Nuovi diritti? No, solo pregiudizi contro ogni ragione
Da quando la natura è diventata solo cultura, il festival dei diritti ha suonato il de profundis di ogni fondamento da cui partire per ragionare di diritti. Si fabbricano così quei “diritti civili” di cui scrive Liverani nel suo Diritti distorti, libro appena pubblicato dalle edizioni Ares.
Contro ogni ragione», scrive Piergiorgio Liverani, già direttore di Avvenire, «l'aborto, la fecondazione artificiale, l'uso delle staminali embrionali, l'eutanasia sono stati ridotti a una questione religiosa, anzi cattolica». Così anche la difesa della famiglia, unione tra un uomo e una donna, per sempre, e aperta alla vita, sembra essere solo un mero fatto di fede cattolica. Contro ogni ragione.
Bisogna pur prendere atto che, come profetizzava, il sociologo Phil Jenkins, è ormai assodato che l'anticattolicesimo è sempre più «l'ultimo pregiudizio accettabile» in società. Non puoi dire “negro”, “zingaro”, “ciccione”, perché le parole feriscono le persone nella loro dignità, ma “cattolico” va benone per sollevare risolini, battute, e infilare nel vicolo della sub-cultura qualsiasi pensiero che venga da quelle parti. Il dibattito cui abbiamo assistito, dentro e fuori le aule parlamentari, a proposito del ddl Cirinnà, ha sancito questo fatto: che «contro ogni ragione» chi contrasta l'equiparazione del matrimonio gay a quello tra uomo e donna, così come la difesa del diritto del bambino ad avere una mamma e un papà, sarebbe solo una sotto-specie di integralista religioso. Anzi una frangia cattolica fuori dal tempo.
Da quando la natura è diventata solo cultura, il festival dei diritti ha suonato il de profundis di ogni fondamento da cui partire per ragionare di diritti. Fondamento, si badi, non di fede, non perché indicato nella Scrittura, ma in quanto razionalmente comprensibile e condivisibile anche per chi una fede non ha. Una crisi della ragione, come indicava Benedetto XVI al Bundestag nel 2011, che andrebbe meglio compresa anche dentro al mondo cattolico. Ma siamo in democrazia, e sembra proprio che della crisi della metafisica non importi niente a nessuno, perché impera quello che Sergio Cotta, filosofo del diritto citato da Liverani, chiamava “neo-giusnaturalismo libertino”. Oggi più della metafisica può il consenso, il coagularsi di maggioranze. E i valori finiscono per essere definiti da maggioranze che oggi li collocano lì, domani chissà. Non è più il valore che fonda la legge, ma la legge che crea il valore.
Si fabbricano così quei “diritti civili” di cui scrive Liverani nel suo Diritti distorti, libro appena pubblicato dalle edizioni Ares. Dietro ai presunti “diritti” l'autore nota che si celano «cose che non si vogliono dire, né ascoltare» e così si «accreditano e legittimano cose che, presentate con il loro vero nome, sarebbero rifiutate». Parla di una nuova Babele, una torre che non confonde le lingue, ma mistifica le parole. Il disastro diventa inevitabile, ed è sotto i nostri occhi: «la morte di ogni norma morale», scrive l'opinionista di Avvenire. Si resta irretiti dalla logica dell'individualismo, ultima ratio di una convivenza sociale che vede nella dittatura del relativismo il suo cardine dominante. Liverani, che ha una penna puntuta, elenca le distorsioni dei diritti, e analizza le questioni del divorzio, aborto, matrimonio omosessuale, fecondazione eterologa, eutanasia.
Ma il dilemma che ci accompagna, come credenti e non, è quello di come sia potuto accadere questo oblio della ragione e della coscienza. Qualcuno parla di «colonizzazione della natura umana», ma per tanti questa è solo la lettura di una sub-cultura, quella cattolica. L'ultimo pregiudizio accettabile ha colpito ancora.