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LA BANCA

MPS, scempio politico pagato con denaro pubblico

Il Monte dei Paschi di Siena è sempre stato un "giocattolo" nelle mani degli ex comunisti, a cui si aggiungono gli ex democristiani del Pd. Il crack è molto peggiore rispetto al crollo della Banca Romana degli inizi del secolo scorso.

Economia 30_12_2013
Monte dei Paschi di Siena

Fu per biechi interessi di natura elettorale, ma una cosa giusta la disse Mario Monti agli inizi di gennaio di quest’anno: “Il Pd c'entra nella questione Monte dei Paschi di Siena. E’ coinvolto in questa vicenda perchè ha sempre avuto grande influenza sulla banca attraverso la sua fondazione e il rapporto storico con il territorio culturale e finanziario senese. Il fenomeno antico della commistione tra banche e politica è una brutta bestia che va sradicata”.

Anche le ultime vicende, configurano un dominio del partito degli ex comunisti (ai quali si sono ora aggiunti i nuovi democristiani) sulla banca. Lo scontro in atto tra Alessandro Profumo, presidente del Monte dei Paschi e Antonella Mansi, presidente della Fondazione Monte dei Paschi e vice-presidente di Confindustria, è uno scontro tra cordate di potere: economico, finanziario e, quindi, anche politico. Tecnicamente si è consumato sulla questione della ri-capitalizzazione di 3 miliardi di euro, chiesta dal Consiglio di Amministrazione con urgenza, entro il 31 gennaio - per non perdere la disponibilità di un consorzio di 15 banche, che avrebbero dovuto raccogliere sul mercato finanziario il denaro occorrente - alla quale si sono opposti i vertici della Fondazione, che detiene il 33,5% delle azioni della banca, proponendo di rinviarla a giugno, data in cui anche loro dovranno essere rinnovati. Convergenti sono state le valutazioni espresse prima dell’assemblea che si è svolta sabato dal Sindaco di Siena, il renziano Bruno Valentini - “Bisogna evitare che Mps vada in mano a capitali stranieri non affidabili” e quelle svolte in Assemblea dalla Presidente della Fondazione: “L’accelerazione avrebbe compromesso la possibilità di farci carico di quelle utilità sociali che sono l’essenza della nostra natura fondazionale”. In altre parole, più chiare: la sorte della banca, in questo momento, va in secondo piano, rispetto alla necessità di continuare, com’è accaduto nel passato, di disporre delle “utilità sociali” che da essa derivano. Quali sono le “utilità sociali”? Il controllo del della città, dell’ampio territorio che le sta attorno e degli sconfinati interessi che il Monte dei Paschi per sua “natura” rappresenta. Meglio, quindi, la nazionalizzazione della banca - se proprio si dovesse giungere a questo - piuttosto che perderne il controllo, con l’acquisizione di nuovi capitali. E Profumo che fine farà? L’ha già detto il Sindaco di Siena, qualche giorno fa: “Morto un Sindaco, se ne fa un altro”. Potere per il potere.

Dietro al potere, però, questa volta – come mai forse nel passato – c’è il denaro dei cittadini. Di tutti i cittadini italiani. Era stato proprio Mario Monti, nel 2012, ad assegnare al Monte dei Paschi la cifra incassata per l’IMU. Sempre nel gennaio scorso, di fronte alle polemiche – peraltro assai lievi - sollevate su questa decisione, il professore aveva detto: "I soldi dell'Imu vanno al settore pubblico, ci vanno e ci restano. C'è una nuvola terroristica circa gli importi relativi alla questione su Mps diventati oggetti di corride politiche. Il governo non ha fatto alcun regalo al Monte dei Paschi di Siena: si tratta di un prestito di 2 miliardi, con un interesse molto oneroso pari al 9 per cento, mentre i restanti 1,9 miliardi sono rimborsi dei precedenti Tremonti bond”. “Il prestito – aveva aggiunto -"è stato previsto non di iniziativa italiana ma dall'autorità bancaria europea che ha modificato i criteri per l'adeguatezza di tutte le banche in Europa e ha richiesto una maggiore capitalizzazione di Mps. Non si tratta di regali o assegnazioni a fondo perduto ma di prestiti a tassi onerosi in fondo convenienti per lo Stato".

Della convenienza di questi prestiti non si sono accorti in molti, a dire il vero. Non un solo euro di quel prestito è stato fino ad ora restituito. Il piano proposto da Profumo sarebbe servito anche a questo: la banca - che ha chiuso i primi 9 mesi del 2013 con 518 milioni di perdita, 20 miliardi di crediti deteriorati e il 15% del credito erogato - in base a quanto disposto dalla Commissione europea relativamente alla procedura sugli aiuti di Stato, aveva l’obbligo di formulare un piano di ristrutturazione credibile e di restituire almeno il 70% dei Monti Bond entro il 2014. Anche a questo sarebbe servito l’aumento di capitale.

Tutto, per ora, si è arenato. Resta, la gravità di uno scandalo – quello che ha riguardato il management precedente della banca senese, per buona parte del quale è iniziato il processo e che ha molto probabilmente originato il suicidio, nel marzo scorso, di David Rossi, portavoce dell’ex presidente della Banca, Giuseppe Mussari – molto più grave di quello della Banca Romana degli inizi del secolo scorso, che costrinse alle dimissioni Giovanni Giolitti. Altri tempi, quelli, nei quali i silenzi e le opacità - di tanto in tanto - venivano rotti dal fragore della verità.