Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
ELEZIONI ANTICIPATE

Olanda, la sinistra vende la pelle dell'orso prima che sia ucciso

Le elezioni anticipate olandesi sono commentate solo da entusiasti europeisti che celebrano la sconfitta di Wilders e la vittoria dei liberalsocialisti D66.Ma gli altri partiti di sinistra sono perdenti, mentre gli altri partiti di destra vincenti. 

Esteri 31_10_2025
Rob Jetten, leader del partito D66 (La Presse)

Mercoledì si è votato per il rinnovo del parlamento olandese di 150 membri, l'ultimo governo olandese è rimasto in carica meno di un anno, per l'esattezza 336 giorni, prima di crollare, innescando le terze elezioni in cinque anni, mentre i Paesi Bassi faticano a governarsi e l’incertezza economica cresce. Ieri pomeriggio, con lo spoglio ormai terminato anche nei seggi di Amsterdam, al partito liberal preogressista di D66 (+17) e alla destra di PVV (-10) erano attribuiti 26 seggi, con il D66 che proprio grazie ad Amsterdam superava i rivali di quasi 15mila voti, dopo una notte di voci altalenanti e pagine di giornali liberals on-line di tutto l’occidente da ricomporre completamente, dopo essersi convinti eccitati nella notte de dai primi exit polls che davano una vittoria schiacciante dei liberalsocialisti di D66 e una sconfitta cocente per la destra di PVV. L’auspicata disfatta della destra non c’è stata, c’è stato un dimezzamento di consensi perchè una parte dell’elettorato ha preferito alla ruvidezza di Wilders la determinazione più educata dei democristiani di CDA e dei conservatori di PdV.  Sono ben altri a scomparire dalla politica olandese. 

L'Europa ha trattenuto il fiato per il voto nei Paesi Bassi, come scriveva con gran patema d’animo l’editorialista di Politico nei giorni scorsi, chiedendosi se l’Olanda sarebbe virata «a sinistra» o avesse mantenuto la «rotta verso destra». Il voto di ieri ha dato risultati chiari. 

Un atteggiamento di timore e tremore che era condiviso, ovviamente, da tutto il codazzo di opinionisti e commentatori politici occidentali, ormai schiacciati e accondiscendenti verso la narrazione di una destra cattiva, estremista e ultra autoritaria e una sinistra liberal, democratica ed egualitaria. Ieri i risultati consolidati ma non definitivi mostrano un paese diviso, come ogni paese in cui il sistema democratico preveda la presenza di più partiti, diviso ma capace di delineare alcune costanti e punti fermi. Primo, la destra di Wilders, il PVV, ha perso consensi, dalla sua eclatante vittoria alle elezioni nazionali del 2023 e, nonostante il testa a testa con il partito liberalsocialista D66 di Rob Jetten, è già praticamente confermato che Wilders non sarà il prossimo primo ministro, poiché molti altri partiti hanno escluso la possibilità di formare una coalizione con lui. 

Secondo, in poco più 300 giorni dall’ultimo voto democratico parlamentare, alcuni partiti politici neonati che avevano avuto un successo stratosferico, in particolare il partito del Nuovo Contratto Sociale di Peter Omtzig, giovane ed inaffidabile liberal democristiano che, elevato al grado di statista dalle ruffianaggini di molti commentatori allergici alle destre, si è dimesso dalla vita politica per “troppo stress” nel mesi scorsi, si sono sgonfiati completamente, passando da 19 seggi a zero. 

Terzo, la kermesse di Amsterdam dei socialisti riuniti a congresso lo scorso 16-18 ottobre intorno al proprio condottiero e miglior esemplare di leader Frans Timmermams, ex commissario e vicepresidente della Commissione europea ed ideologo artefice delle follie ambientaliste di cui soffre l’intero continente, ha fallito ogni suo obiettivo. La festa si è dimostrata una malaparata vista l'ennesima sconfitta cocente della lista di Socialisti e Verdi olandesi di GroenLinks-PvdA che perdono ben 5 seggi su 25, pur stando all’opposizione per un anno. Evidentemente il cuore dell’anguria non piace e non inganna più gli elettori. Certo alcuni dei sostenitori della destra per la Libertà (PVV) di Wilders sono rimasti a casa, altri hanno scelto di affidare le proprie speranze ad altri partiti di destra, si veda il successo insperato del partito conservatore di destra Forum per la Democrazia (FvD) che guadagna più del doppio dei seggi: da 3 arriva a 7 membri nel nuovo parlamento. L’altra destra del partito JA21, anch’esso parte di conservatori, guadagna ben 8 seggi, passando da 1 a 9 membri del nuovo parlamento.  Il PPV di Wilders ha perso 11 seggi? Molti dei suoi elettori hanno semplicemente scelto di votare altri partiti di destra che guadagnano complessivamente 12 seggi. 

Colpisce positivamente anche la crescita significativa dei Cristiani democratici, schieratisi negli ultimi giorni di campagna elettorale chiaramente a favore dei genitori e delle scuole cristiane e della loro rinuncia all'indottrinamento del gender, che guadagnano ben 8 seggi, passando da 5 a 13 rappresentanti in parlamento.Tuttavia proprio la fluidità del voto ai democristiani del CDA e ai liberalsocialisti di D66 dovrebbe far riflettere gli entusiasti e facinorosi che brindano alla sconfitta della destra. Non vi è dubbio che il partito liberalsocialista D66 stia vivendo un momento di grande splendore, il suo elettorato è meno che solido, visto che nel 2021 era al 15%, nel 2023 al 6.29%, all’8.4 alle europee del 2024 e quest'anno balzano al primo posto per numero di voti e seggi.  Le affermazioni del dichiarato omosessuale e leader di D66 Rob Jetten nella notte di mercoledì, sulla chiusura del «capitolo Wilders», appaiono quantomeno azzardate e, naturalmente, impulsive. Wilders e le destre non potranno che avvantaggiarsi da un governo guidato dal nuovo idolo della sinistra mass mediatica occidentale Jetten, ammesso che egli sia in grado di trovare una intesa con i democristiani di CDA, i Socialisti e Verdi di GroenLinks-PvdA e i molti altri gruppetti necessari a governare il paese. 

Come dicono gli olandesi: non vendere la pelle prima che l'orso sia stato ucciso. Il risultato delle elezioni è solo il segnale di partenza di un lungo e complicato processo di negoziazione che rivaleggia con la scelta di un nuovo papa in Vaticano. In primo luogo, viene nominato dal presidente del parlamento in carica un esploratore, per valutare quali partiti potrebbero collaborare in base al loro risultato elettorale e ai loro programmi (una coalizione di maggioranza richiede 76 seggi). Successivamente si redige un accordo preliminare di coalizione e infine, il candidato a primo ministro, suddivide i vari ministeri tra i partiti della coalizione, riunisce il Consiglio dei Ministri e si riceve la benedizione del Re. L'ultima formazione del governo ha richiesto 223 giorni, il record storico però è di 299 giorni, vedremo se il vento in poppa dei liberalsocialisti e del loro condottiero blandito da molta parte d’Europa non annegherà alla prima altamarea.