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INTERVISTA

«Nel concepito il volto di Gesù»

In Europa viene soppresso un bambino ogni 11 secondi, un'ecatombe negata e banalizzata perfino tra i cattolici. Parla don Maurizio Gagliardini, dell'Associazione Difendere la Vita con Maria.

Vita e bioetica 21_03_2014
Il concepito

“In Europa viene soppresso un bambino ogni 11 secondi”. È il dato agghiacciante che risuona nel colloquio con don Maurizio Gagliardini, presidente dell’Associazione “Difendere la vita con Maria” che dal 21 al 23 marzo si occuperà di riflettere sul destino dei bambini non nati nel convegno che si terrà a Roma presso la facoltà di Bioetica di Regina Apostolorum. “Nel concepito il volto di Gesù”, questo il titolo del convegno, si propone di discutere gli aspetti etici, scientifici, giuridici ma soprattutto pastorali che ruotano intorno all’embrione e alla nascita riflettendo sugli aspetti umani che spesso spingono molte donne ad interrompere la gravidanza, sugli aspetti più cristiani di chi, a volte, tende a banalizzare l’aborto stesso senza dimenticare quelli scientifici e più ideologici di chi etichetta la nascita solo con termini biologici. 

Abbiamo chiesto a don Maurizio Gagliardini di raccontarci il senso di questo convegno che si inserisce all’interno di un cammino in cui da anni si cerca di aiutare quelle famiglie fragili troppo timorose ad accogliere una nuova vita cui si aggiungono anche quelle famiglie lasciate sole ad elaborare il lutto di un bambino non nato. 

“Nel concepito il volto di Gesù": quali sono le principali tematiche che si affronteranno durante questo convegno? 
Prima di tutto sono raccolte in una giornata intera di riflessione gli aspetti teologico-pastorali di questa tematica che si inseriscono nel contesto di una pastorale per la vita umana. Questo è il tema della relazione introduttiva del cardinale Elio Sgreccia, presidente dell’Accademia pontificia della vita. In questi anni il Cardinale è stato il riferimento autorevole per quanto riguarda le tematiche di vita, bioetica e pastorale. Subito dopo questo contesto introduttivo si è voluto, per iniziativa di monsignor Jean Lafitte, mettere a tema lo statuto teologico dell’embrione umano. In questi anni, difatti, si è profuso grande impegno di tutti quelli che hanno voluto promuovere una difesa del concepito rispetto alla grande negazione della vita avvenuta con l’approvazione dell’aborto procurato, avviata nel 1920 in Unione Sovietica e seguita quasi in tutti gli stati del mondo, eccetto qualche isola incontaminata. Si è promosso il diritto della donna di interrompere la gravidanza, uccidendo il bambino che porta nel grembo. Ma la vita umana è sacra. Soprattutto la vita innocente che non può difendersi. In questo contesto culturale e sociale, che Giovanni Paolo II ha chiamato cultura di morte, si è promosso, con tutte le risorse, lo statuto scientifico per cercare di dire cosa è l’embrione, quello giuridico per sancire quali diritti deve avere ma è mancato un ultimo aspetto, rilevante per i cristiani e cattolici ma anche a livello culturale, che è quello teologico dell’embrione. Tutto questo pone le basi per una riflessione che andrà a precisare il significato della vita umana in tutto il suo sviluppo e soprattutto della vita umana nascente nei confronti dell’eterna salvezza. Ossia del significato della vita dopo la morte anche per un bambino che sia soltanto nei primi inizi del suo sviluppo, la salvezza eterna dei non nati e dei non battezzati. È necessario difatti raccogliere le fonti di ispirazione cristiana, esprimere in concetti eloquenti il significato profondo della vita umana fin dal suo concepimento. 

