Ombre cinesi sul Covid, chi non vuole che l'emergenza finisca
Il Covid sta finendo, ma c'è chi continua ad alimentare la paura per mantenere le limitazioni sociali. E così si è ricreato l'allarme Cina per i casi di contagio a Pechino: 130 persone in tutto in una città di 21 milioni di abitanti, tutto fuorché un'emergenza. E anche in Italia l'evidenza scientifica parla di un virus sempre meno aggressivo e virulento, l'Istituto Mario Negri ha anche documentato che i nuovi positivi non sono più contagiosi. Ma l'ostinazione con cui si alimentano irragionevoli paure non può non destare sospetti su interessi politici ed economici dietro questa epidemia che non deve finire.
Il Covid sta finendo, ma c’è chi proprio non vuole rassegnarsi a questa evidenza, e continua con accanimento a sostenere che la minaccia è sempre incombente, che bisogna continuare a mantenere le limitazioni alla vita sociale.
Visto che i dati non corrispondono a questa narrazione, ecco che si ricorre alla Cina, uno spauracchio che può sempre tornare utile. E così nei giorni scorsi i media di regime ci hanno raccontato di una situazione "estremamente grave", di una Pechino impegnata "in una lotta contro il tempo" per fermare il contagio, attraverso "le misure più strette, decisive e determinate", secondo il classico modello cinese che è stato poi importato in Italia.
Siamo andati allora a vedere i numeri di questa nuova emergenza, e ci dicono di circa 130 casi di contagiati in una settimana nella capitale. Pechino - è bene ricordarlo - è una città di oltre 21 milioni di abitanti. Quindi abbiamo un caso di contagiati ogni 200.000 abitanti. E’ come se a Milano avessimo cinque casi. E parliamo di contagiati, non di ricoverati o tantomeno di morti.
Quindi, di che emergenza si sta parlando?
Il governo italiano tuttavia continua ad insistere sull’esistenza di nuovi casi di Covid diagnosticati. Questo secondo il Ministero della Salute deve invitare alla cautela in quanto denoterebbe “che in alcune parti del Paese la circolazione del virus è ancora rilevante", si legge nel report settimanale del periodo dall'8 al 14 giugno del Monitoraggio della Fase 2. "In tutta la Penisola - continua il documento - sono stati diagnosticati nuovi casi di infezione nella settimana di monitoraggio corrente, con casi in aumento rispetto alla precedente settimana di monitoraggio".
Tuttavia, il numero dei ricoverati - in particolare nelle strutture intensive - continua progressivamente a scendere, così come la mortalità. Cosa significa questa evidenza, che peraltro il governo fa di tutto per nascondere? Che il virus sta perdendo la sua aggressività e la sua virulenza.
Mentre si cerca di rinfocolare la paura, è arrivata venerdì scorso come una doccia fredda la valutazione di un autorevole scienziato, il professor Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, una delle più prestigiose istituzioni d’Europa . “I nuovi positivi non sono contagiosi”, ha dichiarato in un’intervista. E questo perché la carica virale è diventata molto bassa. Lo si è scoperto dall’analisi dei tamponi fatti nel corso di una ricerca promossa dall’Istituto stesso, che ha dimostrato che i casi attuali di positività hanno una carica virale molto bassa, non contagiosa. Li chiamiamo contagi, ma sono semplicemente persone positive al tampone. Si tratta di positività che non hanno ricadute cliniche: non sono persone malate, e non possono trasmettere la malattia a nessuno.
Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di un singolo studio, ma in realtà stanno uscendo altri autorevoli lavori che confermano questo quadro, come quello del Center for Disease Prevention della Corea del Sud fatto su 285 persone asintomatiche positive, che ha rintracciato 790 loro contatti diretti. Quante nuove positività? Zero.
Secondo il direttore del Mario Negri, L’Istituto Superiore di Sanità e il governo devono qualificare le nuove positività, o consentire ai laboratori di farlo, spiegando alla gente che una positività inferiore alle centomila copie non è contagiosa, quindi non ha senso stare a casa, isolare, così come non è più troppo utile fare dei tracciamenti che andavano bene all’inizio dell’epidemia.
L’esistenza di nuovi positivi non deve creare alcun allarmismo: non è lo stesso tipo di positività dei mesi scorsi. Una positività che non può più dare le forme cliniche gravi che abbiamo visto nei primi tre mesi dell’epidemia.
Occorre quindi che il governo prenda atto di quanto e come è cambiata la situazione rispetto a quel lontano 20 febbraio. E agire e dare comunicazione di conseguenza.
Continuare ad alimentare irragionevoli paure non può che destare dei ragionevoli sospetti, che su questa epidemia che non “deve” passare, si stiano giocando interessi politici ed economici. Non a caso gli ambienti governativi non fanno che ripetere - sordi a qualunque evidenza scientifica - che sono indispensabili due cose per mettere fine alla vicenda Covid: App di tracciamento e vaccini. Tertium non datur, anche se le evidenze scientifiche dicono ben altro.