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Meloni in conferenza stampa: il pericolo non è Musk, è Soros

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La liberazione di Cecilia Sala al centro del consueto appuntamento di inizio anno con la stampa. E sulle presunte ingerenze del fondatore di SpaceX il premier risponde per le rime con una stoccata a ben altri poteri forti.

Politica 10_01_2025
Photo by Roberto Monaldo / LaPresse

Si potrebbe dire che Giorgia Meloni, non particolarmente incline a convocare conferenze stampa, ieri ha fatto una discreta figura nella conferenza stampa di inizio anno organizzata dall’Ordine nazionale dei giornalisti e dall’Associazione nazionale stampa parlamentare. Oltre quaranta domande selezionate sulla base del consueto sorteggio e che hanno spaziato dalla politica estera alla politica interna, dai migranti alle riforme, passando per gli attacchi a sua sorella e per le questioni sociali.

Le opposizioni, com’era prevedibile, l’hanno criticata, accusandola di essersi dimenticata degli italiani, delle liste d’attesa negli ospedali, dei salari bassi e di altre questioni che stanno molto a cuore alla sinistra, almeno a parole. Ma si tratta di critiche strumentali, perché la Meloni ha risposto a domande fatte da giornalisti di tutti gli orientamenti culturali e dunque avrebbero dovuto essere loro a incalzarla su quei temi. Lei si è limitata a rispondere alle domande che le sono state fatte, i temi li hanno scelti i giornalisti.
Proprio in apertura Meloni ha chiarito che il governo non intende imbavagliare la stampa ma solo attuare normative europee come quella sulla presunzione di innocenza (direttiva del 2016): «Il Parlamento – ha detto – ha delegato il governo ad approvare un decreto legislativo secondo cui non può essere pubblicata per intero o per estratto l'ordinanza di custodia cautelare in carcere (...) è comunque consentito al giornalista di avere l'ordinanza, semplicemente si chiede al giornalista di farne una sintesi. Cioè si può continuare assolutamente a dare notizia di fatti di cronaca rilevanti, semplicemente si chiede di non fare il copia e incolla delle ordinanze perché, come si sa, nelle ordinanze sono contenuti anche atti sensibili o stralci di intercettazione. Non c'è quindi, dal mio punto di vista, alcuna limitazione del diritto di informazione o del diritto di essere informati, ma penso anche che abbiate visto che nell'esercitare la delega il Governo non ha ritenuto di inasprire le pene per chi eventualmente dovesse violare queste prescrizioni».

Ma ovviamente la notizia di giornata, la liberazione di Cecilia Sala, non poteva non essere al centro del confronto con i giornalisti, che hanno chiesto chiarimenti su come siano andate le cose: «è stato un lavoro complesso di triangolazione diplomatica con l'Iran, ovviamente anche con gli Stati Uniti d'America.  – ha precisato il premier, specificando che «le interlocuzioni con l'Iran sono soprattutto di natura diplomatica e di intelligence» e quindi «il Governo è tenuto alla riservatezza che si deve a questi casi, salvo chiaramente riferire negli ambiti competenti. Il sottosegretario Mantovano è già stato al Copasir qualche giorno fa e chiaramente è pronto a tornarci nel caso in cui venisse richiesta un’ulteriore audizione», motivando tale attenzione con il fatto che «in Iran attualmente sono presenti oltre 500 italiani e quindi bisogna essere molto cauti nel muoversi».

«Credo sia stata una bella giornata per l’Italia intera, per il Sistema Italia, per le tante persone che ci hanno lavorato. È stata sicuramente una bella giornata per me», ha detto poi rispondendo a una domanda e confessando: «tra le molte cose che accadono quando si ricopre un incarico complesso come quello che ricopro io, posso dirvi che non ho provato un’emozione più grande in questi due anni di quella che ho provato quando ho potuto chiamare una madre per dirle che suo figlio o sua figlia stava rientrando a casa. È l’emozione che ho provato ieri e la voglio condividere con voi, anche ringraziando i tanti che hanno consentito che questo accadesse».

«Per quello che riguarda la vicenda del cittadino iraniano Abedini – ha aggiunto – il caso è al vaglio del ministero della Giustizia, chiaramente vaglio tecnico, vaglio politico, anche seguendo quello che c'è scritto nel Trattato di mutua cooperazione giudiziaria con gli Stati Uniti. È vicenda che ovviamente bisogna continuare a discutere anche con i nostri amici americani. Io avrei voluto parlarne anche con il Presidente Biden che doveva essere qui a Roma nella giornata di sabato (...) ma le interlocuzioni ovviamente che ci sono state finora, ci saranno comunque. E quindi il lavoro è ancora molto complesso, non è una cosa che è terminata ieri, ma penso che si debba discutere nei dettagli nelle sedi che sono competenti».

