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COVID

Ok ai monoclonali, ma il doppiopesismo di cura resta

L'Aifa ha approvato - dopo pressione politica dei 5 Stelle - gli anticorpi monoclonali, terapia d'emergenza anti-Covid più che promettente, ma con ancora zone d'ombra, soprattutto sulle varianti del virus e sul meccanismo di difesa degli anticorpi. Un percorso preferenziale che non è stato accordato a idrossiclorochina e plasma iperimmune.

Attualità 05_02_2021

Via libera all’uso in Italia degli anticorpi monoclonali, una categoria di farmaci di cui si sta parlando molto negli ultimi tempi. L’autorizzazione è arrivata dalla Commissione tecnico-scientifica dell'Aifa dopo una riunione fiume durata tutto il pomeriggio di ieri e dopo un’audizione con le ditte produttrici. Per ora sono stati autorizzati due tipi di anticorpi monoclonali, prodotti dalle aziende Regeneron e Eli Lilly.

Aifa è arrivata a questa risoluzione dopo un serrato pressing politico condotto negli ultimi giorni da esponenti della compagine governativa come il ministro Speranza e il viceministro Sileri. La causa degli anticorpi monoclonali è stata sposata con determinazione dal Movimento 5 Stelle.  La stessa Aifa aveva  pubblicato il 22 gennaio scorso un bando per lo studio clinico sui monoclonali - che sarà comunque mantenuto al fine di avere una ricerca clinica indipendente che valuti i diversi anticorpi monoclonali disponibili - e l'Agenzia europea dei medicinali ne ha avviato l'esame con procedura accelerata. 

Il primo Paese ad aver dato l’autorizzazione era stata la Germania, ora seguita dall’Italia. Peraltro, questi farmaci sono già stati introdotti ed usati negli Stati Uniti e in Canada. Lo stesso Presidente Trump venne curato con essi. In altri Paesi però vige ancora un certo scetticismo: dalla Gran Bretagna dove è in corso una sperimentazione giungono notizie che tali terapie stiano fallendo contro le varianti del virus SarsCov2. Il direttore generale Aifa Nicola Magrini ha messo le mani avanti rispetto ai report consegnati dalle ditte produttrici: «Sono dati promettenti, ma non conclusivi», ha fatto sapere. Sembrerebbe che gli anticorpi monoclonali siano indicati, secondo gli studi disponibili, in una fase precoce della malattia Covid-19 mentre nei pazienti più gravi hanno dimostrato di non essere efficaci.

Ma cosa sono e come funzionano questi tipi di farmaci? Gli anticorpi monoclonali sono particolari tipi di anticorpi, prodotti con tecniche di DNA ricombinante a partire da un unico tipo di cellula immunitaria. Più correttamente, gli anticorpi monoclonali possono essere definiti come proteine omogenee ibride, ottenute da un singolo clone di linfocita ingegnerizzato.

Gli anticorpi monoclonali sono da tempo  sfruttati in ambito clinico, sia per scopi diagnostici che per scopi terapeutici. Agiscono legandosi con una affinità altamente specifica ad un determinato tipo di antigene, consentendo in questo modo di ottenere una marcata risposta immunitaria nei confronti dell’ agente patogeno che costituisce il bersaglio della terapia.

Si tratta quindi di anticorpi artificiali, di sintesi, fabbricati in laboratorio, ottenuti peraltro a partire da  quelli naturali prodotti dai pazienti immunizzati. In fondo si potrebbe notare che il meccanismo terapeutico è lo stesso del plasma iperimmune, che tante speranze aveva suscitato nei mesi scorsi dopo il suo utilizzo con grande successo in ospedali come quelli di Mantova e Pavia: grazie a questo tipo di terapia si era arrivati all’azzeramento dei decessi. Come noto, il plasma iperimmune aveva incontrato un’accoglienza glaciale da parte di Aifa e delle istituzioni sanitarie governative.

Oggi evidentemente questo tipo di farmaci ha ottenuto un interesse decisamente superiore. Vengono definiti dai loro estimatori come  farmaci precisi, “intelligenti”, noti da anni, usati contro malattie come l'artrite reumatoide e i tumori. Addirittura per qualcuno rappresentano l'unica arma farmacologica di cui disponiamo al momento contro il coronavirus. Potrebbero dunque contendere al vaccino il primato della speranza nell’immaginario collettivo. In realtà nessuno mette in discussione la priorità del vaccino.