Uno dei motivi che spingono una donna all’aborto è la pressione mediatica e culturale. In che modo questa pressione incide su questo tipo di scelta?
È una mentalità dell’efficienza e una vita pensata a livello di parametri di successo umano che sono anche molto precari e hanno un mira corta. Spesso l’interruzione della gravidanza avviene per motivi estremamente banali. Ma nella mia esperienza c’è soprattutto la realtà di donne che si trovano di fronte ad una gravidanza non pensata, non desiderata e si trovano ad affrontare una maternità non voluta. Allora nasce il grande problema. Spesso le difficoltà sono di carattere sociale, familiare, professionale o molto spesso di carattere economico. Allora è necessario che ci sia una persona amica, un conoscente o delle istituzioni, come le associazioni, che avvicinandosi a queste persone possano dire una parola vera, concreta e che facciano sentire la propria vicinanza, la propria sensibilità per accompagnarle. Questo cambia tutto. Una donna diviene felice di crescere il proprio bambino e di poterlo vedere, riconoscendo nel loro volto i suoi tratti o quelli del padre. Il grande appello di Giovanni Paolo II era proprio questo. Fare in modo che ogni concepito possa nascere. Se nella propria famiglia è accolto dall’affetto, benissimo. Ma, nel caso in cui le tribolazioni o le difficoltà della società non lo permettano, un bambino dovrà essere accolto dalla comunità o dalla Chiesa. Pensiamo ai 50 milioni di bambini all’anno soppressi nel grembo. Ma le cifre grandi sono difficili da immaginare. È più facile pensare ai 400/500 bambini soppressi in Italia ogni giorno. O a quanto detto dal cardinale Bagnasco recentemente: “in Europa viene soppresso un bambino ogni 11 secondi”. È un dato molto impressionante ma è un'ecatombe negata. Noi, tutti insieme, dobbiamo fermare questa cosa. Non vogliamo puntare il dito contro nessuno, tanto meno contro le donne. Anzi, se c’è una categoria che ha qualche attenuante è proprio la mamma che spesso si trova sola. Ma non hanno attenuanti le istituzioni, che siano quelle dell’educazione, della sanità, del diritto e anche della pastorale. Ogni bambino deve poter nascere. Ecco la genialità di Papa Francesco. Tutto quello che era scritto nell’Evangelium Vitae lui l’ha riassunto in una frase semplicissima: nel concepito il volto di Gesù. Proprio Papa Francesco ci ha dato questa spinta geniale. Questa frase l’ha detta ai medici cattolici il 20 settembre scorso. E di lì è sorto il desiderio di andare ad approfondire le radici teologiche di questa cosa. 

Anche i cristiani tendono a banalizzare l’aborto. Cosa dobbiamo fare in quanto cristiani per preservare, difendere e promuovere la vita?
Riflettere, documentarsi minimamente. È sufficiente riflettere anche solo dal punto di vista religioso sulle pagine del Vangelo. Questo convegno è proprio in occasione del ventesimo anniversario dell’enciclica Evengelium Vitae scritta dal beato Giovanni Paolo II sul tema della vita. Bisogna informarsi e non bisogna lasciarsi fagocitare da una mentalità che ha legalizzato l’aborto perché non sempre ciò che è legale è legittimo. 

Quali sono i maggiori mezzi di sostegno a disposizione per aiutare le donne in difficoltà?
La vicinanza e anche l’aiuto economico. Noi stiamo accompagnando diverse famiglie offrendo loro un piccolo sussidio di 200 euro nei tre mesi prima e sei mesi dopo la nascita che si chiama Zainetto, come anche il progetto Gemma che ha portato avanti il Movimento della vita e che ha salvato tanti bambini. Bisogna essere vicini, non aver paura e non sentirsi in minoranza perché dobbiamo sentire che la verità è questa. Non esiste un’altra verità che quella di un bambino concepito possa nascere. Non si può dirgli "hai sbagliato tempo", o "sei malato, ti facciamo fuori". Questo lo ha detto Hitler ma chi di noi vuole essere un nazista?

Ci può raccontare meglio l'esperienza della sepoltura dei feti?
È un aspetto molto importante. È un diritto profondo riconosciuto anche dallo Stato. Ogni famiglia che ha subìto la perdita di un bambino, ha 24 ore per richiedere alla Sanità i resti del proprio bambino affinché possa essere sepolto. Ma quasi nessuno lo sa. Bisogna anche sostenere delle spese che una famiglia non è in grado di affrontare. Allora noi abbiamo avviato un percorso virtuoso per il seppellimento dei bambini non nati attraverso delle convenzioni con aziende ospedaliere, con i servizi cimiteriali comunali e le aziende sanitarie locali per poter raccogliere tutti i bambini non nati. Dal 2004 ad oggi abbiamo sepolto 65.000 bambini. Pochi sanno di questa cosa perché non c’è sufficiente informazione. Ma noi ci battiamo per questo e abbiamo anche dimostrato come deve essere interpretato il dpr 285 che prevede già questo aspetto della sepoltura. Aspetto previsto anche dalla Chiesa Cattolica e dalla sua dottrina che spiega come tutti debbano essere sepolti e rispettati. È il magistero di Donum vitae. È necessario anche lavorare sull’elaborazione del lutto di un bambino non nato insieme alle famiglie perché un lutto non elaborato è fonte di grandi sofferenze. Una mamma che non elabora il proprio lutto è chiusa nel suo dramma e vede tutto in un’ottica di punizione di Dio. Non è così. Se si chiede perdono a Dio e al proprio bambino, nulla è perduto. Anche questa è la grande parola di Giovanni Paolo II.