Nuove accuse a De Luca e nuovi sospetti sui giudici
«Sono la parte lesa. Sostengo il lavoro dei magistrati». Il presidente della Regione Campania,Vincenzo De Luca passa subito al contrattacco dopo la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Roma. Con lui hanno ricevuto un avviso di garanzia altre sei persone per concussione.
«Sono la parte lesa. Sostengo il lavoro dei magistrati». Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca passa subito al contrattacco in una conferenza stampa dopo la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Roma. Con lui hanno ricevuto un avviso di garanzia altre sei persone per concussione in relazione alla vicenda della sua sospensione da governatore per l'applicazione della legge Severino. Tra di loro anche Anna Scognamiglio, uno dei giudici del Tribunale civile di Napoli che, lo scorso 22 luglio, confermando una precedente decisione del giudice monocratico, ha accolto il ricorso di De Luca, contro la sospensione dall'incarico di governatore per l'applicazione della legge Severino.
Come si ricorderà, l'accoglimento di quel ricorso gli ha consentito di rimanere al suo posto. Secondo i pm, De Luca sarebbe stato minacciato, da alcuni indagati nella vicenda, di una decisione del Tribunale civile di Napoli a lui sfavorevole se non avesse provveduto ad una nomina nella sanità campana, come risulterebbe dalle intercettazioni. Il marito del giudice Scognamiglio, Guglielmo Manna, avrebbe promesso a De Luca una sentenza favorevole, in cambio di quella nomina. É su questo filone che verte l'inchiesta della Procura di Roma. Il governatore si dice estraneo ai fatti e dichiara di non sapere nulla di quanto gli viene attribuito.Il Pd ostenta tranquillità: «L'iscrizione è un atto dovuto», commentano i vertici Dem. Preoccupato, per la verità, si dichiara il ministro della Giustizia, Andrea Orlando. I grillini, invece, tornano a chiedere le dimissioni del presidente della Regione Campania.
Ma c'è stata davvero una trattativa per comprare la sentenza favorevole al governatore campano? Intanto il braccio destro di De Luca, Carmelo Mastursi, che avrebbe ricevuto quelle pressioni in virtù della sua vicinanza al governatore (era il capo della sua segreteria), si è dimesso dalla segretaria campana del Pd. Il Consiglio superiore della magistratura interverrà sul giudice indagato, che sostiene di non conoscere il governatore. Il garantismo in questi casi è doveroso. Si tratta, tuttavia, di accuse gravissime che, se confermate, accrediterebbero la visione di un "partito-Stato", il Pd, che si fa tutt'uno con le toghe e determina gli equilibri di potere, anche aggirando, se del caso, i vincoli posti dalle norme vigenti. Ma si tratta di ipotesi e quindi bisogna sospendere il giudizio, almeno fino a quando non dovessero emergere indizi più pesanti nei confronti degli autori di quella sentenza e dello stesso governatore.
Cosa si può dire, però, fin da ora sulla vicenda? Ancora una volta viene messo in discussione il principio, imprescindibile in una democrazia matura, della percezione di indipendenza della magistratura.Quest'ultima, non solo dev'essere realmente indipendente, ma deve anche apparirlo e non alimentare, con le sue condotte equivoche, sospetti di qualsiasi tipo. Il nuovo "caso De Luca", al di là di come andrà a finire, riporta alla ribalta la storica vicinanza di parte della magistratura a una certa area politica, evidenziando, in alcuni casi gravi, perfino profili di contiguità. Già negli anni post-Tangentopoli, quando crollò la Democrazia Cristiana e si frantumò l'unita' politica dei cattolici, si notò che moltissimi leader della disciolta Balena Bianca si accasarono nel centrosinistra e, salvo eccezioni, furono risparmiati dalle inchieste.Viceversa, quelli che scelsero di dar vita al centrodestra, con Berlusconi o anche in forme autonome, sono stati "attenzionati", quando non addirittura vessati da alcune toghe. Sarà stato un caso?