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TERRORISMO

Morte di Al Baghdadi in un raid Usa. L'Isis è senza testa

ll capo dello Stato Islamico, il califfo Abu Bakr al-Baghdadi, sarebbe morto nel corso di un raid delle forze speciali americane effettuato all’una del mattino di domenica nel Nord della Siria. Secondo quanto riferito prima da fonti del Pentagono ai media Usa e poi dalle dichiarazioni del presidente Donald Trump, il capo dell’Isis si sarebbe fatto esplodere un giubbotto esplosivo per evitare la cattura. I dettagli di come gli americani siano arrivati al nascondiglio del Califfo sono ancora ignoti. Pare sia stato trovato grazie a due traditori, inclusa una moglie. Prudenza da parte delle altre nazioni coinvolte, specie della Turchia, vicinissima al rifugio. Mentre la Russia mette in dubbio che il raid sia mai avvenuto. Trump può vantare un successo strepitoso a un anno dalle prossime presidenziali, anche se lui stesso non si fa illusioni: la guerra con l'Isis continua.

Esteri 28_10_2019
Al Baghdadi

ll capo dello Stato Islamico, il califfo Abu Bakr al-Baghdadi, sarebbe morto nel corso di un raid delle forze speciali americane effettuato all’una del mattino di domenica nel Nord della Siria. Secondo quanto riferito prima da fonti del Pentagono ai media Usa e poi dalle dichiarazioni del presidente Donald Trump, il capo dell’Isis si sarebbe fatto esplodere un giubbotto esplosivo per evitare la cattura uccidendo nell’esplosione due donne (forse sue mogli) e 3 bambini.

Dopo una caccia durata anni durante la quale era stato per morto o ferito più volte da americani, russi e iracheni, al-Baghdadi sarebbe morto, finito "come un cane, come un codardo" come ha detto Trump inseguito dagli uomini dello Special Operation Command in un tunnel segreto, ultima ridotta del suo rifugio in un villaggio siriano della provincia di Idlib a 10 chilometri dal confine turco. "Un successo incredibile, una grande notte per gli Usa e per il mondo intero", ha esultato il presidente americano. Come fece Barack Obama otto anni or sono quando venne ucciso Osama bin Laden, anche Trump ha seguito dalla Situation Room il raid affidato alla Delta Force, a cui il presidente avrebbe dato il via libera una settimana fa dopo che da alcuni mesi il nascondiglio era stato individuato, a quanto pare grazie alle informazioni fornite da due traditori: secondo il New York Times una delle mogli di al-Baghdadi e un corriere del Califfo. Le informazioni raccolte dagli interrogatori dei due avrebbero permesso alla Cia di lavorare con l'intelligence iracheno e curdo per individuare l'esatta posizione di al-Baghdadi.

Un blitz durato circa due ore in cui “sono morte molte persone (anche il capo della sicurezza di al-Baghdadi, Ghazwan al-Rawi secondo quanto riferito da una fonte di sicurezza irachena citata da Sky News Arab) ma nessun militare americano è stato colpito (un cane delle forze speciali è rimasto ferito) benchè le truppe di Washington siano state accolte da una pioggia di proiettili” ha detto Trump. Al blitz hanno fatto seguito gli esami biometrici e del DNA di ciò che restava del cadavere dopo l’esplosione per avere la conferma che si trattasse proprio di al-Baghdadi.

Trump non si illude che la sua morte costituisca la fine dell’Isis o della minaccia jihadista: lo Stato Islamico rappresenterà una minaccia per Europa e Stati Uniti (ancor più accentuata per il rischio di vendette per la morte del Califfo) mentre sui campi di battaglia in Siria, Iraq, Afghanistan Sinai e Libia le milizie del Califfato continueranno a condurre imboscate e attacchi mordi e fuggi. Un rapporto dell’Onu dell’agosto scorso stima che vi siano ancora tra i 3 e 4 mila combattenti dell'Isis attivi in Libia, e tra i 20 e i 30 mila in Iraq e Siria. "Conosciamo già il successore di al Baghdadi, è nel mirino!" ha detto il presidente ringraziando Russia, Turchia, Siria, Iraq e i curdi siriani: "Tutto è stato possibile anche grazie a loro" ha aggiunto mentre a Washington monta la protesta del Congresso, che il presidente non ha ritenuto di informare “per evitare fughe di notizie”.

Non mancano gli aspetti poco chiari del blitz. Ankara non si è pronunciata sugli obiettivi di questa operazione né ha menzionato al-Baghdadi, ma è difficile credere che l’intelligence turco non sapesse che al-Baghdadi viveva a 10 chilometri dai suoi confini in una provincia siriana dominata dalle milizie filo-turche in cui in cui le truppe turche mantengono una dozzina di postazioni militari e una costante presenza dell’intelligence. Fonti irachene sottolineano il contributo dell’intelligence di Baghdad nel supporto informativo alla Cia che avrebbe preparato l’operazione delle forze speciali, decollate con 8 elicotteri dalla base aerea di Irbil, nel Kurdistan iracheno.

Mosca nega ogni coinvolgimento nel blitz americano e ne mette addirittura in dubbio l’esistenza. Il ministro della Difesa russo, attraverso il portavoce Igor Konashenkov, ha detto di non avere "informazioni attendibili sull'operazione per uccidere al-Baghdadi, condotta dall' esercito americano nella zona di de-escalation controllata dalla Turchia. L'aumento del numero di partecipanti diretti e di Paesi che presumibilmente hanno preso parte a questa operazione, ciascuno con dettagli completamente contrastanti, solleva legittimi quesiti e dubbi sulla sua stessa esistenza e successo", ha dichiarato il portavoce. Il generale russo ha in primo luogo osservato che "né sabato, né i giorni scorsi sulla zona di de-escalation di Idlib sono stati effettuati attacchi aerei degli Stati Uniti o della cosiddetta Coalizione internazionale da loro guidata. Non siamo a conoscenza di alcuna presunta assistenza al passaggio dell’aviazione americana nello spazio aereo della zona di de-escalation di Idlib, durante questa operazione". Inoltre, ha continuato Konashenkov, va dimostrata con "prove dirette" degli Stati Uniti e di altri partecipanti al raid la presenza del leader dell'Isis in un territorio controllato dal ramo siriano di al-Qaeda, fino a ieri nemico e principale rivale dell'Isis per il controllo della Siria.

Del resto non sono certo consueti i raid statunitensi in questa regione della Siria (a ovest dell’Eufrate) dove i jet di Damasco e Mosca hanno il dominio dell’aria, ma il 31 agosto scorso un’incursione aerea americana nella stessa provincia di Idlib aveva ucciso 40 miliziani qaedisti. Nell’incursione venne colpito un edificio dove era in corso una riunione di comandanti dei gruppi qaedisti Hurras ad Din (Guardiani della Fede) e Ansar at Tawhid (Seguaci dell’unificazione).  Già il 30 giugno di quest’anno, un altro raid statunitense nella stessa area aveva ucciso 8 miliziani qaedisti. Alla luce di quanto accaduto oggi non si può escludere che da mesi gli statunitensi cercassero di uccidere al-Baghdadi dopo averlo localizzato in quella provincia. Se in termini militari restano aperti molti dubbi, in termini politici Trump incassa (come fece Obama nel 2011 con l’uccisione di bin Laden) un grande successo nella lotta al terrorismo jihadista, un anno prima del voto con cui cercherà di ottenere un secondo mandato presidenziale.