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I SIGNORI DELL'INFORMAZIONE

Mentana e soci controllano i fatti? No, censurano la verità

“La cancel culture non esiste”, dice chi la pratica, chiedendo il licenziamento di chiunque usi un linguaggio politicamente scorretto. Se ne parli, i fact checkers di Facebook ti censurano. Anche quando parli delle linee guida dell'Ue, quelle per cancellare il "buon Natale", che erano lì da vedere e che l'Ue stessa ha ritirato.

Editoriali 03_12_2021
un post rimosso da Facebook

“La cancel culture non esiste”, dice chi la pratica, chiedendo il licenziamento di chiunque si macchi dell’onta di aver usato un linguaggio politicamente scorretto. “La woke revolution è un’invenzione della destra”, dice chi plaude all’abbattimento delle statue negli Usa. “Il gender non esiste” hanno sempre sostenuto quegli stessi opinionisti che ora propongono addirittura l’abolizione dei sessi nel linguaggio. C’è una nuova strana mania nella cultura di sinistra: negare la propria esistenza. Non fa eccezione l’ultimo episodio che riguarda il politicamente corretto.

L’Unione Europea, come abbiamo scritto anche su queste colonne, aveva emesso delle linee guida sul linguaggio da utilizzare all’interno delle sue istituzioni. Si trattava di un linguaggio “inclusivo”, privo di ogni elemento cristiano e di ogni distinzione di genere. Non solo era omesso l’augurio di buon Natale, ma anche il riferimento a nomi considerati troppo cristiani, come Maria o Giuseppe. Come spiegava nella prefazione del manuale la Commissaria per l’uguaglianza Helena Dalli: «dobbiamo sempre offrire una comunicazione inclusiva, garantendo così che tutti siano apprezzati e riconosciuti in tutto il nostro materiale indipendentemente dal sesso, razza o origine etnica, religione o credo, disabilità, età o orientamento sessuale». In Italia, l’editore Francesco Giubilei (fondatore dell’associazione Nazione Futura) ha ottenuto il manuale e ne ha parlato, criticamente, su Il Giornale e il manualetto, una volta divenuto di pubblico dominio, ha fatto comprensibilmente scandalo. Anche in Commissione europea devono essersi resi conto di aver fatto il passo più lungo della gamba e le linee guida sono state ritirate.

Come in tutti i casi precedenti che riguardano la cultura del politicamente corretto, lo scandalo delle linee guida dell’Ue sul linguaggio inclusivo “non è mai esistito”. Il fatto stesso che il manuale sia stato ritirato è sintomo che la Commissione stessa lo ritenesse problematico. Ma dei censori erano già all’opera. Gli articoli di Giubilei de Il Giornale, così come altri articoli sull’argomento sono stati oscurati su Facebook, dopo un controllo di “fact checkers indipendenti”. Perché affermavano il falso? No, perché nessuno, neppure l’Ue, ha mai negato l’esistenza delle passate linee guida. Il motivo dell’oscuramento è: «Fact checker indipendenti hanno controllato le informazioni e dichiarato che erano prive di contesto e potevano fuorviare le persone».

Il ruolo del fact checker è sempre stato quello di controllare se l’affermazione di un politico, o la notizia di un giornale, è vera o falsa. Non è fact checking, ma è opinione (quindi soggettiva e opinabile), affermare che una notizia sia “fuori contesto”. Lasciamo decidere a un lettore, se è veramente fuori contesto. Lasciamolo decidere a un giornalista, a un direttore di testata. Ma oscurare una notizia perché è vera, ma inopportuna, è una forma di censura.

La sinistra culturale, come sempre, nega la sua stessa esistenza e nel farlo tira in ballo un classico del suo lessico: “il contesto”. Crimini ben più gravi sono stati giustificati, in passato, perché dovevano essere analizzati “nel loro contesto” e relativizzati (“nella misura in cui”, formula con cui si relativizza tutto). Il problema non è tanto la sinistra, che continua a fare il suo mestiere, ma il fatto che abbia il potere di censurare. Di dichiarare che una notizia è falsa e rimuoverla dalle pagine dei social network, con gran danno per editori e autori. Facebook ha assegnato alla sinistra culturale un potere enorme. Il potere di filtrare le notizie. I fact checker scelti da Facebook per l’Italia sono dichiaratamente giornalisti di sinistra, come i “debunker” di Open di Enrico Mentana. Perché un giornalista, che non sia d’accordo con la linea di Mentana, dovrebbe accettare di essere considerato uno spacciatore di bufale, anche se la sua notizia è vera, ma viene valutata (dagli uomini di Mentana e di Facebook) “fuori contesto”, o “fuorviante”?

Il problema è grave ed ha una causa politica. L’attuale lotta alle fake news inizia per motivi militari, durante la guerra in Ucraina nel 2014. Allora si trattava di contrastare la propaganda russa contro la Nato, una classica operazione di contro-disinformazione. La guerra è stata poi, però, esportata alla politica e sempre con lo stesso pretesto. Si è detto infatti che l'inaspettata vittoria della Brexit nel referendum del 2016 fosse causata solo dalla "propaganda russa". Poi si è detto lo stesso anche dell’imprevedibile vittoria di Donald Trump. La lotta alle fake news diventa massiccia e pervasiva negli anni successivi al 2016, proprio in un periodo in cui i quotidiani, a partire dalle grandi testate americane (come il New York Times) per motivi squisitamente politici, affermavano una nuova linea editoriale, in cui non si distingueva più tra fatti e opinioni.

La lotta alle fake news è apparsa sempre più (in questo contesto, come direbbe qualcuno di sinistra) come un modo per censurare le opinioni altrui e negare l'esistenza di fatti che disturbano la narrazione di sinistra. I sostenitori di questa prassi, anche fra i giornalisti italiani, ne danno ancora una giustificazione pseudo-militare: la necessità (a detta loro) di non scaldare gli animi, di non destabilizzare la pace sociale. Forse non si rendono conto che tutte le dittature giustificano la censura con gli stessi argomenti, a partire dalla Cina, con la sua ossessione per la “stabilità sociale” (chi diffonde notizie non autorizzate è accusato di reati simili al disturbo della quiete sociale). I casi più eclatanti sono avvenuti durante le elezioni presidenziali del 2020, quando i grandi social network hanno letteralmente cancellato lo scoop del New York Post sulle email del figlio di Joe Biden, un fatto su cui si è successivamente aperta un’inchiesta giudiziaria. Dunque era meritevole di notizia. Poi i social network hanno espulso direttamente Donald Trump, tagliando la testa al toro. E questo è solo uno dei tantissimi altri esempi. Se un fatto contraddice la narrazione della sinistra, molto semplicemente, “non esiste”. Se tu ne parli, stai divulgando fake news.