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COMUNISMO

Morto Liu Xiaobo, il dissidente più celebre della Cina

Scarcerato dopo quasi dieci anni di internamento, il dissidente cinese Liu Xiaobo è morto di tumore. E’ stato liberato solo per poter morire in pace. Il regime aveva sempre negato un suo trasferimento all'estero per cure. Liu Xiaobo, premio Nobel per la Pace nel 2010, è noto per Carta08, il più coraggioso documento del dissenso in Cina.

Esteri 14_07_2017
Liu Xiaobo

Scarcerato dopo quasi dieci anni di internamento, il dissidente cinese Liu Xiaobo è morto di tumore. E’ stato liberato solo per poter morire in pace.

Liu Xiaobo era malato di tumore da tempo e le sue condizioni erano note. Attivisti per i diritti umani in patria e all’estero si erano battuti per poterne ottenere il trasferimento in una struttura ospedaliera all’estero, dove avrebbe potuto essere curato al meglio. Il regime comunista di Pechino aveva sempre opposto un secco rifiuto. Secondo la moglie, Liu Xia, poetessa, condannata agli arresti domiciliari e anch’ella gravemente malata di cuore, il regime ha pesanti responsabilità nella morte del marito dissidente. E fino all’ultimo, Liu Xiaobo aveva chiesto di essere trasferito in un ospedale straniero portando con sé la moglie, per salvarla. Il regime di Pechino, pur sapendolo ormai spacciato, ha rifiutato questa sua ultima richiesta. Nei suoi ultimi giorni di vita, Xiaobo non aveva perso le speranze. Aveva rifiutato di farsi intubare perché temeva che così sarebbe stato considerato non più trasportabile. Ora la vita del dissidente è finita, quella della moglie è ancora appesa a un filo.

Il professor Liu Xiaobo lavorava negli Stati Uniti. Tornò in patria per sostenere gli studenti nelle manifestazioni di piazza Tienanmen nel 1989. Faceva parte della corrente delle “colombe”. Si opponeva allo scontro diretto col regime e nei suoi discorsi pregava gli studenti di accettare un negoziato. Nonostante tutto, una volta che si scatenò la repressione militare nel giugno del 1989 anche Liu Xiaobo venne arrestato per la prima volta. Liberato nel 1990 continuò la sua attività di intellettuale dissidente divenendo presidente dell’Independent Chinese Press Center. Venne arrestati altre due volte, per il suo pensiero nel 1995 e poi nel 1996 quando venne condannato a tre anni di lavori forzati e “rieducazione”.

Divenne celebre in tutto il mondo solo nel 2008 quando promosse il coraggioso documento programmatico del dissenso cinese, chiamato Carta08, un nome non casuale che richiama il documento Carta77 dei dissidenti cecoslovacchi capitanati da Havel. Carta08 è il più coraggioso programma di “sovversione” del sistema cinese ed era stato sottoscritto in poche settimane da centinaia di personalità cinesi, imprenditori, intellettuali, ma anche contadini e semplici cittadini. Il documento, in realtà, mira a tradurre in pratica quei principi che la Cina ha sempre accettato negli ultimi 100 anni, ma solo sulla carta. E’ coraggioso sin dal preambolo: una storia della Cina vista come una serie di occasioni mancate per la libertà del popolo, prima sottomesso agli imperatori, poi ai signori della guerra e infine ai comunisti.

Non si tratta di una pia illusione di un dissidente sognatore. Per Liu Xiaobo, questo inizio secolo è il periodo giusto per una trasformazione dell’immenso paese asiatico. “C’è un generale declino dei sistemi autoritari in tutto il mondo. Anche in Cina l’era degli imperatori e dei feudatari sta andando verso la fine. In ogni luogo è tempo ormai per tutti i cittadini di divenire padroni dei loro Stati. La pista che conduce fuori dell’impasse attuale in cui versa la Cina  è quella che porta al distacco dalla nozione autoritaria di confidare in un “illuminata supervisione” o in un “onesto burocrate”, seguendo invece un sistema di libertà, democrazia, stato di diritto, verso la crescita della coscienza di moderni cittadini che vedono i diritti come fondamentali e la partecipazione come un dovere”. “Dove va la Cina in questo 21° secolo? – si chiedeva in Carta08 - Vorrà continuare la “modernizzazione” dominata da un governo autoritario o abbraccerà i valori umani universali, si unirà alla corrente delle nazioni civilizzate, edificando un sistema democratico? Si tratta di una scelta fondamentale, che non può più essere rinviata”.

