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FRANCESCO E LA LIBERTA'

Non sparate sui "libertari". Cosa intende il Papa

Papa Francesco, in un recente messaggio inviato alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, evidenzia alcune preoccupazioni morali su un fenomeno che considera stia invadendo (sono sue parole) i «livelli alti della cultura e dell’istruzione sia universitaria sia scolare». Ossia, l’«individualismo libertario». Cosa intende per "libertari"? Sono loro il vero pericolo?

Cultura 16_05_2017
Papa Francesco

Papa Francesco, in un recente messaggio inviato alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, evidenzia alcune preoccupazioni morali su un fenomeno che considera stia invadendo (sono sue parole) i «livelli alti della cultura e dell’istruzione sia universitaria sia scolare». Ossia, l’«individualismo libertario».

Alla mia prima lezione di filosofia all’università, il professore ci disse che se vogliamo avere una discussione o un dibattito intelligenti, dobbiamo prima di tutto definire bene i termini che utilizziamo. Gli scambi d’idee possono essere accesi e turbolenti, ma in fin dei conti inutili se non si rispetta quel primo passo verso la chiarezza.

Consideriamo quindi come il papa definisce quello che sta criticando. Così come la parola “capitalismo”, anche la parola “libertario” viene usata con numerose definizioni: precise o in senso lato, sfumate o dirette. Dunque, di cosa parla il Papa? Quando il papa parla di individualismo libertario, egli ha in mente qualcosa che, come dice lui, «esalta l’ideale egoista», per cui «... è solo l’individuo che dà valori alle cose e alle relazioni interpersonali», e quindi è «solo l’individuo che decide cosa è bene e cosa è male». Egli dice che questo comporta credere nell’«auto-causazione» che mi sembra intenda la negazione di una natura umana che è data a favore di un’autonomia radicale in cui la moralità non è più una questione di libera adesione alla verità del bene e del male, ma piuttosto una semplice questione di ciò che io voglio essere. Tutto questo, afferma il Papa (e io sono d’accordo) «nega il bene comune». Si potrebbe aggiungere che nega anche l’intera tradizione della legge naturale con l’esaltazione della soggettività e il distacco della coscienza dalle verità conoscibili con la fede e la ragione.

Ma la parte più interessante dei commenti di Papa Francesco sta nell’affermazione che l’individualismo libertario nega la validità del bene comune perché, da un lato, suppone che l’idea stessa di “comune” implichi delle limitazioni, almeno per alcuni individui; e dell’altro che la nozione di “bene” privi la libertà della sua stessa essenza. Questo perciò, è “antisociale” alla radice. A un certo punto il Papa esprime preoccupazione per quel tipo di mentalità che nega l’esistenza di condizioni che promuovono la prosperità umana (che è ciò che la Chiesa cattolica intende per “bene comune”) attraverso l’accettazione di vincoli comuni, come ad esempio accade con lo stato di diritto. Inoltre, il papa sembra criticare qualunque sistema etico che vede la libertà – intesa come mancanza di vincoli – come suo proprio fine e finalità. Per i cattolici e altri cristiani la libertà è ben più che la libertà negativa o la capacità di volere X invece che Y.

Tutto questo è l’insegnamento cattolico tradizionale. Resta però la questione se il Papa stia dando una definizione giusta o precisa del “libertarismo”.

Consideriamo, ad esempio, che esistono molte scuole di libertarianismo: c’è quello di Locke, quello buonista, di Nozick, di Hayek, della Rand, addirittura quello anarco-capitalista di Rothbard, solo per citarne alcuni1.

Questi autori non sono in alcun modo d’accordo su tutto. Per quanto potrebbe essere interessante esaminare le differenze tra le loro posizioni, credo sia più produttivo definire alcuni concetti con cui, secondo me, tutti i veri credenti potranno essere d’accordo. Inoltre, credo sia meglio vedere se tali concetti possono fornirci un’alternativa a quel tipo specifico di libertarismo che Francesco sta denunciando ma che possono pure renderci immuni da quelle alternative collettiviste che qualcuno potrebbe pensare siano appoggiate dal papa.

Gli esseri umani non sono semplicemente individui, anche se colloquialmente usiamo questa parola per descrivere le persone. Certamente, gli esseri umani godono di una legittima libertà e unicità a cui alcuni filosofi (ad esempio, Aristotele e Tommaso d’Aquino) a volte fanno riferimento considerandole espressione dell’individualità. Anche la costituzione pastorale del Concilio Vaticano II Gaudium et spes parla della proprietà privata come “una zona indispensabile di autonomia personale e familiare e […] come un prolungamento della libertà umana”.

