«Nel mondo c'è posto per tutti»
La storia di Leandro Aletti, ginecologo che ama la vita. Ha una visione della maternità che affonda le radici nel Te Deum e la sua devozione per la Madonna, modello di accoglienza per tutte le mamme, lo accompagna in tutta la vita. Dall'incontro speciale con Leandro e Arturo alle vicende burrascose in ospedale.
Leandro Aletti, ginecologo che ha lavorato soprattutto in Mangiagalli a Milano, è noto alle cronache per le battaglie contro l’aborto e per le denuncie fatte e ricevute nel corso del suo impegno. Durante l’intervista il rischio di aver in mente un articolo “già fatto” in cui far rientrare le parole dell’intervistato è fortissimo: farsi raccontare tutti i fatti, le ingiustizie e spiegare tutte le sue motivazioni. Ma per fortuna la verità è più forte di tutti i pezzi già scritti in testa e Leandro Aletti racconta solo alcuni fatti che hanno segnato la sua storia, per il resto “lascia la scena” a Cristo, vero fondamento.
“Il 28 dicembre 1936 il Cardinal Schuster consacrò l’altare della Chiesa di San Giuseppe in Policlinico ai Santissimi Innocenti – racconta Aletti – Sempre il 28 dicembre, ma del 1988, dalle pagine del quotidiano Avvenire, io e il collega Luigi Frigerio abbiamo denunciato la pratica di un aborto terapeutico al quinto mese di gravidanza all’interno della clinica Mangiagalli. La bambina aveva un’anomalia fetale, un cromosoma in più, che significa che rischiava di nascere sterile. La bambina era normalissima». Una denuncia a cui seguirono diverse tribolazioni per il medico Aletti, che però non si sofferma su questo, ma va dritto al punto. «Fino a quando avrò fiato non mi interessa giustificarmi perché chi mi giustifica è un Altro. Il punto è il fondamento da porre, cioè Gesù Cristo, se non avessi fatto questo, avrei passato il mio tempo a giustificarmi» dice il ginecologo, che ha potuto contare il genetista e servo di Dio Jérôme Lejeune tra i suoi difensori.
Gli scappa solo un anedotto. “Ad un processo mi è stata fatta questa domanda per inquadrare la mia personalità: lei in che cosa crede? Io ho risposto una cosa molto semplice: mettete a verbale il Credo della Chiesa Cattolica, che io dico tutte le domeniche, per intero per favore. Allora si alzò il presidente dicendo che la domanda non era pertinente, perciò agli atti del processo non figurò mai questa domanda. Fui assolto”.
Leandro Aletti ha 8 figli e 8 nipoti, forse l’obiettivo ricercato da chi ama tanto la vita, eppure racconta Aletti: “Io non volevo niente. Semplicemente quando uno si sposa, si esprime con il corpo che ha e se tu dici a una donna che la ami, lo esprimi anche con il tuo corpo. Non c’è da censurare nulla. Oggi si fa la censura con la pillola contraccettiva. La mentalità è ormai questa, poi si può sbagliare anche 120.000 volte e non sta a me giudicarlo, però non posso non dire che la strada è un’altra”. Infatti Aletti è un ginecologo obiettore di coscienza. “La storia dell’obiezione di coscienza è molto semplice, – spiega – tutti gli uomini sono nati da una donna e tutti sono passati da un organo che si chiama utero, anche quelli nati con l’embryo transfer, ovvero la fertilizzazione artificiale. Nel Te Deum si canta: Non horruisti uterum virginis, che significa: non hai avuto orrore di passare attraverso l’utero di una donna. Questo ginecologicamente è interessantissimo, perché significa che attraverso Gesù, che è vero Dio e vero uomo, l’infinito è entrato nel ventre di una donna”. Una visione che lascia trasparire tutta la sacralità, dolcezza e mistero della maternità. Continua Aletti: “Se tu guardi bene tutti in faccia, a qualsiasi latitudine e longitudine, sai che tutti hanno una mamma. Di tutti questi uomini, nessuno ha chiesto il permesso di venire al mondo, me compreso. Soltanto Uno ha chiesto il permesso di venire al mondo e che cos’è successo? Che l’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria. E quella donna di 15 anni è stata messa in cima al Duomo di Milano e io lo dico ai miei figli e a tutti quelli che incontro che quella è la mia mamma. Questo lo dico abbassando il capo, perché non sono degno di guardare quella donna e mi debbo convertire”.
