Nozze gay in ambasciata, in frantumi moratoria di governo
Gravissimo che un ambasciatore conceda la sede diplomatica italiana a Madrid per un matrimonio gay tra spagnoli militanti.
Si infrange l’ultimo tabù: l’ambasciatore porta pene, ma sono pene d’amore, quelle che il governo italiano si troverà ora a dover gestire dopo la figuraccia diplomatica accaduta nella prestigiosa sede dell’ambasciata di Madrid. Diventata per volontà dell’Ambasciatore italiano in Spagna una location di un matrimonio gay il 15 settembre. Che le ambasciate siano luoghi in cui è concesso contrarre matrimonio è regolato dalla legge, ma non che il matrimonio tra due uomini, e nemmeno un un’unione civile, debba essere di nazionalità non italiana.
Ed è con questo espediente che il senatore di Idea Gaetano Quagliarello si è rivolto al Ministro degli Esteri per conoscere le eventuali violazioni di legge che potrebbero essere state commesse da Stefano Sannino dato che l’ambasciata è suolo italico e l’Italia non riconosce i matrimoni tra omosessuali. Possibile che l’ambasciatore non lo sapesse? E che “rito” ha poi utilizzato? Quello spagnolo, dato che quello italiano non esiste? E’ quello cui dovrà ora cercare di rispondere il ministro degli Esteri Moavero Milanesi sul conto di Sannino.
Questi, ambasciatore dal 2016 per il nostro Paese in terra iberica, ha apparecchiato la cerimonia per Juan Martín Boll e Nano García, molto più che due semplici cittadini omosessuali. Il video postato da Shangay.com (sic!) li definisce addirittura come i “i creatori di mister gay pride”. E il video è una realizzazione dalle immagini perfette della cerimonia. Perfetta come Perfect di Ed Sheeran è la canzone che accompagna il video nel quale gli invitati si dilettano a fare gli auguri di felicità e figli ai due sposi. Tra questi anche l’ambasciatore col microfono in mano è perfettamente consapevole della valenza “politica” del suo gesto: “Con la decisione di aprire la porta di questa casa, vorrei che sapessero quanto teniamo a loro”. Glamour, trans e personaggi della politica in prima fila, tra cui Begoña Villacís, portavoce di Ciudadanos nel Comune di Madrid il partito che sostiene con forza il diritto anche per i gay alla maternità surrogata.
Ora, che Sannino sia un gay dichiarato non è un mistero. Recentemente ha ricevuto il premio Transexualia 2016 a Madrid e il premio Lgbt Andalucía, mentre nella sua carriera precedente, a Bruxelles aveva conosciuto il suo attuale marito (ma non per la legge italiana) Santiago Mondragón Vial. Verrebbe da scrollare le spalle dato che in fondo, potrebbero essere anche fatti suoi. Ma fatti suoi non sono dato che l’ambasciatore ha utilizzato una sede di governo per un evento sostanzialmente privato.
Ma quella del 15 settembre è solo una ricaduta che ha travalicato i Pirenei per arrivare di qua dalle Alpi. Sannino aveva già prestato con disinvoltura la sede diplomatica per uno spot per dare visibilità al word pride scorso.
La cosa, denunciata il 2 ottobre dal quotidiano La Verità è arrivata sulla scrivania di Quagliarello e di Carlo Giovanardi, ex ministro del governo Berlusconi. I due hanno così deciso di far presentare al primo l’interpellanza il cui cuore è il fatto che “l’Ambasciatore, nell’esercizio delle sue funzioni di sovrintendente e coordinatore degli Uffici consolari presenti nello Stato accreditante, può celebrare un matrimonio nei casi previsti dall'art. 12 del D. Lgs. 71/2011, cioè fra cittadini italiani o fra un cittadino e un non cittadino italiano, eccetto i casi in cui vi si oppongano le leggi locali oppure se le parti non risiedono nella circoscrizione consolare”. E ancora: “Sullo stesso sito internet della Cancelleria consolare italiana a Madrid si legge che “ai sensi della legge 20 maggio 2016, nº 76 e del relativo regolamento (DPCM 144 del 23 luglio 2016), è possibile contrarre anche all’estero unioni civili tra persone dello stesso sesso secondo la normativa italiana, purché uno dei due contraenti (cittadino italiano) sia residente nella circoscrizione consolare e sia regolarmente iscritto all’AIRE”.
Quagliarello ora esige di sapere se il ministro fosse stato avvertito dei fatti e se “non ritiene che la sede diplomatica italiana sia stata utilizzata a fini impropri” e “si sia verificata una violazione o quantomeno una forzatura delle leggi della Repubblica e un’incompatibilità ambientale”.
Spostare Sannino? E’ un’idea, anche se vista la sua tenacia nel sostenere la causa gay difficilmente l’ambasciatore resterebbe con le mani in mano di fronte a quella che sarebbe vista – coi tempi che corrono – come una intollerabile discriminazione.
Quel che invece salta all’occhio e pone un problema politico al governo pentaleghista è che un ambasciatore abbia utilizzato per una sorta di revanchismo militante il suo ruolo per fare uno spot alle nozze gay, che non rientrano nel nostro ordinamento.
Al di là delle contromisure che il governo deciderà di prendere, tutto questo spiega un fatto incontrovertibile: l’agenda Lgbt va avanti anche nel governo legastellato, che nacque con la promessa che circa queste tematiche ci sarebbe stata una moratoria. Invece, stando ad un altro fatto discutibile, la moratoria sembra valere soltanto per le istanze che porta avanti la Lega. Per i diritti Lgbt i Cinque Stelle riescono di riffa o di raffa a segnare il loro territorio mentre quando il ministro Lorenzo Fontana si espresse su aborto e matrimoni gay venne linciato.
Lo dimostra l’istituzione di un tavolo permanente “per la promozione dei diritti e la tutela delle persone LGBT”. A promuoverlo è il Sottosegretario alla presidenza del Consiglio, dipartimento Pari Opportunità, Vincenzo Spadafora, che, dopo aver partecipato ad un gay pride quest’estate a nome del governo ha annunciato: “Il tavolo sarà uno strumento operativo di dialogo e lavoro condiviso con le associazioni di settore”. Per renderlo operativo è stato aperto un bando al quale parteciperanno le sigle Lgbt più accreditate.
Ma resterà deluso chi volesse provare a iscriversi: le iscrizioni si sono aperte il 18 settembre scorso, data in cui il bando è stato pubblicato sul sito dell’Unaar e si sono già chiuse, il 28 settembre. Appena dieci giorni, giusto il tempo per permettere l’iscrizione di una platea selezionata di interessati. Che, immaginiamo, saranno sempre gli stessi dato che l’agenda imperterrita va avanti e la moratoria sui temi etici funziona solo per la Lega.
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