Nebbia fitta sull'abbattimento dell'aereo di linea
Più dubbi che certezze nel caso dell'abbattimento del Boeing 777 della Malaysia Airlines sui cieli dell'Ucraina orientale. Le prove sono già state inquinate. Solo la propaganda (sia a Kiev che a Mosca) spaccia tante "certezze".
Le circostanze e le responsabilità dell’abbattimento del Boeing 777 della Malaysia Airlines nei cieli dell’Ucraina Orientale difficilmente potranno venire chiarite in breve tempo. Già in condizioni normali le procedure d’inchiesta internazionali richiedono almeno un mese per ottenere, dai periti, un rapporto preliminare e solitamente un anno per disporre di una valutazione completa e circostanziata. Nel caso del velivolo malese, però, molti elementi indispensabili alle indagini sono già venuti meno, innanzitutto perché non è stato possibile né isolare l’area in cui sono disseminati i frammenti del velivolo e dei 298 passeggeri e membri dell’equipaggio che si trovavano a bordo, né raccoglierli. Un compito la cui responsabilità ricade sull’Ucraina il cui governo non controlla quella zona, in mano ai separatisti filorussi che non hanno voluto o potuto mettere in sicurezza un’area di almeno 20 chilometri quadrati, in cui sono già state segnalate intrusioni di persone che hanno saccheggiato effetti personali e bagagli dei passeggeri e forse parti del relitto. Le due scatole nere pare che siano state infine trovate dai ribelli che le avrebbero portate da Donetsk, nel territorio controllato da separatisti.
In queste condizioni difficilmente si potranno raccogliere elementi in grado di fornire risposte certe ai mille interrogativi su questa tragedia, divenuta subito preda della propaganda su entrambi i fronti.
Il governo ucraino accusa i filorussi di aver colpito il velivolo malese con un missile antiaereo ricevuto dai russi e di “distruggere le prove" sul luogo del disastro, dopo aver allontanato gli osservatori dell’Osce. Mosca sostiene, invece, che siano stati missili ucraini a colpire il Boeing. Del resto il sistema antiaereo in questione, il Buk, è in dotazione a ucraini e russi: i primo hanno la versione più datata equipaggiata di missili Sa-11, i secondi la più recente, che utilizza gli Sa-17.
I ribelli hanno utilizzato finora armi terra-aria portatili a corto raggio, con cui hanno abbattuto una ventina di aerei ed elicotteri di Kiev, ma negli ultimi tempi avrebbero centrato un velivolo nemico a 6.500 metri di quota, segno che dispongono di missili a guida radar e a lungo raggio. A fine giugno, fonti dei separatisti dissero di aver preso possesso di una batteria di Buk in una base governativa, ma non vi sono conferme in proposito, così come non ve ne sono all’ipotesi che Mosca abbia fornito armi simili ai ribelli addestrandone il personale.
Kiev ha reso nota la trascrizione di un colloquio tra militari russi e paramilitari di Donetsk, intercettato dall’intelligence, in cui i separatisti ammettono con stupore di aver abbattuto un aereo civile invece di un cargo militare ucraino. Ovviamente è impossibile verificare l’autenticità di questi frammenti audio, così come mancano i dettagli alla notizia che l’intelligence statunitense (che addestra e appoggia quella di Kiev) avrebbe rilevato con i satelliti che il missile, esploso contro il Boeing, sia stato lanciato dal territorio in mano ai ribelli. Informazioni che hanno indotto prima l’ambasciatrice alle Nazioni Unite, Samantha Powers, poi lo stesso Barack Obama, a puntare il dito contro i separatisti ucraini e contro Mosca.
Vale la pena ricordare che, simili rilevazioni dei satelliti spia e simili intercettazioni dei colloqui via radio dei comandanti siriani, consentirono l’anno scorso agli Stati Uniti di sostenere per mesi che il gas nervino sulla periferia di Damasco era stato lanciato dalle forze governative, notizia poi smentita dagli esami condotti dai britannici sui residui di gas che dimostrarono l’estraneità delle forze di Bashar Assad, in quella strage provocata ad arte da armi chimiche fornite ai ribelli salafiti probabilmente dai loro alleati sauditi.
Nel caso del Boeing malese, i dubbi riguardano anche l’ipotesi dell’incidente, considerata improbabile da esperti in sistemi missilistici antiaerei che non credono che un volo civile non sia stato identificato come tale da chi gestiva apparati di difesa aerea complessi e serviti da radar.
Nel rimpallo di accuse si è sentito di tutto. Secondo Kiev i ribelli hanno confuso la traccia radar del Boeing con quella di un cargo militare ucraino, per i separatisti e per Mosca il missile lanciato dagli ucraini era diretto contro l’aereo presidenziale di Vladimir Putin, che in quel momento rientrava da un viaggio in America Latina.
A sostegno della tesi dell’errore dei ribelli vi sono le parole di Igor Strelkov, il comandante militare dei secessionisti, che mezz’ora dopo l’abbattimento del Boeing rivendicava su Facebook l’abbattimento nella stessa zona di un Antonov 26 (che non risulta essere avvenuta) affermando che “li avevamo avvertiti di non volare nel nostro cielo”. Difficile dire se quelle frasi siano state scritte davvero da Strelkov.
Che dire poi delle “rivelazioni” dei secessionisti filorussi, per i quali testimoni oculari hanno visto l’attacco di un caccia dell’aeronautica ucraina contro il Boeing malese, come se da terra fosse possibile cogliere i dettagli in un’azione che si è sviluppata a 10 mila metri d’altezza. A quanto pare, il 17 luglio, in quei cieli, era in corso una battaglia aerea che, secondo Kiev, ha visto un jet russo abbattere un Sukhoi 25 con i colori ucraini. In teoria è quindi possibile che il volo di linea si sia trovato coinvolto in una battaglia aerea. Mosca smentisce di aver avuto suoi velivoli in volo mentre il Boeing malese veniva colpito e chiede per quale ragione l’esercito ucraino avesse schierato, da pochi giorni, batterie di Buk a ovest di Donetsk quando è noto a tutti che i separatisti non dispongono di forze aeree.
Kiev, però, da tempo accusa i russi di sconfinare con i loro jet nello spazio aereo ucraino e lo schieramento dei Buk poteva forse avere uno scopo deterrente nei confronti di Mosca, ma in tal caso perché le autorità ucraine che gestiscono il traffico aereo non hanno interdetto tutta l’area ai voli civili? Le stesse autorità, l’8 luglio, avevano posto un limite di quota ai velivoli in transito che dovevano sorvolare il Donbass a oltre 7.900 metri di quota. Circa 2 mila in meno della quota a cui volava il Boeing malese, il cui abbattimento ha indotto Kiev e l’agenzia europea per il traffico aereo a chiudere finalmente i cieli dell’Ucraina Orientale ai voli commerciali.
Di fatto la disposizione di Eurocontrol rappresenta l’unica iniziativa assunta dalla Ue in questa crisi, la cui gestione vede, ancora una volta, assente l’Europa. Al di là delle responsabilità oggettive per l’abbattimento, pare incredibile che lo spazio aereo di una regione in guerra (combattuta anche nei cieli) sia rimasto per mesi aperto ai voli civili.