Muoiono di fame e sete, altro che accanimento
Ci si preoccupa di questioni teoriche, errori o follie, e si perdono di vista i bisogni reali delle persone.
L’Independent, quotidiano anglosassone, titola il 31 gennaio: “A centinaia lasciati morire disidratati negli ospizi”! Secondo un’indagine riportata dal giornale, 650 anziani sono morti per carenza di liquidi e 157 di fame negli ultimi 5 anni nelle case di riposo inglesi. Neil Duncan-Jordan, del Sindacato Pensionati commenta così sul quotidiano: “A fronte di una quota di 600-800 sterline a settimana, nessuno ti aiuta a mangiare, nessuno ti fa cambiare posizione nel letto, ricevendo un trattamento di serie B”. Insomma, la vita dell’anziano è difficile anche in Gran Bretagna, e le politiche sociali fanno acqua anche lì.
Ma il punto è un altro. Sui giornali nostrani - ma non solo - sembra che l’unica preoccupazione per chi è anziano o malato cronico sia l’arcinoto e arcipropagandato testamento biologico, come se ci fossero davvero in giro dei medici pazzi che ti curano anche se è inutile, o come se tu non potessi nemmeno fidarti dei tuoi figli per prendere le decisioni quando non sei in grado di farti sentire. Mentre ci sono anziani che muoiono di fame e di sete! Ma questo non va sulle prime pagine o ci va di rado, e non c’è paragone su quanto invece si parli di come far morire rispetto a quanto si parla di come far vivere meglio.
È uno sbilanciamento assurdo: la cattiva sanità lascia morire tanti malati che non si sanno esprimere e non se ne parla, però ci si dilunga sui pochi casi dei rari pazienti che vogliono morire (e sarebbe bene vedere se anche qui non è un problema ambientale o medico). È un fenomeno che l’economista di Barack Obama, Cass R. Sustain (Il diritto della paura, il Mulino) chiama “probability neglect”, cioè la deriva che prende l’opinione pubblica o privata di fronte a suggestioni esterne, che fanno spaventare per fenomeni rarissimi a verificarsi mentre sottovaluta quelli che sono di frequenza più alta, ma su cui la stampa o i nostri vicini mettono meno attenzione. E il tutto fa agio sulle nostre paure, dato che certi allarmismi giocano sul nostro senso di diffidenza verso il prossimo, o sull’idea, trattata tra le idee irrazionali da Albert Ellis (1913-2007), uno dei padri della psichiatria contemporanea, secondo cui “se qualcosa è o può essere pericoloso o temibile, l’individuo deve preoccuparsene moltissimo e deve sentirsi sconvolto”.
Gli anziani dunque ricevono cattivi trattamenti, i disabili mentali, come riportava due anni fa un altro report al parlamento inglese, sono altrettanto soggetti a cattiva sanità tanto che il Lancet scriveva che essi risultano “invisibili” al Sistema Sanitario Nazionale; e l’unica cosa che sanno fare i giornali è far preoccupare anziani e tutori dei disabili della possibilità che qualcuno li faccia tenere in vita artificialmente? Lancet e Independent ci spiegano che il problema semmai è l’opposto.
Oltretutto i malati costano e vi sembra che la società occidentale sia di manica così larga con le spese? Certo questo non è generalizzabile, ma anche recentemente la stampa medica si cominciava a domandare se la spinta verso la legalizzazione dell’eutanasia non abbia anche motivi economici. Insomma, facciamo in modo che la gente si preoccupi per i problemi reali, lasciando quelli ipotetici (le sopravvivenze con accanimenti ingiusti) nel mondo di ciò che è certo possibile a verificarsi, ma che è altrettanto palesemente ingiusto e dunque vincibile con le leggi opportune; e soprattutto raro, tanto da ricadere nella categoria degli errori o della follia piuttosto che in quella della cattiva sanità.