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LA POLITICA DEI TECNICI

Nuovo governo, come in una partita di poker

Osanna generale ma senza un programma. La Cei benedice, però...
- L'ora di un partito conservatore,
di M. Invernizzi

Editoriali 17_11_2011
mario monti
Tutti tecnici, tutti esperti, tutti autorevoli, tutti sobri, tutti osannati dalla stampa. I nuovi ministri del governo Monti, che hanno giurato ieri sera, raccolgono il plauso quasi unanime di partiti e opinionisti. Certo, non tutti sono inattaccabili: il neoministro per la Coesione territoriale (un nuovo ministero anti-Lega),  Fabrizio Barca – come ci informa dal suo blog Marco Cobianchi, giornalista di Panorama - è stato l’inventore della Nuova Politica Regionale, un piano di investimenti pubblici a favore delle imprese del Sud che è clamorosamente fallito. Certo, un prefetto agli Interni e un militare alla Difesa provocano inquietudine. Certo, fa uno strano effetto leggere i curricula dei neoministri e scoprire che in diversi sono stati consiglieri di Prodi o hanno stretti contatti con la vecchia sinistra Dc.

Ma in fondo il problema non è questo, nell’insieme è una squadra di alto profilo. Peccato che non ci è ancora dato sapere che cosa hanno intenzione di fare. Forse avranno la bontà di dircelo oggi. Ma sta qui la vera anomalia: un governo nasce senza un programma dichiarato; ottiene il via libera dalle forze in Parlamento, ottiene il consenso pieno della stampa senza che alcuno si prenda la briga di spiegare come si intende superare la crisi, per non parlare di tutte le altre questioni di cui un governo si deve occupare. Un governo che apre al buio, insomma, come in una partita di poker.

Una volta, quando si voleva richiamare alla serietà in politica, si diceva: basta parlare di alleanze e di poltrone, pensiamo prima al programma. Oggi, evidentemente, vale il contrario. Il programma è secondario, l’importante è presentare delle belle facce, rispettabili e autorevoli. E per evitare resistenze, le facce si scelgono in modo da rappresentare tutti i poteri forti dell’Italia: ci sono le grandi banche (e quindi i grandi giornali), ci sono tutte le grandi università private, ci sono i militari; e c’è anche la Chiesa, con due ministri (Lorenzo Ornaghi e Andrea Riccardi) direttamente riconducibili alla Conferenza Episcopale Italiana (Cei) e al progetto nato con il famoso convegno di Todi (un altro dei presenti a Todi, Corrado Passera, è addirittura super-ministro, Sviluppo economico e Infrastrutture).

Non c’è dubbio quindi che la Cei abbia benedetto il governo tecnico, dopo che il presidente cardinale Bagnasco aveva dato il benservito a Berlusconi nella prolusione al Consiglio Permanente lo scorso 26 settembre. La Cei non ha mai fatto mistero di vedere con favore il proseguimento della legislatura, con una maggioranza allargata, soprattutto perché spera che in Parlamento resista la maggioranza che possa approvare la legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat), ovvero il testamento biologico, sulle quali ha investito molte energie. Se lo scopo è questo è ovvio che una nuova legislatura significherebbe quasi certamente la sconfitta del progetto, ma Bagnasco potrebbe rimanere deluso anche con questo Parlamento. Lo sfaldamento e le divisioni interne dei partiti, soprattutto lo smottamento e il disorientamento del Pdl, rendono più difficile controllare il voto dei singoli parlamentari su questioni di coscienza (come si sa anche tra i cattolici ci sono molti dubbi su questa proposta di legge, giudicata una porta aperta all’eutanasia), il che potrebbe riservare brutte sorprese.

A giudicare dagli editoriali di Avvenire degli ultimi giorni - con l’avviso al nuovo governo sulle cose da fare in tema di famiglia, educazione, lavoro, volontariato e giustizia - c’è anche la speranza che Monti faccia bene anche su questi temi importanti, sui quali il governo Berlusconi ha tradito in buona parte le attese. Ma ammesso che questo accada – ed è tutt’altro che scontato - c’è da rispondere a una domanda non proprio irrilevante: ma il fine può giustificare i mezzi?