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ALLARMISMI

Non c'è alcuna grande corsa al riarmo mondiale

Nonostante la gran cassa mediatica sulla crescita delle spese militari nel mondo, lo stesso rapporto dell'istituto svedese Sipri (di ispirazione dichiaratamente pecifista) rivela un piccolo impatto della spesa militare sul Pil mondiale e un piccolissimo incremento annuo. In molti casi quei dati sono anche gonfiati.

Economia 03_05_2017
Munizioni

Il mondo ha speso nel 2016 per le armi e le forze armate 1.686 miliardi di dollari, appena il 2,2% del PIL mondiale con un incremento dello 0,4% in termini reali rispetto al 2015. Lo rivela l’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (SIPRI) con il solito report annuale un po’ “gonfiato” che conteggia per ogni Stato le spese militari includendovi spesso anche quelle per la sicurezza interna o parte di esse.

Basti pensare che nel dicembre scorso l'autorevole istituto britannico Jane’s IHS Markit aveva invece valutato la spesa militare globale in 1.570 miliardi di dollari. Ben 116 miliardi di dollari in meno pari a oltre 6 volte le spese militari dell’Italia presente al 12° posto nella classifica delle prime 15 potenze militari mondiali. Secondo il Sipri il rapporto tra PIL e spese per la difesa raggiunge il suo apice in Medio Oriente con una media del 6% che tiene nonostante il calo del prezzo del greggio abbia ridotto anche in quella regione (vera e propria “mecca” per l’export di armi statunitensi ed europee) i bilanci faraonici specie nel caso dell’Arabia Saudita.

Il rapporto supera il 4% negli USA (che con oltre 600 miliardi rappresentano da soli il 40% della spesa militare mondiale) e scende al 2,6% in Europa toccando i minimi in America Latina dove le spese militari si sono contratte in un anno del 7,8% raggiungendo una media dell’1,3% del PIL a causa dell’assenza di conflitti e della crisi finanziaria che colpisce molti Paesi, oltre al ribasso petrolifero che coinvolge Venezuela, Messico, Perù ed Ecuador. Le stesse ragioni vedono in calo di oltre l’1% le spese militari in Africa dove a trainare il ribasso nelle spese militari sono i paesi produttori di petrolio (Nigeria, Angola e Algeria) che avevano guidato il boom degli anni scorsi.

Boom che non conosce soste invece in Asia e Oceania (di fatto in Australia) dove si registra in un anno un +4,6% per i molti elementi che favoriscono la spesa militare: la crisi coreana, il riarmo aereo e navale cinese che allarma tutti i Paesi della regione del Pacifico e il persistere delle crisi regionali quali le pretese cinesi sugli arcipelaghi contesi del Mar Cinese, il confronto tra India e Pakistan, l’ascesa di Nova Delhi come potenza rivale di Pechino e la guerra in Afghanistan.

Tra gli aspetti più rilevanti messi in luce dal rapporto, il fatto che gli investimenti nel settore abbiano continuato a crescere in Asia e in Oceania, in Europa centrale e orientale e Nord Africa. Cioè dove più tangibili sono le crisi, le tensioni e i conflitti. Non mancano poi le criticità insite nel rapporto del Sipri. Istituto serio ma pur sempre “pacifista” con la tendenza innata ingigantire le spese militari. Difficile quindi trovare credibile la percentuale media del 2,6% del PIL che gli europei devolverebbero alla Difesa tenuto conto delle pressioni USA sugli alleati Nato affinchè gli tessi Paesi raggiungano quella soglia del 2% oggi rispettata solo di 5 Stati dell’Alleanza Atlantica. In questo quadro attribuire all’Italia una spesa di 24 miliardi di dollari pari all’1.7% del PIL è del tutto fuorviante. La vera spesa militare di Roma raggiuge a malapena i 17 miliardi di euro e la si ottiene aggiungendo ai 13 mld per le forze armate (voce Funzione Difesa del Bilancio) i quasi 3 mld assicurati ai programma di acquisizione da ministeri diversi da quello della Difesa e un miliardo teso a finanziare le operazioni all’estero. Il bilancio completo del ministero, circa 20 miliardi, include infatti ben 7 mld destinati ai carabinieri e ad altre voci diverse dal sostegno alle forze armate. Del resto l’Italia è ormai l’unico Stato europeo a non aver ancora invertito la tendenza al ribasso nelle spese militari.

Poco credibili anche i dati attribuiti alla Russia che secondo il Sipri nel 2016 avrebbe speso 64 miliardi di dollari con un incremento del 5,9% mentre in realtà la spesa di Mosca si è contratta anche a causa delle sanzioni economiche e della svalutazione del rublo attestandosi a 48 mld - come sostiene il rapporto di IHS Markit redatto alcuni mesi or sono e che prevede ulteriori consistenti tagli quest’anno. 

La crescita delle spese militari statunitensi (+1,7 quest’anno secondo il Sipri) salirà ulteriormente nel 2017 con l’aumento di 54 mld voluto da Trump e che porterà l’America ad allungare il passo nei confronti di tutti i suoi competitor. Inclusa la Cina che pur aumentando anche nel 2016 le spese militari di quasi il 6% secondo il Sipri raggiungendo i 215 miliardi di dollari (quasi quanto l’intera Europa), ha una spesa militare pari a quasi un terzo di quella degli USA.