La Madonna è un modello di accoglienza per tutte le mamme, anche per quelle per cui la gravidanza costituisce un momento di prova. «Il problema è che la diagnostica prenatale – spiega Aletti - tesa ad individuare embrioni malformati da sopprimere con aborto selettivo è razzismo, mentre al mondo c’è posto per tutti, sani e non sani. Tutti quelli che sono venuti al mondo hanno una mamma e quindi il punto qual è? L’accoglienza, di cui la Madonna è il paradigma». Maria, che con il suo sì ha detto sì alla vita. «Quando non accogli ti schieri con la morte e purtroppo una donna che non dice sì alla vita vivrà un tormento per tutta la vita. Le donne vanno aiutate e non lasciate sole». Continua Aletti: “In Italia con la legge 194 sono stati fatti 6 milioni di aborti: per avere questo dato basta prendere i dati della relazione annuale al Parlamento del Ministero della Salute e sommare tutti gli aborti da quando esiste la legge. Questi 6 milioni di persone che mancano hanno una notevole ripercussione economica: significa che in Italia manca una generazione e mezza e il mercato è fermo perché manca l’utenza. Madre Teresa di Calcutta, quando ritirò il premio Nobel per la pace disse: l’aborto creerà più danni della bomba atomica”.
Due incontri speciali hanno segnato la vita di Aletti, con Arturo e con Leandro, due bimbi morti subito dopo la nascita, di cui il ginecologo ci racconta la storia per far sapere a tutti che esistono anche Arturo e Leandro. “Erano le due di notte – ricorda Aletti – ed è nato un bambino alla quindicesima settimana, che sai benissimo che muore, anzi è campato 10 minuti di orologio l’Arturo. Ho chiesto alla mamma: lo vogliamo battezzare? La mamma mi ha detto di si. Signora possiamo chiamarlo Arturo? Bene, io ho battezzato l’Arturo, non lo so perché proprio Arturo. Se avessi chiamato il cappellano sarebbe morto prima del suo arrivo. Un collega, che passava di lì, mi dileggia e mi dice: Aletti non buttare l’acqua su quel bambino, cosa fai? Io gli ho risposto: l’Arturo è campato 10 minuti, ha cercato di fare un vagito appena, ma l’ho battezzato perché riconosco che l’Arturo come me (e l’ho chiesto anche alla mamma naturalmente) è chiamato allo stesso destino mio”.
Al secondo incontro speciale invece Aletti dà il suo nome, Leandro. “Leandro è nato al quinto mese ed è ricoverato in una struttura di cui io ero il direttore. Il medico che lo ha ricoverato giustamente ha scritto aborto inevitabile. La situazione purtroppo era così. Il medico ha fatto notare questo alla madre, che ha disconosciuto il figlio, cioè non lo ha voluto perché era un aborto. Non le interessava la sepoltura. Quindi questo bambino è completamente abbandonato. I medici non sapevano cosa fare e lo avevano messo in un bidoncino. Quando sono arrivato mi hanno fatto presente la situazione. Io mi sono fatto portare dell’acqua e ho detto: come potete vedere questo è un uomo. Leandro io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Leandro è campato un giorno. E’ stato messo in una piccola culletta, dove ogni tanto qualcuno andava a bagnargli le labbra. E’ morto la sera stessa”.
Due storie apparentemente tristi, ma che sono storie di vita, anche se dura soltanto dieci minuti. “Siamo rimasti in tre gatti a dire queste cose, ma non importa, io sono felice. Non è questione di coraggio, io non ho nessun coraggio e non sono un eroe, lo scriva, anzi davanti a queste questioni è meglio mettersi in ginocchio e farci aiutare dalla Madonna” conclude Aletti. E così mi capita di terminare un’intervista coma mai avevo fatto prima. Aletti mi dice: preghiamo. Fa il segno della croce e diciamo insieme un’Ave Maria alla Madonna, nelle cui mani ricolme di grazie affido l’intervista che ho appena raccolto.