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TERRORISMO

Nuove conferme: jihadisti arrivano con gli immigrati

Fino a poco tempo fa dirlo significava venire etichettati come razzisti, oggi invece sostenere che i flussi incontrollati di immigrati clandestini dal Nordafrica finanziano e aiutano i terroristi islamici pare quasi di moda. Una nuova conferma arriva da un rapporto dalla polizia spagnola: è dalla Libia che l'invasione parte. 

Esteri 10_02_2015
Terrorist islamico

Fino a poco tempo fa dirlo significava venire etichettati come razzisti, oggi invece sostenere che i flussi incontrollati di immigrati clandestini finanziano e aiutano i terroristi islamici pare quasi di moda. Forse recenti indagini e rapporti d’intelligence hanno scoperto ignote relazioni tra trafficanti di esseri umani e jihadisti? No, semplicemente vengono resi noti dati già da tempo elaborati dai servizi di sicurezza ma (chissà perché?) rimasti nel cassetto.

Il caso raccontato nei giorni scorsi dal quotidiano madrileno El Pais è emblematico. Un rapporto della polizia spagnola elaborata l’anno scorso fotografa la minaccia dell’infiltrazione di jihadisti attraverso i canali utilizzati dagli immigrati clandestini che arrivano dal Nordafrica diretti in buona parte in Gran Bretagna ed Europa Centrale. Il rapporto fornisce un dato spaventoso, che finora non ha trovato altre conferme da fonti ufficiali, quando ipotizza che i “foreign fighters” europei siano «tra i 30mila e i 100mila» contro una media delle altre stime di 4/6 mila.   Il loro «rientro in Europa, dopo avere combattuto tra le fila dello Stato Islamico in Siria ed in Iraq, viene reso possibile grazie ai documenti falsi che queste organizzazioni forniscono loro», si legge nell’informativa diretta al ministero degli Interni di Madrid che sottolinea come il profitto per queste organizzazioni è incalcolabile e «superiore al traffico di cocaina» considerato che ogni migrante paga tra i 6 ei 10 mila euro per ogni viaggio. La nota aggiunge poi che una parte di queste attività finanzia lo Stato Islamico.

Inutile aggiungere che anche il report iberico evidenzia come la Libia stia diventando lo “hub” dello Stato islamico per colpire l'Occidente mentre le ultime informazioni fornite dall’intelligence militare statunitense aumentano le preoccupazioni in Europa. Il Central Command, che guida le operazioni in Iraq e Siria, ha rilevato che il flusso di “foreign fighters” che raggiungono il Califfato è decisamente diminuito negli ultimi 4-5 mesi. Un dato militare positivo perché consente di prevedere un indebolimento delle forze di  Abu Bakr al Baghdadi, ma che al tempo stesso ipotizza che molti jihadisti restino o rientrino in Europa attraverso i canali dell’immigrazione illegale.   

Il rapporto spagnolo, firmato dall'Ucrif (l'agenzia che monitora i flussi di clandestini e la falsificazione dei documenti) della Policia Nacional si aggiunge a quello dell'Isis pubblicato a fine gennaio dai media libici che rivelava che il Califfato punta alla Libia «per arrivare in Europa» con i migranti e «trasformarla in inferno» poiché molti di loro possono superare i punti di sicurezza marittimi e raggiungere il cuore delle città. «Se potremo sfruttare questo canale e svilupparlo in modo strategico la situazione in questi Paesi del sud dell'Europa si trasformerà in inferno», riporta il testo del Califfato. Nei giorni scorsi l'ambasciatore libico presso gli Emirati Arabi Uniti, Aref Ali Nayed, ha avvertito che l'Is ha trasformato la Libia «in un bancomat, distributore di carburante e aeroporto dal quale sostanzialmente può attaccare qualsiasi bersaglio in Europa». Valutazioni esagerate?  Non è escluso dal momento che tali allarmismi risultano certo utili  a giustificare le pressanti richieste di aiuto formulate dal  governo laico libico all’Occidente per fermare le milizie islamiste nella nostra ex colonia: dai Fratelli Musulmani  del Fronte “Alba della Libia” ai qaedisti di Ansar al-Sharia all’Emirato di Derna che ha aderito allo Stato islamico .