Sappiamo anche, tramite la ragione e le scienze naturali, che dal momento del concepimento ogni essere umano è biologicamente distinto dal padre e dalla madre. Il suo DNA, per esempio, è diverso. Eppure, allo stesso tempo, quell’essere umano è già un individuo in relazione con la madre e il padre. Insomma, la persona è contemporaneamente individuale e sociale. Forse alla luce di ciò è meglio parlare di esseri umani non tanto come individui, quanto come persone. La realtà sociale dei rapporti interpersonali è ciò che crea una comunità umana. Si tratta di un legame che comporta certamente delle limitazioni, ma che non è una limitazione in sé.

Questo mi collega alla preoccupazione di Papa Francesco per i legami e i vincoli in relazione alla libertà umana. A tale proposito, tempo fa ho scoperto gli scritti del sociologo Robert Nisbet, in particolare quelli in cui si riferisce alla differenza tra potere e autorità.

Sia il potere che l’autorità sono forme di coercizione, spiega Nisbet. Il potere è un tipo di coercizione esterno alla persona. Ciò significa che esso è imposto a una persona senza tener conto della sua libera volontà, ad esempio costringere qualcuno con la violenza a conformarsi al proprio comportamento. L’autorità, invece, è una forma di vincolo interno alla persona, un codice basilare in cui la persona stessa crede e accetta, anche se a volte a malincuore, come l’astenersi dal mangiare la carne il venerdì. Molti di noi accettano liberamente tutte le forme di “autorità”, così come la intende Nisbet, e giustamente non accettano quelle che egli considera imposizioni di “potere”. Un’altra forma di autorità riconosciuta da tempo dalla Chiesa sta nella norma legittima e negli atti legittimi degli Stati sovrani. La legge e lo Stato impongono certamente restrizioni, ma creano anche legami particolari tra gruppi di persone particolari.

A partire da qui, cominciamo a vedere che molti dei dibattiti intrapresi da persone di qualsiasi convinzione politica – inclusi quelli che si definiscono libertari – vertono su quando e come un legame è dato da una coercizione illegittima; oppure se la coercizione, per quanto necessaria, viene scambiata per un legame consensuale, o ancora su quando le società si affidano troppo ad un potere coercitivo per fare quello che potrebbe essere fatto spontaneamente da comunità consensuali. Alexis de Tocqueville ha riassunto questo dibattito in una semplice domanda: “Com’è possibile che la società sfugga alla distruzione, se il rafforzamento degli obblighi morali non è inversamente proporzionale all’alleggerimento degli obblighi politici?”

Ecco le questioni che sono e che devono essere considerate nelle società che cercano di prendere sul serio la libertà, la giustizia e il bene comune. Si tratta anche di lavori sempre in corso.

Ironia della sorte vuole che viviamo in un momento in cui la libertà – intesa soprattutto nel senso cristiano del termine – che tanto ci preoccupa, non solo non sta per niente bene nelle nostre culture, ma è pure sotto attacco. In alcune parti del mondo, è messa in pericolo proprio da quel tipo di populismo che ha fatto così tanti danni nell’America Latina di Papa Francesco, e che sta attualmente distruggendo il Venezuela. In altri Paesi, viene lentamente soffocata dalle burocrazie che guidano le socialdemocrazie europee. Poi c’è il jihadismo che sta distruggendo la libertà di molti e uccidendo letteralmente migliaia di cristiani ogni anno.

Quindi, benché gli avvertimenti del Papa a proposito dell’individualismo radicale, contro il quale la Chiesa cattolica ci ha sempre messo in guardia, siano importanti, speriamo che le sue parole non distraggano da alcune delle gravi violazioni della libertà che si stanno verificando in tutto il mondo.

*Padre Robert A. Sirico è presidente e co-fondatore dell’Acton Institute, con sede a Grand Rapids, Michigan. L’articolo originale Pope Francis’s attack on “libertarian individualism” not about libertarians è stato pubblicato su Crux il 5 maggio 2017. La traduzione italiana è dell’Istituto Acton.

1. Per “libertarismo”, in Italia, solitamente si intendono correnti politiche ben diverse da quelle di cui parla Robert Sirico in questo articolo. In Italia, infatti, abbiamo conosciuto il cosiddetto “comunismo libertario”, il pensiero anarchico collettivista e il pensiero radicale di Marco Pannella. Il “libertarismo”, così come lo intende Sirico in questo articolo, è un’altra cosa: è la filosofia degli autori liberali classici del XVII e XVIII Secolo (a partire da John Locke) e di quei pensatori (come, appunto, Hayek, la Rand, Nozick e Rothbard) che l’hanno ripresa e attualizzata nel XX Secolo. Il pensiero liberale classico viene chiamato “libertario” negli Stati Uniti (da vent’anni, ormai, anche in Italia) per motivi di evoluzione del termine “liberal”. Per “liberal”, da tutto il Novecento, negli Usa si intende: “progressista”. Dunque, coloro che si rifanno al pensiero liberale classico, chiedendo una riduzione del potere dello Stato, la difesa dei diritti individuali e la libertà di mercato, preferiscono definirsi “libertarians”. Tradotto in italiano: “libertari”.