Gli anticorpi monoclonali sono già pronti ed utilizzabili come una sorta di immunizzazione passiva in quanto non vengono stimolate le cellule immunitarie che conferiscono una memoria per produzioni future, come avviene nel caso del vaccino. I monoclonali hanno una durata limitata nel tempo: durano un paio di mesi, rappresentano una cura immediata, una risposta ad una condizione di emergenza. Poi, deve arrivare il vaccino portare a termine l’immunizzazione.

Gli anticorpi monoclonali rappresentano una cura, i vaccini un mezzo di prevenzione. Gli anticorpi però possono rappresentare una cura immediata, una risposta alla domanda impellente di guarigione del malato.  Questo è il lato positivo, promettente di questi farmaci.

Ma esistono anche dei limiti e degli effetti collaterali di cui tener conto? Gli effetti collaterali che possono manifestarsi durante le terapie a base di anticorpi monoclonali dipendono da molte variabili, quali il tipo di principio attivo scelto, la patologia che s'intende trattare, la coniugazione o meno dell'anticorpo con altri farmaci, le condizioni generali e la sensibilità dei pazienti nei confronti dello stesso farmaco.

Tuttavia, vi sono dei limiti che accomunano tutti i tipi di terapia a base di anticorpi monoclonali, indifferentemente dal tipo di principio attivo scelto. Si tratta dell'elevato costo di produzione e della possibile risposta immunitaria che queste molecole potrebbero scatenare. Difatti, può accadere che l'organismo dei pazienti sviluppi egli stesso degli anticorpi atti a contrastare gli anticorpi monoclonali introdotti con la terapia, poiché li riconosce come agenti estranei, portando così all'inefficacia del trattamento.

Ad ogni modo, vista l'elevata potenzialità della terapia a base di anticorpi monoclonali, la ricerca in quest'ambito è tuttora in costante sviluppo, nel tentativo di individuare molecole sempre più efficaci e con meno effetti collaterali possibili.  Effetti che stranamente sono stati sorvolati da uno dei principali sponsor di questi farmaci, come lo  stesso presidente Aifa Giorgio Palù che li aveva già definiti dei "salvavita" sottolineando come "sulla loro efficacia ci sono fior di studi e nessuna controindicazione". 

Come per i vaccini, i due requisiti fondamentali da rispettare sono efficacia e sicurezza del prodotto. In realtà sono i requisiti che ogni farmaco deve possedere. Ma mentre per ogni tipo di farmaco utilizzato per curare la sindrome provocata dal Covid, dalla idrossiclorochina agli antibiotici, dalla terapia con plasma immune (che aveva la caratteristica non indifferente di essere a costo zero) fino addirittura agli antinfiammatori, l’asticella dei requisiti con relativi studi e trials scientifici è stata posta a livelli altissimi ed esigentissimi, per altri prodotti si abbassa notevolmente.

Un criterio di due pesi e due misure che vediamo applicato fin dall’anno scorso.  Certamente la ricerca deve andare avanti, e non si può che auspicare che si investa non solo nella prevenzione (i vaccini) ma anzitutto nelle cure, ma bisogna farlo in modo in modo scientificamente provato, e non perché qualche politico sembra sposare la causa di un determinato prodotto.  E non si può non tenere conto anche dalle avvertenze che vengono da ricercatori accreditati. Si diceva che le prese di posizione degli scienziati britannici parrebbero però smorzare gli entusiasmi dei fautori di queste cure: gli esperti di Oltremanica rilevano infatti come tali terapie stiano fallendo contro le varianti del virus SarsCov2, e non solo quella inglese, ma anche come quelle emerse in Sud Africa e Brasile. Una affermazione a cui ha replicato l’azienda Eli Lelly affermando che allo stato attuale non si può stabilire che gli anticorpi monoclonali non proteggano dalle varianti. Ciascuno può avere una minore efficacia su una variante specifica, ammette la ditta, ma tale ipotesi deve però essere testata negli studi.

Insomma: come per i vaccini non esistono certezze, essendo ancora in una fase iniziale di applicazione di queste terapie. Tutto ciò è normale in Medicina, in farmacologia, ma la Medicina da un anno non è più in una condizione di normalità. Non è più una Medicina fondata sulle evidenze scientifiche. Prevale un supporto da tifo calcistico, oppure una idiosincrasia faziosa, perfino tra gli stessi medici. Si demoliscono prassi terapeutiche, e allo stesso tempo si elevano a idoli determinati prodotti. L’uso di combinazioni di monoclonali parrebbero molto promettenti, ma non facciamone delle bandiere ideologiche. Lasciamo gli scienziati lavorare bene secondo le regole, senza pressioni o accelerazioni indebite.