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SUSSIDIARIETA'

Multa per la marmellata, malattia del dirigismo

L’Associazione genitori di Lallio (Bergamo), è stata pesantemente multata perché le mamme hanno osato aiutare il locale chiosco a distribuire fette biscottate con marmellata a centinaia di bambini, nel corso di una marcia non competitiva. E' l'apogeo del "legalismo" che calpesta il principio di sussidiarietà. E il buon senso.

Cronaca 11_04_2017
Raccolta fondi per l'Associazione Genitori multata

A.ge è la sigla dell’Associazione genitori di Lallio (in provincia di Bergamo, Lombardia). A novembre ha ricevuto la notifica che era in corso nei suoi confronti un’indagine amministrativa, poi conclusa con la condanna a pagare una multa di 1.032 euro. L’8 aprile la cifra è stata coperta dalle donazioni dei cittadini di Lallio, dopo una grande mobilitazione di solidarietà. Il motivo della multa ha dell’incredibile e parrebbe una fake news (se non fosse reale): le mamme sono colpevoli di aver spalmato la marmellata sui panini dati ai loro bambini durante una manifestazione sportiva. E’ una lezione per capire in che incubo burocratico viviamo. E quanto le norme italiane violano il principio di sussidiarietà.

Partiamo dall’inizio. A settembre, l’A.ge organizza la “A.ge Funny Run”, una marcia non competitiva. Per permettere ai bambini in marcia di sfamarsi con una merendina, l’associazione dei genitori chiede aiuto al gestore del chiosco del parco dei Gelsi, dove si svolge la manifestazione. Visto che i partecipanti erano cinquecento, molti più del previsto, le mamme si rimboccano le maniche, indossano i guanti e iniziano a spalmare anche loro la marmellata sulle fette biscottate da dare ai bambini. Tutto bene? No, perché a novembre arriva la notifica dell’indagine e poi anche la multa, cara e salata: 1.032 euro, appunto. Perché, come racconta Marzia Cugini, presidente dell’A.ge: “Per rispettare la normativa in materia di somministrazione di cibi e bevande, solo una persona era autorizzata a spalmare la marmellata: il preposto”. Le mamme, insomma, non avrebbero dovuto aiutarlo, benché stessero rispettando tutte le norme. Quelle fette biscottate per 500 (cinquecento) bambini avrebbe dovuto spalmarle una sola persona, a costo di far aspettare per ore i bambini in coda. 

L’indagine amministrativa è partita su richiesta presentata da un consigliere d’opposizione della lista civica “Un paese in comune Lai-Lallio” agli uffici del Comune, nella quale chiedeva di effettuare una verifica sulla regolarità delle procedure adottate nel corso della manifestazione. Ora quel consigliere si spiega in questi termini: “Io ho segnalato qualcosa e qualcuno è stato multato, sono io ad aver sbagliato? Io gradirei che la presidente dell’associazione e il Comune rendessero pubblica la contestazione degli uffici, per far capire meglio quanto accaduto”. Principio della legalità prima di tutto, insomma. Il sindaco Massimo Mastromattei prende posizione a difesa dei genitori: “L’unico difetto dei volontari, e lo dico ironicamente ma anche con amarezza, è che si danno un gran da fare. Dopodiché c’è un certo divario tra il buon senso e le norme. Il caso si è cristallizzato nel momento in cui in Comune è arrivata la segnalazione del consigliere di minoranza: gli uffici hanno dovuto accertare e agire, non potevano fare altrimenti”.

Divario fra buonsenso e le norme. Questo è il problema. Non nel senso che si debbano applicare le norme con buon senso, ma che le norme stesse non lo rispettano. La Dottrina Sociale della Chiesa (punto 186) fissa il principio di sussidiarietà: “L'esigenza di tutelare e di promuovere le espressioni originarie della socialità è sottolineata dalla Chiesa nell'enciclica Quadragesimo anno, nella quale il principio di sussidiarietà è indicato come principio importantissimo della «filosofia sociale»: «Siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l'industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare. Ed è questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società; perché l'oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già distruggerle e assorbirle»”. Quello a cui abbiamo assistito a Lallio è una plateale violazione del principio di sussidiarietà da parte di norme iper-stataliste sulla sicurezza.

Solo un caso di cronaca locale su cui non val la pena soffermarsi? No, perché è tutto il paese che funziona così. La struttura stessa dello Stato italiano e della sua legge, nella stragrande maggioranza dei casi, non consente alcun ruolo concreto a enti locali e volontari. Quella italiana è una società assistita (per altro con servizi sempre più scadenti e costi fiscali sempre più esorbitanti) dove l’iniziativa personale a favore del prossimo è osteggiata, scoraggiata e vietata a norma di legge. Anche se è la Croce Rossa. Anche se è un’ambulanza che si ferma a prestare soccorso a una donna e viene multata per divieto di sosta.

Nel caso di Lallio, il finale è lieto. Perché la cittadinanza si è spontaneamente mobilitata, ha raccolto i fondi con una serie di iniziative (fra cui vendita di fette biscottate con marmellata e caffé) e tutti e 1.032 gli euro di multa sono stati coperti. Anche questo è un principio fondamentale della Dottrina Sociale: si chiama solidarietà.