Messico: condannato per un pronome dalla dittatura trans
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Rodrigo Iván Cortés, presidente del Fronte Nazionale della Famiglia, dovrà pagare una multa salata e scusarsi pubblicamente con i deputati transgender. Il motivo? Aver definito "uomo" l'on. Salma Luévano. Non è un caso isolato: è il Paese tirannico e anticattolico del presidente Obrador.
Rodrigo Iván Cortés, presidente del Fronte Nazionale della Famiglia (FNF) in Messico, è stato protagonista della nascita del primo intergruppo messicano per la vita e famiglia.
Ebbene l’unico vero leader sociale e popolare del Messico, capace di muovere milioni di persone e famiglie nel Paese con il sostegno di tutti i vescovi e la fiducia di tantissimi leader sociali ed imprenditoriali, Rodrigo Ivan Cortes, è stato condannato in primo grado a pagare una sanzione amministrativa, obbligato a cancellare i tweet, a presentare scuse pubbliche a deputali transgender messicani, solo per averli chiamato uomini ed aver usato pronomi maschili. Questo è il Messico tirannico voluto da Obrador e dal suo partito Morena, come avevamo scritto su La Bussola sin dalla sua elezione nel 2018, e in grave ritardo se ne sta accorgendo anche la Chiesa.
L’ on. Salma Luévano era salito persino sul podio della Camera dei Deputati, nel settembre 2022, per presentare le proprie proposte legislative pro LGBTI vestito da vescovo cattolico, aggiungendo alle proposte di marca illiberale anche un insulto e un'offesa alla maggioranza del popolo cattolico messicano. In quell’occasione il Cortés e il FNF avevano espresso su Twitter la preoccupazione che una proposta di legge presentata da Salma Luévano, costituiva una grave violazione dei diritti alla libertà di parola e alla libertà religiosa in Messico, in quanto si mirava a penalizzare diffusione dell'insegnamento cristiano (e biologico) sulla sessualità, come una forma di "discorso d'odio".
Luévano aveva denunciato Cortés, sostenendo che una serie di suoi post su Twitter e Facebook costituivano una violazione del diritto di essere «riconosciuta come donna» e una «negazione dell'identità». La Camera Regionale Specializzata del Tribunale Elettorale del Potere Giudiziario Federale del Messico aveva ritenuto, lo scorso febbraio , che i commenti di Rodrigo Cortes costituissero violenza politica di genere, oltre che violenza digitale, simbolica, psicologica e sessuale contro Luévano, e aveva condannato Cortes e la sua associazione a pagare congiuntamente una multa di oltre 23.000 pesos, suddivisi in 19.244 pesos per Cortés e 3.848 pesos per il FNF.
Era stata inoltre ordinata la pubblicazione di un estratto della sentenza sulle reti sociali in cui è stato commesso il reato, affinché oltre alla pena decisa dal Tribunale, gli utenti "imparassero" a comportarsi in modo adeguato verso le persone LGBTI e i loro volubili destini di genere sessuale. Il Tribunale aveva ritenuto che criticare una donna transgender costituisca «una minaccia ai diritti politici ed elettorali delle donne e all'esercizio libero delle loro funzioni pubbliche».
La sentenza del tribunale di primo grado era stata appellata da Cortés alla Camera Superiore del Tribunale Elettorale del Potere Giudiziario Federale (la più alta Corte del Paese per le questioni elettorali), che è il tribunale di ultima istanza in Messico per il caso di Cortés.
Come Rodrigo Cortés anche Gabriel Quadri, deputato federale del Messico, è stato accusato di "violenza politica di genere" per i suoi tweet sull'ideologia transgender e sull'equità per le donne. Quadri ha espresso preoccupazione per il fatto che uomini che si identificano come donne rivendicano posti riservati alle donne nel Congresso messicano. Sia il deputato Quadri che il presidente del Fronte della Famiglia Rodrigo Ivan Cortés hanno deciso, con il sostegno degli esperti giuristi di Alliance Defending Freedom International di presentare per il momento una petizione alla Commissione interamericana per i diritti umani per il diritto alla libertà di parola e così preparare il terreno per l’eventuale ricorso contro una sentenza del tribunale di secondo grado che confermasse la pena.
«La libertà di parola è fortemente minacciata in Messico in questo momento e ha raggiunto un punto di crisi con i tribunali che impongono severe sanzioni di censura per l'espressione pacifica di opinioni, come dimostrato da questo caso eclatante. Purtroppo, il caso di Cortés non è affatto un caso isolato… Cortés ha parlato, pacificamente, a sostegno di una verità evidente, e per questo è stato condannato come violento e sottoposto a pene onerose. La censura non è compatibile con una società libera», ha dichiarato nei giorni corsi Kristina Hjelkrem, consulente legale di ADF International che segue il caso.
Il Messico potrebbe essere dunque deferito alla Corte interamericana dei diritti umani (CIDH), se il Tribunale elettorale della magistratura federale (TEPJF) confermerà la sentenza contro il leader pro-famiglia Rodrigo Iván Cortés. La decisione era in agenda per mercoledì 3 maggio ma i magistrati hanno posticipato la riunione anche a seguito della notizia dell'incontro avvenuto il giorno precedente, il 2 maggio, sull’ «l'importanza delle azioni affermative per la popolazione #LGBTTTIQ+» tra Salma Luévano e uno dei giudici del Tribunale, Felipe Fuentes Barrera. Bella prova di trasparenza e obiettività della magistratura messicana! Sino a ieri, nessuna novità dal Messico e da Rodrigo Cortés, tuttavia con Obrador e il potere di Morena, si impone nel Paese il centralismo democratico sovietico, blasfemo e populista, con tutte le conseguenze nefaste del caso.