Resta però il fatto che i legami tra traffico di clandestini e terrorismo islamico erano ben noti da tempo, anche in un’Italia che da un mese continua a far slittare un decreto sicurezza mirato a far fronte all’emergenza terrorismo che si auspica contenga misure per contrastare quell’immigrazione clandestina finora non solo tollerata, ma persino favorita da Roma. Nelle scorse settimane il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha affermato che l’arrivo indiscriminato di immigrati può far aumentare il rischio terroristico per poi mitigare le sue affermazioni con la valutazione che i terroristi non sbarcano come gli immigrati. Il mini-dibattito sorto in Italia sull’argomento si è poi arricchito delle dichiarazioni di Angelino Alfano, il ministro degli Interni che ha negato vi siano segnali d’infiltrazione jihadiste attraverso i barconi. Il rapporto della polizia spagnola sembra però smentire entrambi i ministri italiani ed è il caso di ricordare che proprio Alfano, che ricopriva lo stesso incarico anche nel governo Letta, dipinse l’Operazione Mare Nostrum come un’operazione militare di deterrenza contro l’immigrazione clandestina.

Infatti, solo l’anno scorso abbiamo fatto entrare in Italia oltre 170 mila clandestini provenienti da Medio Oriente e Africa senza neppure imporre loro di identificarsi. Di questi ne sono rimasti nei centri di accoglienza italiani “solo” 66.462 secondo i dati del ministero degli Interni, più o meno quelli che hanno chiesto asilo in Italia, cioè 64.886 persone. Delle richieste esaminate, però, solo il 10 per cento lo ha ottenuto. In pratica, come ha sottolineato polemicamente l'assessore regionale alla Sicurezza, Protezione civile e Immigrazione della regione Lombardia, Simona Bordonali, «in Italia sono stati riconosciuti solo 3.649 rifugiati in tutto il 2014». Quasi i due terzi dei clandestini sbarcati in Italia hanno fatto perdere le proprie tracce nel nostro Paese (un dato che dovrebbe preoccupare molto) oppure hanno raggiunto altri Paesi europei. E tutto questo nonostante gli allarmi sul fatto che i jihadisti si arricchivano con i traffici di esseri umani e potevano impiegarli per infiltrare miliziani fossero ben note da tempo (clicca qui). 

Circa un anno or sono, l’allora ministro della Difesa, Mario Mauro, rivelò, che il business dei clandestini dalla Libia finanziava il terrorismo islamico. Chissà perché la cosa non suscitò tanto clamore, travolta dal generalizzato buonismo sull’accoglienza. Eppure Mauro citava notizie d’intelligence inclusa quella, molto esplicativa, di una dozzina di scafisti egiziani arrestati che soffrivano di un tipo di tubercolosi presente solo nel Waziristan pakistano e nel sud dell’Afghanistan: aree dove sono presenti i campi d’addestramento e le basi di talebani e al-Qaeda. Solo malafede o ingenuità hanno potuto impedire di guardare in faccia la realtà dal momento che tutte le agenzie internazionali che si occupano di crimine e immigrazione concordano da anni nel valutare che i traffici di armi, droga e persone diretti verso l’Europa seguono le stese rotte e sono gestiti da organizzazioni che includono i movimenti jihadisti. A dire il vero bastava leggere i giornali per sapere già nel marzo dell’anno scorso che nel deserto meridionale libico il business dell’immigrazione clandestina era sotto il controllo di una milizia qaedista guidata da Ahmed Asnawi interessata non solo ai proventi in denaro, ma anche alla possibilità d’infiltrare informatori e miliziani sui barconi diretti in Italia. Lo disse un inquirente della procura di Tripoli a Gian Micalessin, reporter de Il Giornale.

Prima ancora, nel novembre 2013 (proprio mentre prendeva il via Mare Nostrum) l’allora ministro degli Esteri Emma Bonino disse che «ci sono sospetti che dalla Libia fra i vari disperati arrivino in Europa anche jihadisti o qaedisti» aggiungendo che si trattava di «uno dei metodi che hanno usato spesso». In quei giorni anche il rapporto della Fondazione Icsa riferiva che «in una vastissima area del Mediterraneo meridionale si sta realizzando una saldatura non solo ideologica, ma permeata anche da interessi economico-criminali tra le diverse formazioni jihadiste, con la creazione di veri e propri santuari del terrorismo».

Nonostante queste consapevolezze gli ultimi due governi italiani hanno spalancato i confini nazionali a chiunque pagasse il pizzo ai jihadisti mettendo a rischio la sicurezza nostra e dei nostri partner e arricchendo criminali e terroristi. E continuiamo così anche dopo gli attacchi jihadisti di Parigi e il deflagrare in tutta Europa dell’emergenza terroristica islamica. Lo dimostrano i dati del Viminale sull’immigrazione clandestina via mare in Italia nel gennaio di quest’anno. Nei primi 31 giorni del 2015 sono sbarcati in Italia 3.528 clandestini, il 62% in più dei 2.171 sbarcati nello stesso mese dell’anno scorso.