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LIBIA

«Non proteggono i civili, è una caccia a Gheddafi»

Il vicario apostolico di Tripoli, mons. Martinelli, denuncia l'ipocrisia dell'Europa: «Distruggono la vita di un popolo, non parlino di valori cristiani».

Attualità 05_05_2011
attacchi nato in libia

“Ma quale protezione dei civili, questa è una guerra per eliminare una persona, e la si fa a qualunque costo. E non c’è nessun criterio cristiano in tutto questo”. La voce di monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, al telefono è ferma e decisa anche se lascia trapelare una certa amarezza per quanto sta accadendo. Quando sente parlare di protezione dei civili sbotta: “Forse che la popolazione di Tripoli non sono civili? Eppure bombardano da più di un mese, senza sosta, distruggendo la vita di questo popolo. Anche il figlio di Gheddafi era un civile. Hanno centrato la sua casa con un missile: è morto lui, un suo amico e tre bambini, nipoti di Gheddafi. Forse questi non sono civili? Non è vero che stavano in una area militare. La villa colpita era in un’area residenziale, dove abita molta gente benestante di Tripoli”.

A guardare i giornali italiani le vittime civili sembrano soltanto quelle provocate dalle milizie di Gheddafi. Ma le bombe della Nato non fanno vittime?
Certo che fanno vittime, ma non si devono considerare soltanto i morti. Provate a pensare cosa significa vivere per settimane e mesi sotto un bombardamento continuo, a ore sempre diverse, così che si vive costantemente nella paura. A Tripoli non si dorme più, per i ragazzi e i bambini è una cosa tremenda. Le scuole sono chiuse, gli uffici pure, tutta la vita sociale è bloccata. Poi le bombe, anche se per sbaglio colpiscono anche aree residenziali, pochi giorni fa è stato raso al suolo un centro sociale per handicappati e orfani. Fortunatamente al momento del bombardamento non c’era nessuno all’interno, ma era un punto di riferimento importante per la città, c’erano gli uffici dell’assistenza sociale, anche noi andavamo spesso. Tutto distrutto. Le persone non possono più vivere, è ovvio che nella gente ci sia una grande rabbia, oltre che paura e stanchezza. Avevo chiesto una tregua di 2-3 giorni, almeno per celebrare i funerali delle ultime vittime. Nulla. Avanti a bombardare. E quando finirà? Fin dove vogliono arrivare?

Sembra che il vero obiettivo sia colpire Gheddafi.
Certo che è così, non c’è niente di umanitario in questa guerra. Hanno deciso che quest’uomo deve sparire e sono disposti a tutto per farlo. Dal punto di vista cristiano non c’è alcuna giustificazione per questo atteggiamento, lo si vuole eliminare e basta. Nessuno è stato capace o ha voluto prospettare un dialogo, cercare una soluzione negoziata, soltanto una corsa inarrestabile verso la distruzione. E lui si sfoga mandando in Italia gli immigrati, è un modo di ribellarsi, facilita l’arrivo dai paesi africani per farli andare verso l’Italia. Comunque, uno si dimostra forte quando riesce a conquistare l’altro alle sue ragioni, qui c’è invece soltanto una volontà di eliminare. Anche fossimo in presenza del più grosso criminale, come si può eliminare una persona in questo modo, distruggendo una popolazione? E come lo si può giustificare con la fede cristiana?

Monsignor Martinelli, lei sa cosa sta accadendo da altre parti della Libia?
Purtroppo no, tutte le vie di comunicazione sono state bloccate e non è possibile avere contatti di alcun tipo.

Fin dall’inizio lei sta denunciando la disumanità e l’irrazionalità di questa guerra, ha ricevuto solidarietà dalle Chiese europee?
Guardi, posso solo dirle che io sono in perfetta sintonia con il Papa, che ha chiesto invano di fermare le armi, attraverso il nunzio con cui sono in costante contatto. Anche la Caritas italiana ci dà un sostegno. Il cardinal Bagnasco (presidente della Conferenza episcopale italiana, ndr) mi ha telefonato una volta. Poi non so se i vescovi parlano o meno contro la guerra, magari non tutti si sentono di farlo. Ma per me non è un problema. Io sono in sintonia con il Papa e sono il pastore della comunità cristiana che vive in Libia e sento una responsabilità per questo. Mi dispiace che nei media si dia un’immagine del popolo libico che non corrisponde minimamente alla verità. Il popolo libico ha bisogno di essere sostenuto in questo momento di cambiamento, ma non con la violenza e le bombe.