe gravemente chi pensasse che non vi sono sanzioni per i trasgressori. Tutto questo terribile caos che il mondo sta vivendo, non è altro che una punizione di Dio per l’infrazione dei comandamenti di Dio, per il disprezzo del Vangelo di Cristo. E se l’umanità non vorrà riconoscere l’autorità di Dio su di essa, è del tutto certo che la destra di Dio colpirà ancora più pesantemente.
Dal libro di Aleksa Benigar, Stepinac; traduzione di Guido Villa.