Della storia recente, non negava qualche passo avanti, ma non nascondeva che senza il passo fondamentale, la libertà, la modernizzazione cinese sarebbe stata addirittura controproducente: “Negli ultimi due decenni del 20° secolo, la politica governativa della “Riforma ed apertura” ha dato al popolo cinese un po’ di sollievo dalla diffusa povertà e dal totalitarismo di Mao Zedong, portando un incremento sostanziale nella ricchezza e nel livello di vita di molti cinesi, come anche ad un parziale recupero della libertà economica e dei diritti economici. É cominciata a crescere una società civile e la richiesta da parte del popolo di più diritti e più libertà politica. Anche l’elite al governo, muovendosi verso la proprietà privata e l’economia di mercato, ha cominciato a muoversi da un rifiuto totale dei “diritti” a un loro parziale riconoscimento”. Allo stato attuale delle cose: “I folli risultati sono una endemica corruzione dei quadri, un minare lo Stato di diritto, mancanza di tutela dei diritti della popolazione, perdita di etica, capitalismo grossolano, polarizzazione della società fra ricchi e poveri, sfruttamento e abuso dell’ambiente naturale, dell’ambiente umano e storico, un acutizzarsi di una lunga lista di conflitti sociali, in particolare  un indurimento dell’animosità fra rappresentanti ufficiali e gente ordinaria”.

Interessante la visione dei diritti umani dell’intellettuale cinese: “Essi non sono concessi benevolmente dallo Stato. Ogni persona nasce con specifici diritti alla dignità e alla libertà. Il governo esiste per la protezione dei diritti umani dei suoi cittadini. L’esercizio del potere dello Stato deve essere autorizzato dal popolo. La serie di disastri politici nella storia recente della Cina è una conseguenza diretta del disprezzo da parte del regime verso i diritti umani”. Questo passaggio di Carta08 ricorda la tradizione giusnaturalista dei diritti, che è alla base della Costituzione americana. E’ un caso raro in una cultura contemporanea improntata sul relativismo. Fra i diritti, chiaramente, c’è anche la libertà di religione. Nel programma di Carta08, Liu chiedeva: “Dobbiamo garantire la libertà di religione e di credo, istituendo la separazione fra religione e Stato. Non vi devono essere interferenze del governo nelle attività religiose pacifiche. Dobbiamo abolire ogni legge, regolamento, regola locale che limiti o sopprima la libertà religiosa dei cittadini. Dobbiamo abolire il sistema attuale che richiede ai gruppi religiosi (e ai loro luoghi di culto) di ottenere l’approvazione ufficiale in anticipo, sostituendolo con un sistema in cui la registrazione è facoltativa e, per quelli che la scelgono, automatica”.

E per quanto riguarda la transizione, auspicava che avvenisse secondo il principio della “Verità nella riconciliazione”. Cioè: “Dobbiamo riabilitare la reputazione di tutte le persone – comprese le loro famiglie – che hanno sofferto di ostracismo e umiliazione nelle campagne politiche del passato o sono stati bollati come criminali a causa del loro pensiero, parole, o fede. Lo Stato dovrebbe pagare un risarcimento a queste persone. Tutti i prigionieri politici e di coscienza devono essere liberati. Ci deve essere una Commissione per la ricerca della verità incaricata di trovare prove fattuali delle ingiustizie e atrocità del passato, determinando le responsabilità , garantendo giustizia e su queste basi, ricercando anche la riconciliazione sociale”.

Per Carta08 e per il suo attivismo pacifico, Liu Xiaobo vinse il premio Nobel per la Pace nel 2010. Il premio venne assegnato a una sedia vuota.