Morto Berlusconi, la sinistra va in frantumi
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La segreteria di Elly Schlein sta diventando imbarazzante e si moltiplicano i mal di pancia nel partito e gli addii. E l'abbraccio con Conte sembra essere stato il colpo di grazia. Scomparso il nemico comune, Pd e 5 Stelle sono andati in crisi d'identità.
Ormai si è capito chiaro e tondo che Elly Schlein è diventata segretario del suo partito per un accidente storico e nulla più, visto che gran parte della classe dirigente dem mostra crescenti crisi di rigetto nei confronti della sua linea politica. L’imbarazzo è evidente a tutti. Nelle riunioni di direzione volano gli stracci, ma soprattutto ogni azione o dichiarazione della nuova guida del partito viene puntualmente sconfessata dalle varie correnti interne e dagli amministratori locali, a riprova del totale scollamento tra i nuovi vertici e la base.
Le posizioni di Elly Schlein su utero in affitto e maternità surrogata piuttosto che sull’abuso d’ufficio hanno scavato un solco sempre più profondo tra lei e i cosiddetti moderati del partito, come l’ex ministro Lorenzo Guerini, che erano peraltro già in grosse difficoltà rispetto alle posizioni assunte dal neo segretario sulla guerra in Ucraina e la fornitura di armi.
Ad acuire i contrasti dentro il Pd anche l’abbraccio con Giuseppe Conte alla manifestazione di sabato scorso per il salario minimo e sui temi sociali. L’ex avvocato del popolo guida un movimento in caduta libera che sta tentando disperatamente la carta del ritorno alle battaglie anti-sistema per recuperare credibilità e provare a sopravvivere. Purtroppo per lui la sua stessa leadership appare in bilico, se è vero che per riaccendere l’entusiasmo del popolo grillino è dovuto tornare in pista il fondatore Beppe Grillo con l’ultima trovata bizzarra delle brigate di cittadinanza e i passamontagna. Grillo ha letteralmente rubato la scena a Conte, relegandolo nelle retrovie e ridicolizzandolo a tratti, ma la Schlein, anziché prendere le distanze dagli eccessi del comico, ha preferito rilanciare l’ipotesi di un’alleanza Pd-5Stelle, fingendo di dimenticare che gran parte del suo partito non è disposta a quell’abbraccio, che reputa mortale, e medita scissioni e distacchi.
Quella che avrebbe dovuto essere una piazza per riunificare la sinistra è diventata la pietra tombale su ogni ipotesi di ricomposizione, resa ancor più problematica dalla morte di Berlusconi, che ha eliminato il vero e unico collante delle varie anime della sinistra negli ultimi anni: l’odio nei suoi confronti.
Ora che il nemico non c’è più e che bisogna individuarne un altro, Pd e 5 Stelle fanno fatica a costruire una proposta politica incisiva, dimostrando una profonda crisi d’identità dovuta al fatto che hanno anche perso il potere e lo stanno ulteriormente perdendo anche negli enti di sottogoverno e nell’alta burocrazia statale, che lentamente si sta riciclando con il centrodestra.
L’agonia della sinistra si è già tradotta in abbandoni e prese di distanza da parte di eletti in Parlamento o di esponenti storici. Uno dei casi più eclatanti è stato quello di Carlo Cottarelli, che si è addirittura dimesso da senatore ed è tornato a tempo pieno alle sue attività accademiche. Anche Andrea Marcucci si è allontanato dal partito e si è avvicinato al Terzo polo, scelta fatta in maniera ancora più netta dal senatore Enrico Borghi, approdato ai lidi renziani. Meno rumorosa ma ugualmente significativa la scelta di Caterina Chinnici, parlamentare europea dem eletta in Sicilia, che ha lasciato il partito e ha aderito a Forza Italia. Ultima in ordine di tempo la plateale dissociazione dalla linea Schlein da parte di Alessio D’Amato, candidato del centrosinistra alle ultime elezioni regionali nel Lazio, che si è dimesso dall’Assemblea nazionale e medita di aderire ad Azione di Carlo Calenda.
Ma anche chi rimane (per ora) nel Pd sgomita sempre più, chiedendo spazi e condivisione del programma, per evitare derive oltranziste e ideologiche. I sindaci, a cominciare da Matteo Ricci (Pesaro) e Francesco Decaro (Bari), che è anche Presidente Anci, mostrano crescente insofferenza in materia di riforma della giustizia perché il Pd, per non lasciare campo libero ai grillini sul terreno della difesa delle toghe, continua a dare un colpo al cerchio e uno alla botte, confermando di non avere una linea unitaria. Sull’abuso d’ufficio, poi, la frattura tra sindaci di sinistra e Schlein è profondissima perché i primi cittadini che guidano giunte a trazione dem in varie città d’Italia plaudono all’iniziativa del governo (riforma Nordio), infischiandosene delle esternazioni di Schlein e degli altri componenti della segreteria. C’è infine anche una questione di gruppi parlamentari, perché eventuali diaspore riguarderebbero soprattutto deputati e senatori sempre più abbagliati dalle sirene di un ipotetico nuovo centro in grado di saldare pezzi di Forza Italia, Terzo polo e moderati sparsi un po' ovunque.
Se dunque i grillini puntano tutto sul ritorno al qualunquismo e al populismo della prima ora, il Pd è dilaniato dalle divisioni interne e privo di una bussola. La Schlein rischia di trovarsi presto commissariata o comunque di rimanere alla guida di un partito fortemente indebolito.