CHIESA
Missionari, non operatori sociali
L'ideale missionario in Italia non è tramontato, ma tocca a noi missionari evitare di ridurre l'annuncio di Cristo a un impegno di carattere sociale.
Attualità
20_03_2012
Le buone notizie vanno date sempre, anche quando sembrano di scarso interesse. In Italia, come in tutte le Chiese in crisi di fede, c’è un calo sensibile dell’interesse per la missione alle genti. Siamo tutti giustamente preoccupati della decadenza della vita cristiana nella nostra Italia e nelle famiglie, molti dicono a noi missionari: “Perché portare Cristo ai non cristiani quando lo perdiamo qui in casa nostra?”.
Ecco la notizia che va contro corrente. Il primo Istituto missionario italiano, il Pime, è stato fondato a Saronno nel 1850 dal servo di Dio padre Angelo Ramazzotti, poi diventato vescovo di Pavia e patriarca di Venezia; ma nel 1851 l’Istituto (allora “Seminario lombardo per le missioni estere”) si era già trasferito a Milano. Però Saronno è rimasta la città delle nostre radici e ha dato all’Istituto numerosi missionari anche giovani.
Nel 1986 il Pime è tornato a Saronno in una casa offerta dal parroco, come comunità a servizio della parrocchia e per l’animazione missionaria, con due o tre missionari. Purtroppo, 25 anni dopo (nel 2011) si è deciso di ritirare i due missionari anziani e ammalati senza sostituirli per assoluta mancanza di personale! Pochi mesi fa sono andato col nostro superiore padre Bruno Piccolo a chiudere la casa, con molta sofferenza anche per le manifestazioni d’affetto di molte persone del quartiere. Oggi Saronno ha 40.000 abitanti e sei parrocchie, ma la grande cappella del Pime serviva bene un quartiere periferico.
Sabato 17 marzo scorso gli ”Amici del Pime di Saronno” mi hanno invitato per un pomeriggio di ritiro spirituale nella grande scuola delle suore Orsoline in centro città. Sono andato e pensavo di trovare 20-30 persone. Invece erano circa 130, anche con parecchi giovani e famiglie giovani. Il loro assistente spirituale padre Gianpiero Beretta ha celebrato la Via Crucis ricordando i martiri del Pime, poi ho tenuto una conferenza sul martirio nella Chiesa del nostro tempo e infine ho celebrato la S. Messa con un’omelia sull’impegno quaresimale di ciascun battezzato di aspirare alla conversione, che Giovanni Paolo II ha definito “il lento martirio di tutta la vita per essere sempre più simili a Cristo”.
Mi ha consolato sapere che questi Amici del Pime hanno un incontro formativo ogni mese, pregano per i missionari e le vocazioni, sostengono il seminario teologico dell’Istituto a Monza, mandano giovani a visitare le missioni, diffondono le riviste e sono in contatto con diversi missionari che aiutano nelle missioni e fanno circolare le loro lettere. Ho ringraziato il Signore di questa esperienza. In Italia, l’ideale missionario non è affatto tramontato. Siamo noi missionari che dobbiamo vivere e trasmettere questo ideale, proprio come strumento di rievangelizzazione del nostro popolo, perché “la missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola!” (Redemptoris Missio, 2). Se invece la nostra presenza nella Chiesa italiana appare come quella di operatori sociali, perdiamo la nostra identità di missionari che annunziano e testimoniano Cristo, non evangelizziamo.