Nasce Alternativa Popolare a caccia di alleanze
Il Nuovo Centrodestra camaleontescamente si trasforma in Alternativa popolare in maniera tale da poter far parte indifferentemente, nella prossima legislatura, di un governo di centrodestra o di uno di centrosinistra o di un esecutivo di larghe intese in funzione anti-grillina. Nel suo programma i principi non negoziabili sono assenti.
Si avvicinano le elezioni politiche. Al massimo entro un anno si voterà per il rinnovo del Parlamento e gli appetiti dei partiti iniziano a scatenarsi, tanto più che il fallimento del referendum del 4 dicembre darà la possibilità di eleggere ben 945 rappresentanti del popolo, tra senatori e deputati. Inoltre, il quasi certo sistema elettorale proporzionale con premio alla lista (difficile che si trovi la quadra su una modifica del sistema di voto) ci consegnerà un’Italia ingovernabile, senza alcun vincitore (solo i Cinque Stelle hanno qualche chance di arrivare al 40% dei voti), e consentirà anche ai più piccoli di andare in ordine sparso per poi far valere il proprio peso specifico a urne chiuse.
In questa logica si inquadra l’operazione di maquillage varata ieri dal Nuovo Centrodestra, che si è sciolto dopo essere stato al governo per diversi anni con la sinistra e ora prova a rifarsi il look cambiando nome. Alternativa popolare è la sigla più neutra che, nelle speranze di Angelino Alfano e dei suoi, dovrebbe assicurare ai centristi di conservare l’attuale dote elettorale e di superare le soglie di sbarramento sia alla Camera che al Senato (per Palazzo Madama basterà superarla in alcune regioni del sud) e dunque di garantirsi un altro giro in Parlamento.
Ieri il Ministro degli Esteri ha annunciato che intende ripartire dal popolo (di qui Alternativa popolare) per combattere i populismi e il lepenismo di Salvini e per distinguersi dalla sinistra. Secondo Alfano c’è spazio per una proposta politica di centro, considerato lo schiacciamento progressivo di Renzi sulla sinistra per inseguire gli scissionisti e la nuova formazione di Pisapia e Boldrini. Ma quali dovrebbero essere gli ingredienti principali di questa proposta politica neocentrista? Un fisco più snello, aiuti alle imprese, un nuovo patto anti-povertà. Messaggi assai vaghi, che lasciano al nuovo soggetto politico mani libere dopo il voto per scegliere se andare con la sinistra o con la destra, in base a chi dovesse conquistare più voti.
D’altra parte Angelino Alfano sarà anche privo di “quid” come si dice ad Arcore, ma ha sin qui fatto una carriera politica di tutto rispetto, ricoprendo i ruoli di Ministro della Giustizia, di Ministro dell’Interno, di Ministro degli Esteri, ma anche responsabilità politiche come la guida di Forza Italia (per anni è stato il “delfino” di Berlusconi) e la creazione del Nuovo Centrodestra, partitino che ha consentito ad Alfano e ai suoi di ottenere incarichi ministeriali di primo piano nei governi di centrosinistra.
Di fronte, però, alle prese di distanza di molti esponenti della sinistra storica, che non ritengono replicabile nella prossima legislatura un governo di centrosinistra con Alfano e Verdini come “stampelle”, ecco che il lesto e astuto politico agrigentino gioca d’anticipo e fa sparire dalla denominazione della sua forza politica la parola centrodestra. In questo modo, sceglie una corsa solitaria alle prossime elezioni, con l’aspirazione ad essere determinante per la formazione di un governo anche nella prossima legislatura. D’altronde i numeri sin qui gli hanno dato ragione: senza i voti di Alfano non ci sarebbe stato il renzismo e dopo la caduta del governo Letta si sarebbe andati alle elezioni anticipate.
Ma ora quali sono le prospettive politiche dei centristi, considerato che alla nuova creatura alfaniana guardano con interesse anche alcuni esponenti di Scelta civica e di sigle minori dell’arcipelago dei cosiddetti moderati? Se il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin e lo stesso Alfano non hanno alcun dubbio nell’escludere alleanze con Salvini, più imbarazzati verso questa svolta a sinistra sembrano ex ministri come Maurizio Lupi, che al nord vede governare il suo partito insieme con la Lega e l’intero centrodestra. Non sono, quindi, da escludersi sorprese o miniscissioni anche in Alternativa popolare, magari dopo l’estate, quando si inizierà a parlare di liste e di alleanze.
Ma la cosa che lascia più esterrefatti è che ieri, a Roma, in occasione della convention per il battesimo del nuovo partito di Alfano, i temi relativi all’assetto valoriale della società sono rimasti abbondantemente sullo sfondo e non appaiono in alcun modo tra i tratti distintivi dell’offerta politica dei centristi. Dopo la deludente e acritica adesione di gran parte del Nuovo Centrodestra alla linea spiccatamente laicista degli ultimi governi in materia di temi etici e sensibili, Alfano e i suoi scelgono la linea del silenzio e dell’indifferenza, rinunciando in partenza a interpretare le aspettative di tanta parte del mondo cattolico che si sente orfana di riferimenti politici e che non ha quasi mai riconosciuto nel Nuovo Centrodestra (salvo qualche distinguo) una voce sincera e convinta in difesa di una visione cattolica della società. Non resta, quindi, che prendere atto dell’evidenza: per esigenze di piccolo cabotaggio il Nuovo Centrodestra camaleontescamente si trasforma in Alternativa popolare in maniera tale da poter far parte indifferentemente, nella prossima legislatura, di un governo di centrodestra o di uno di centrosinistra o di un esecutivo di larghe intese in funzione anti-grillina. Da un partito che per stare al governo con Renzi e i suoi si è dimostrato disposto a sacrificare le nobili battaglie per la difesa della vita e della famiglia naturale tutto sommato non c’era da aspettarsi molto di più.