Monte Sant'Onofrio, per ora niente culto pubblico
La Santa Sede conferma il "prae oculis habeatur" proposto dalla diocesi di Trivento circa i presunti fenomeni soprannaturali di Agnone e il movimento spirituale sorto attorno ad essi, evidenziando segni positivi e alcune criticità. Con uno spiraglio per un futuro "nihil obstat".

Agnone è nota da un millennio come città delle campane (vi ha sede infatti la Pontificia Fonderia Marinelli e il relativo Museo delle Campane), ma in anni più recenti è finita al centro dell'attenzione, anche della Santa Sede, per una serie di presunti fenomeni soprannaturali. A partire dal 2009 Michelino Marcovecchio sarebbe destinatario di apparizioni e messaggi della defunta suocera, Livia Casciano, e della Beata Vergine Maria, incentrati sul richiamo alla conversione e sulla preghiera per le anime del purgatorio. Luogo privilegiato del movimento spirituale sorto negli anni è il Monte Sant'Onofrio, dove la Vergine – in differenti apparizioni – avrebbe chiesto di costruire una Via Crucis e una “Casa di preghiera per la sofferenza delle anime del purgatorio”.
Con la lettera del 25 luglio 2025, a mons. Camillo Cibotti, vescovo di Trivento, intitolata La terra non è separata dal cielo, il Dicastero per la Dottrina della Fede conferma il giudizio di prae oculis habeatur proposto dalla diocesi. Giudizio che, nelle norme attualmente in vigore, è un gradino più sotto del nihil obstat (riconoscimento completo, pur senza pronunciarsi sulla soprannaturalità), e ne evidenzia i segni positivi accanto a possibili rischi ed elementi di confusione bisognosi di chiarimento. Nel caso in esame, relativo all'«esperienza spirituale del Monte Sant'Onofrio», il Dicastero afferma che «ci sono diversi aspetti positivi e segni di un’azione dello Spirito Santo in mezzo a questo presunto fenomeno soprannaturale», accanto ai quali però ci sono «due aspetti da considerare con particolare cura». Gli elementi critici consistono in una mancata osservanza (non da parte del presunto veggente, bensì di alcuni ecclesiastici) delle prescrizioni imposte dal precedente vescovo mons. Claudio Palumbo; e in possibili confusioni sulle relazioni tra vivi e defunti.
Primo aspetto positivo evidenziato dal Dicastero «è il modo delle manifestazioni, in quanto accadono all’improvviso, senza una causa precedente, una aspettativa, una richiesta», tanto più che la personalità del presunto veggente («una persona onesta, profondamente credente, sincera, e allo stesso tempo molto semplice») esclude una vicenda costruita.
Secondo aspetto positivo è il contenuto dei messaggi, con «un frequente appello allo Spirito Santo», l'esortazione alla «testimonianza di una vita piena di gioia, di forza e di serenità, che riesca a mostrare agli altri quanto bene ci fa Gesù Cristo», mediante il ricorso ai «mezzi fondamentali di santificazione – la Parola di Dio, l’Eucaristia, la Riconciliazione – che ci danno vita e gioia e ci preparano per la vita eterna», nonché compiendo «atti concreti di carità verso i sofferenti».
Quanto agli elementi critici, il Dicastero parla di «ferita nella comunione ecclesiale» circa la mancata osservanza delle prescrizioni diocesane, constatando però che «anche in altri fenomeni riconosciuti o tollerati dalla Chiesa non sono mancati processi di diffusione pubblica non sempre esplicitamente approvati» e che, in fondo, l'invito all'obbedienza si riscontra nei messaggi stessi. Infine circa la «possibile confusione "sulla natura delle relazioni tra le anime dei defunti" e la Chiesa che vive nella storia» (confusione ancora una volta non addebitata al presunto veggente) il Dicastero offre un chiarimento sintetico nella seconda parte della lettera, intitolata appunto La comunione tra la Chiesa pellegrina e i defunti. In particolare si sofferma sulla netta distinzione tra la preghiera cristiana per i defunti e altre forme di evocazione dei morti, esplicitamente condannate dalla Scrittura. Si ricorda inoltre che l'intercessione per i defunti si inserisce nel mistero della vittoria pasquale di Cristo e della comunione dei santi. E che la preghiera per i defunti non va confusa con quella rivolta ai santi.
Più che un giudizio definitivo quella del prae oculis habeatur è indicata come una tappa, legata inevitabilmente al superamento dei rilievi critici indicati («cioè il ristabilimento di una piena pace ecclesiale e una chiarificazione delle ambiguità presenti nei messaggi»), la cui eventuale maturazione lascia aperto uno spiraglio verso un giudizio totalmente positivo e «forse» – conclude la lettera del Dicastero al vescovo – «ci permetterà di avviarci in futuro a un “nulla osta”, se e quando Lei lo consideri opportuno».