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GENDER

New Jersey, matrimoni gay imposti da un giudice

Nel New Jersey l'opinione pubblica è contraria ai matrimoni gay, il governatore repubblicano Chris Christie ha posto il veto, ma una singola giudice, Mary Jacobson li ha resi comunque legali con una sentenza. È democrazia?

Famiglia 25_10_2013
Chris Christie

Si è consumato negli Stati Uniti l’ennesimo capitolo del dilagare coercitivo dell’omosessualismo. Dopo che a livello federale la Corte suprema statunitense ha deciso per l’incostituzionalità delle parti del Defense of marriage act (Doma) che definiscono il matrimonio come l’unione tra un uomo e una donna, adesso è la volta del New Jersey.

Venerdì 27 settembre, Mary Jacobson, giudice di una corte locale, prendendo spunto proprio dalla decisione della Corte suprema avversa al Doma, aveva stabilito che la legge del New Jersey che rende impossibile la ridefinizione del matrimonio è incostituzionale. Secondo quanto deciso, allo Stato del New Jersey si chiedeva di riconoscere i matrimoni omosessuali a partire dal 21 ottobre. Il governatore Chris Christie annunciò immediatamente un ricorso alla Corte Suprema statale, forte anche di una precedente decisione della medesima Corte, che con un voto di margine aveva negato il presunto diritto degli omosessuali ad essere riconosciuti come sposati. Il giudice Jacobson riteneva che ciò fosse discriminatorio per le coppie dello stesso sesso, con particolare riferimento all’accesso agli aiuti federali per le famiglie.

Va ricordato inoltre che Christie aveva posto il veto – prerogativa dei governatori – contro una legge che già nel febbraio scorso intendeva aprire ai matrimoni omosessuali nel New Jersey. A tale veto, Camera e Senato del New Jersey non riuscirono ad opporsi per mancanza dei voti necessari. Il governatore avrebbe accettato solo l’esito di un referendum popolare, anche in considerazione del fatto che già il New Jersey è dotato dell’istituto delle unioni civili. Secondo quanto emerso da sondaggi effettuati, il favore dei cittadini del New Jersey per il matrimonio gay scendeva ben al di sotto della maggioranza quando si spiegava che i diritti fondamentali erano già garantiti dalle leggi ordinarie e dalle stesse unioni civili.

Fino alla discesa in campo di Mary Jacobson, dunque, la situazione in New Jersey sembrava ferma al rifiuto del matrimonio omosessuale. Ma, come altre volte accaduto, la volontà popolare e dei rappresentati eletti è stata calpestata dall’attivismo di giudici compiacenti verso la lobby omosessuale.

Christie, infatti, aveva presentato regolarmente alla Corte Suprema statale il ricorso annunciato subito dopo la decisione del giudice Jacobson. Ricorso che la Corte aveva dichiarato di voler prendere in esame nel corso di audizioni che si sarebbero svolte a partire dal prossimo 6 gennaio. Nel frattempo, con un appello pendente, logica avrebbe voluto che gli effetti della decisione di Mary Jacobson fossero sospesi, in attesa del chiarimento definitivo da parte della Corte Suprema. Invece, quest’ultima ha stabilito che, fino a quando non si fosse arrivati al pronunciamento, nel New Jersey si sarebbero dovuti celebrare i matrimoni omosessuali. Nei fatti, un’implicita approvazione dell’operato del giudice Jacobson. A questo punto – e siamo arrivati all’esito negativo della vicenda risalente a pochi giorni fa – il governatore Christie ha deciso di ritirare il ricorso alla Corte Suprema proprio il 21 ottobre, giorno dell’entrata in vigore delle conseguenze della sentenza. Christie ha affermato che la decisione unanime della Corte di non voler sospendere gli effetti di tale sentenza esprime in modo chiaro la visione che la stessa Corte ha della costituzione del New Jersey e che a questo punto il matrimonio omosessuale è legge.

Il New Jersey è diventato in questo modo il quattordicesimo Stato degli Usa dove gay e lesbiche possono sposarsi. Così come l’approvazione delle unioni civili del 2006, anche questa arriva per volere del potere giudiziario. A tal proposito si è espresso Len Deo, Presidente del New Jersey Family Policy Council – «La Corte ha permesso ad un singolo giudice di decidere per un intero Stato», ha affermato Deo – sottolineando le preoccupazioni relative all’assenza di garanzie per l’obiezione di coscienza da parte di chi, per motivi morali o religiosi, non volesse celebrare i matrimoni tra coppie dello stesso sesso. Parole che non possono che essere pienamente condivise.

Chris Christie si è attirato non poche critiche dal mondo cristiano e conservatore degli Stati Uniti. Molte associazioni schierate in difesa della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna – pur partendo dalla ferma condanna del modo di agire della Corte Suprema – hanno parlato di fallimento di un governatore che non ha saputo procedere convinto nella direzione opposta alla lobby gay. Christie era già stato oggetto di disapprovazione quando, lo scorso agosto, aveva firmato una legge che mette al bando le terapie riparative per adolescenti che manifestano attrazione per persone dello stesso sesso. Una decisione che limita la possibilità dei genitori di decidere per i propri figli e dunque la libertà di educazione. In quella occasione, Christie si espresse in questi termini: «La mia religione afferma che l’omosessualità è un peccato, ma io non sono d’accordo».

Al di là delle posizioni personali di Christie e di quello che si può pensare circa il suo coraggio, è impossibile negare che il governatore, in occasione della decisione del giudice Jacobson, si è trovato nella morsa dell’attivismo dei giudici, strumento spesso usato dai sostenitori del matrimonio omosessuale laddove volontà popolare e dei rappresentati eletti non collimano con la loro.

La vicenda del New Jersey è emblematica per molti aspetti. Innanzitutto, le unioni civili si sono dimostrate ancora una volta il primo passo di un percorso che prima o poi conduce al matrimonio omosessuale. La decisione di un singolo giudice, poi, ha avuto un’efficacia ben maggiore di quanto è nei poteri dei rappresentanti del popolo. Infine, un governatore, pur criticabile per alcuni aspetti, si è trovato a dover mollare dopo aver opposto il proprio veto ad una legge sul matrimonio omosessuale e aver presentato un ricorso contro un giudice.

Quando lo scenario è questo, non si può fare a meno di scomodare lo spettro di una vera e propria dittatura.