Nigeria, la marcia dei cristiani contro gli eccidi
Marcia di protesta organizzata dalla Chiesa cattolica in Nigeria in difesa dei cristiani: è stato scelto il 22 maggio per farla coincidere con le esequie dei due sacerdoti uccisi, insieme a 17 fedeli, il 24 aprile a Mbalom, nello stato del Benue. Autori della strage, stavolta, sono i Fulani, etnia di pastori transumanti musulmani.
Il giorno della marcia di protesta organizzata dalla Chiesa cattolica in Nigeria in difesa dei cristiani è arrivato. È stato scelto il 22 maggio per farla coincidere con le esequie dei due sacerdoti uccisi, insieme a 17 fedeli, il 24 aprile a Mbalom, nello stato del Benue, mentre celebravano la messa nella chiesa di Sant’Ignazio. Ad attaccare la chiesa e il vicino cimitero dove si stava svolgendo un funerale erano stati una trentina di uomini armati, subito identificati come giovani Fulani, l’etnia che ormai fa più vittime tra i cristiani dei jihadisti Boko Haram e che dall’inizio del 2018 ha causato oltre 100 morti.
I Fulani sono pastori transumanti, da secoli in conflitto con gli Yoruba, un’etnia di agricoltori. La conflittualità etnica, elemento costante, endemico nella storia africana, vede spesso tribù di pastori e di agricoltori protagoniste di scontri cruenti: a scopo di conquista, di pascoli, terre fertili, sorgenti e altri punti d’acqua, e di razzia, di bestiame, raccolti e, in passato, uomini da usare come schiavi.
In alcuni stati africani l’antagonismo etnico è esasperato da un altro fattore di divisione, la fede religiosa. È il caso della Nigeria, abitata al nord da musulmani e al sud da cristiani. Gli uni e gli altri si spartiscono le regioni della “Middle belt”, la fascia centrale del paese, e se ne contendono le risorse. I pastori accusano gli agricoltori di uccidere il loro bestiame, gli agricoltori sostengono che le mandrie dei pastori invadono e distruggono i loro raccolti. I Fulani, popoli del nord, sono musulmani, gli Yoruba, del sud, sono cristiani.
Negli ultimi anni l’integralismo islamico ha conquistato alla causa molti musulmani, soprattutto tra i giovani, e l’intolleranza religiosa ha peggiorato i rapporti tra le due etnie. Le bande di giovani Fulani non si limitano più a razziare bestiame e raccolti, a incendiare i villaggi per impedire di essere inseguiti, a far strage degli abitanti, sperando di evitare così le loro rappresaglie, altrettanto cruente. Ormai attaccano anche chiese ed edifici religiosi. Il 2018 è iniziato con l’aggressione ai cristiani in due chiese durante la celebrazione della messa, la mattina di Capodanno. Nelle settimane successive sono state colpite 11 parrocchie della diocesi di Makurdi, la capitale del Benue.
La Conferenza episcopale nigeriana ha disposto che la marcia di protesta si svolga a Makurdi. Tutte le diocesi del paese – dice il comunicato dei vescovi – sono state invitate “a organizzare raduni pacifici o processioni di preghiera o qualsiasi altra dimostrazione appropriata di solidarietà in concomitanza con la manifestazione di protesta a Makurdi”. Padre Ralph Madu, segretario generale della Conferenza episcopale, ha chiesto che il maggior numero possibile di persone raggiunga Makurdi: “i vescovi che possono recarsi a Makurdi per la messa funebre sono incoraggiati a farlo mentre preghiamo che questa direttiva sia comunicata al clero, ai religiosi e ai fedeli nel modo più efficace possibile”.
Il 27 aprile, nell’annunciare la manifestazione, il vescovo di Makurdi, monsignor Wilfred Chikpa Anagbe, aveva parlato di una precisa agenda, “un chiaro tentativo di islamizzare tutte le aree a maggioranza cristiana della ‘Middle belt’”. “Se commemoriamo il sangue versato – aveva detto – non è perché siamo tristi. Chi muore con e in Cristo è in pace, lontano da ogni dolore. Per loro il peggio è passato e tutto ciò che rimane è la gioia dell’eterna felicità”. Il giorno prima la Conferenza episcopale aveva chiesto le dimissioni del presidente Muhammadu Buhari. “Queste anime innocenti – si legge nel comunicato dei vescovi, firmato dal presidente della Conferenza Augustine Akubeze – sono state uccise per mano di terroristi assassini. Come può il governo federale non fare nulla mentre le sue agenzie di sicurezza ignorano deliberatamente le grida di aiuto di cittadini indifesi e innocui, colpiti mentre sono nelle loro case e persino nei luoghi di culto? Il presidente – prosegue il comunicato – non può più limitarsi a presidiare quella grande fossa comune che la nostra nazione sta diventando”. È chiaro che il capo dello stato “ha fallito nel suo compito primario di proteggere le vite dei nigeriani, è tempo per lui di scegliere la strada dell’onore e farsi da parte per salvare la nazione dal collasso totale”. L’8 febbraio una delegazione in visita al presidente aveva espresso i timori della Conferenza episcopale: “da allora – dice ancora il comunicato – il bagno di sangue, la distruzione di case e fattorie sono aumentati in intensità e in efferatezza”.
In una intervista rilasciata ad Aiuto alla Chiesa che soffre, monsignor Anagbe aveva precisato: “Stavolta non parliamo di Boko Haram, anche se alcuni dei pastori si sono in passato uniti alla setta islamista ed entrambi i gruppi condividono lo stesso intento di islamizzare tutta la regione. Ma i Fulani vivono perlopiù nella boscaglia e non possono permettersi armi così sofisticate. Chi li finanzia dunque?”. Inoltre aveva spiegato che le violenze hanno messo in fuga decine di migliaia di persone. Gli sfollati sono più di 100.000, divisi in quattro campi di accoglienza allestiti nella diocesi di Makurdi: “è la Chiesa a sostenerli, anche in questo caso il governo non ci aiuta”.