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EDITORIALE

Non c'è più vita all'Accademia Pontificia

La nuova composizione della Pontificia Accademia per la Vita indica chiaramente che si vuole andare verso lo sdoganamento della contraccezione e la cancellazione di ogni eredità di san Giovanni Paolo II. Ma si tratta di obiettivi che avrebbero conseguenze gravissime  su ogni insegnamento della Chiesa.

Editoriali 15_06_2017
Monsignor Vincenzo Paglia

La gravità delle nomine alla Pontificia Accademia per la Vita è tale che merita sicuramente una puntualizzazione oltre all’analisi già pubblicata ieri. Sono almeno due i punti di svolta che meritano una riflessione.

Anzitutto appare sempre più chiaro l’intento di rimettere in discussione l’enciclica di Paolo VI Humanae Vitae (1968) e, di conseguenza, l'istruzione Donum Vitae (1987) Di quest’ultima si è già detto tempo fa dando notizia dell’annullamento di una conferenza internazionale a 30 anni dalla sua promulgazione che la Pontificia Accademia per la Vita aveva già programmato (con tanto di relatori e temi assegnati), ovviamente prima dell’arrivo di monsignor Vincenzo Paglia alla guida dell’Accademia. Paglia ha quindi provveduto a cassarla.

Sulla Humanae Vitae girano già da tempo voci di una possibile commissione “segreta” incaricata di rivedere l’enciclica che, quando fu pubblicata nel 1968, provocò una vera rivolta di tanti teologi e perfino conferenze episcopali che chiedevano l’accettazione della contraccezione. Ieri queste voci hanno trovato consistenza: il professor Roberto De Mattei ha rivelato i nomi di questa commissione, tra cui spiccano don Pierangelo Sequeri, da poco nominato preside dell’Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su Matrimonio e Famiglia, e monsignor Gilfredo Marengo, docente dello stesso istituto, che sarà anche il coordinatore della commissione. Le nuove nomine alla Pontificia Accademia per la Vita di teologi, filosofi e bioeticisti vanno esattamente in questa direzione di “reinterpretazione” della Humanae Vitae. Un nome su tutti è quello di don Maurizio Chiodi, teologo moralista della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale che nelle sue lezioni non lesina critiche all’enciclica di Paolo VI, e che monsignor Paglia aveva già introdotto nel Pontificio Consiglio per la Famiglia nel tentativo di far cambiare indirizzo ai membri del dicastero.

Lo schema attraverso cui dovrà avvenire il cambiamento è quello già sperimentato con successo con la Amoris Laetitia: si dirà che sulla contraccezione non cambia la dottrina ma che si farà discernimento caso per caso. Del resto, lo stesso Marengo – ricorda De Mattei citando un articolo apparso su Vatican Insider - ha recentemente invitato a superare il dualismo “pillola sì, pillola no”, così come si deve fare per “comunione ai divorziati risposati sì, comunione ai divorziati risposati no”. Per essere precisi e a futura memoria è proprio questo modo di aggirare la legge di Dio a proprio uso e consumo che si definisce “farisaico”.

Ma qui il problema va ben oltre l’ipocrisia. Si intende scardinare il principio chiave che è alla base della Humanae Vitae, coerente con ciò che la Chiesa ha sempre insegnato: l’inscindibilità della finalità unitiva e procreativa dell’atto coniugale. Ammettere la contraccezione significa introdurre una separazione che già è all’origine del disastro demografico e sociale dei nostri paesi occidentali. 

Non solo, proprio seguendo il filo del pensiero dei moralisti Paglia-style si vuole ridurre l’insegnamento della Chiesa – in questo caso su matrimonio e atto coniugale - a ideale astratto e raggiungibile solo da pochi, così da essere necessario abbassare l’asticella in modo da tenere conto della realtà. È una visione che svuota di significato i sacramenti e condanna l’uomo al suo limite, e ovviamente è una visione che si estende necessariamente a ogni aspetto della vita della Chiesa (nessuna sorpresa dunque se già vediamo all’orizzonte un nuovo dibattito sul celibato sacerdotale).

Una reinterpretazione della Humanae Vitae in senso liberal, dunque, avrebbe conseguenze gravissime per la Chiesa.

La seconda questione si lega in qualche modo alla prima. È infatti evidente che monsignor Paglia – su indicazione dall’alto - persegue l’obiettivo di cancellare ogni traccia dell’insegnamento di san Giovanni Paolo II. La Pontificia Accademia per la Vita è stata fortemente voluta da papa Wojtyla - contro molte resistenze – proprio per promuovere la cultura della vita, a difesa del diritto alla vita e della dignità della persona. Per questo per tutti i membri dell’Accademia era previsto un giuramento in cui si impegnavano a difendere la vita.

Con monsignor Paglia, invece, abbiamo visto prima cancellare il giuramento dagli Statuti dell’Accademia, e ora nominare filosofi e scienziati in contrasto con la visione a favore della vita. Particolare scandalo ha suscitato la nomina a membro ordinario dell’Accademia del filosofo britannico Nigel Biggar, pubblicamente a favore dell’aborto entro le 18 settimane. Cosa c’entra Biggar con lo scopo per cui è nata la Pontificia Accademia per la Vita? Nulla, rappresenta il contrario, ma proprio per questo è stato nominato. E molto discutibile è anche la nomina del professor Angelo Vescovi che con Monsignor Paglia vanta un lungo sodalizio. A Terni infatti, città dove Paglia è stato vescovo dal 2000 al 2013, è stato creato un Centro per la ricerca sulle cellule staminali diretto appunto da Vescovi e finanziato anche da Paglia. Per quanto ufficialmente si affermi che la ricerca riguarda soltanto cellule staminali adulte, fonti locali sostengono invece che la ricerca scientifica riguardi anche staminali embrionali. 

Comunque sia è chiaro che la preoccupazione di monsignor Paglia – come del resto si capisce dal suo commento alla nomina dei nuovi membri dell’Accademia – non è quello di difendere la vita dal concepimento fino alla morte naturale quanto quella di arrivare a indicare strade che siano condivise anche da chi non crede nella sacralità della vita. I risultati si vedranno presto.