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DA MILANO A HELSINKI

No al regime sanitario, c'è un'Europa che protesta

Dall’Italia alla Finlandia, passando per la Germania, continuano un po’ in tutta Europa le manifestazioni, bistrattate dai grandi media, di migliaia di cittadini contro le eccessive restrizioni adottate dai governi nella gestione del Covid-19. Vi si ascoltano testimonianze di medici che stanno affrontando il virus soprattutto con le cure domiciliari e anche di avvocati impegnati a difendere i diritti violati.

Attualità 23_03_2021

Non fanno notizia, non trovano cassa di risonanza nei TG nazionali e, quando qualche giornale si degna di parlare di queste manifestazioni, vengono sbrigativamente definite come “negazioniste”, un termine usato completamente a sproposito, ma che sul lettore ha sempre il suo bell’effetto.

Si tratta delle manifestazioni che un po’ in tutta Europa vedono scendere in piazza migliaia di cittadini. Proteste contro le misure restrittive, disposte dai governi per contenere la pandemia di Covid-19, sono state segnalate in Austria, Finlandia, Germania, Paesi Bassi (nella foto una protesta del 20 marzo ad Amsterdam), Regno Unito, Svizzera, ecc. Prima del raduno a Helsinki circa 300 persone hanno marciato per le strade della città, arrivando fino al Parlamento, intonando slogan come “Lasciate parlare la gente!”. In Austria, circa mille persone hanno partecipato a manifestazioni contro le misure restrittive vicino alla stazione ferroviaria centrale di Vienna.  In Svizzera, più di 5.000 manifestanti hanno sfilato in una marcia silenziosa a Liestal, a 15 chilometri a sud-est della città di Basilea.

In Italia, Milano ha visto due di queste iniziative nel giro di due settimane: la prima in Piazza del Duomo, con la partecipazione di migliaia di persone, e quindi sabato scorso all’Arco della Pace.

Chi c’è dietro a queste iniziative? Inutilmente i cronisti intervenuti a queste manifestazioni hanno cercato di trovare la nota di colore: qualche sciamano, qualche terrapiattista, magari qualche estremista di destra che fa sempre comodo. Alle iniziative milanesi non si sono visti esponenti di partiti politici, nessuno dei quali in questo momento sembra seriemente intenzionato a contestare il pensiero mainstream.

Ad organizzare queste iniziative hanno pensato associazioni di cittadini, espressione del Paese reale, come si diceva un tempo. Gruppi di mamme preoccupate per il futuro dei propri figli, persone stanche delle restrizioni asfissianti imposte dal regime di salute pubblica, individui che vogliono salvaguardare i diritti garantiti dalla Costituzione. Persone che partecipano a queste manifestazioni - promosse attraverso la Rete - per far sentire la propria voce di protesta, la propria voglia di libertà, ma anche per capire, per ascoltare. Non è un caso che i protagonisti di queste manifestazioni siano dei professionisti, soprattutto medici.

La gente viene a queste manifestazioni per ascoltare le testimonianze di medici che hanno affrontato il Covid con le cure, in particolare con le cure domiciliari. E il tono di chi interviene non è tribunizio, giusto per strappare l’applauso della folla, ma pacato e documentato. Non per niente l’iniziativa svoltasi all’Arco della Pace di Milano aveva come titolo “Conferenza a cielo aperto: Rinasceremo con le cure”. Una conferenza, non un comizio o un sit-in, per far conoscere quella realtà di cure che per molti italiani è ancora del tutto sconosciuta. Una conferenza per dare informazioni scientifiche, ma anche per tenere viva la speranza in persone ormai allo stremo psicologico. Persone talmente manipolate nella loro capacità di ragionare che sabato, al termine della manifestazione, pur dopo aver ascoltato le varie testimonianze dei medici, c’era tra loro chi poneva questa obiezione: strano che questi medici in un anno non siano riusciti a farsi sentire dalla massa… come mai la loro scoperta non è arrivata a chi è sempre a caccia di notizie? Come dire: se non ne hanno parlato le Iene o la D’Urso, vuol dire che tutto questo non esiste.

In questo buio della ragione che stiamo attraversando, ciò che conta è tenere accesa la luce della ragionevolezza. Continuare a documentare una realtà che non può essere taciuta e nascosta. Una realtà che non rappresenta il tentativo più o meno empirico di medici di fronte ad una situazione disperata, ma un modo di procedere con criteri assolutamente scientifici, che potremmo definire Real life research: uno studio sulla vita reale. Senza magari aspettare l’esito dei cosiddetti “studi random a doppio cieco”. Una ricerca che ormai si avvale anche dello scambio di informazioni con medici di tutto il mondo, che condividono evidenze cliniche e strategie terapeutiche.

Accanto ai medici, in queste manifestazioni compaiono poi gli avvocati, i quali hanno un compito fondamentale: difendere il diritto della persona alla cura, e difendere le libertà oggi sempre più limitate e svilite. Avvocati che possono e devono anche fare da tramite tra i cittadini che scendono coraggiosamente in piazza e le istituzioni, e che possono portare la voce sia di medici che di pazienti ai politici, sperando di trovare qualche interlocutore, qualcuno che con coraggio - come già avvenuto in Piemonte - possa sfidare il diktat governativo di “Tachipirina e vigile attesa” che tanto male ha già fatto. La voce di civile protesta di tanti cittadini ha il giusto diritto di essere ascoltata.