Tra le critiche più feroci che sono piovute addosso all’esecutivo negli ultimi giorni ci sono anche quelle riguardanti presunti accordi già firmati con Elon Musk per la fornitura di servizi satellitari, che però metterebbero a rischio la nostra sicurezza nazionale e in particolare la privacy sui nostri dati.
«Neanche io personalmente ho le idee chiare su questa vicenda», ha dichiarato Meloni, «si tratta di mettere in sicurezza alcune comunicazioni molto sensibili e molto delicate, parlando con un soggetto che è tecnologicamente il soggetto più avanzato per fare questo lavoro, perché non ci sono alternative e soprattutto (...) non ci sono alternative pubbliche». «L'Italia e l'Europa –cperché questo è un problema europeo - non sono arrivate in tempo a immaginare delle tecnologie pubbliche che fossero in grado di mettere in sicurezza queste comunicazioni (...) oggi ci si sta lavorando e quindi domani probabilmente ci saranno dei soggetti pubblici che saranno in grado di garantire la protezione di queste comunicazioni, ma oggi non ci sono». L'alternativa – ha continuato – «non è un soggetto pubblico, è non avere la protezione di questi dati» e «in un dibattito serio sarebbe il tema del quale dobbiamo discutere: qual è lo scenario preferibile tra due scenari che non sono chiaramente e sicuramente ottimali. Questo è il dibattito che secondo me va aperto e sul quale io sono laica. Però devo porre la questione, perché se domani quelle comunicazioni finiscono nelle mani sbagliate, il Governo ne è responsabile e quindi non posso fare finta che il problema non esista».

Poi ha difeso Musk (non è un «pericolo per la democrazia») e ha mandato una stoccata ad altri poteri forti: «Il problema sarebbe, ed è, quando delle persone facoltose utilizzano quelle risorse per finanziare in mezzo mondo partiti, associazioni, esponenti politici, per condizionare le scelte politiche degli Stati nazionali», citando esplicitamente George Soros. «Io non prendo soldi da Musk», ha aggiunto, «semmai li hanno presi da Soros», ribadendo: «questo pericolo per la democrazia non lo vedo».

E a chi le ha chiesto di commentare le scelte di Musk in relazione alla campagna elettorale in Germania, Meloni ha replicato: «Vorrei che mi ricordaste dell'ingerenza del Cancelliere tedesco nella campagna elettorale italiana». «Dobbiamo ricondurre – è la convinzione di Meloni – le cose nell'alveo nel quale si trovano. Elon Musk è una persona molto nota e molto facoltosa che esprime le sue posizioni. Di questo allo stato attuale noi stiamo parlando. Può piacere, non piacere, posso essere d'accordo, posso non essere d'accordo nel merito delle posizioni che esprime», ma «di persone note e facoltose che esprimono le loro opinioni, io ne ho viste parecchie, spesso le esprimono contro di me. Non mi ricordo che qualcuno si sia scandalizzato». Al contrario, «non mi risulta che Elon Musk finanzi in giro partiti, associazioni o esponenti politici. Questo lo fa, per esempio, George Soros. E sì, io la considero una pericolosa ingerenza negli affari degli Stati nazionali e nella sovranità degli Stati nazionali. Questa sì, però quando è accaduto mi si è parlato di filantropi. Allora il problema è che Elon Musk è influente e ricco o che Elon Musk non è di sinistra?».

Quanto alla politica interna, Meloni ha dichiarato che vorrebbe «arrivare alle prossime elezioni con la riforma del premierato approvata e questo comporta una legge elettorale chiaramente tarata sul premierato», ha ribadito l’importanza di fare la riforma della giustizia e quella dell’autonomia differenziata, ha confermato la contrarietà al terzo mandato per i presidenti di regione, ha escluso rimpasti di governo e alla domanda su una sua possibile ricandidatura nel 2027 ha detto: «Non lo so. Questo è un lavoro faticoso».

Il 20 gennaio andrà all'insediamento di Trump? «Mi fa piacere esserci, chiaramente lo sto valutando sulla compatibilità di agenda con le moltissime cose che dobbiamo fare, ma se riesco volentieri partecipo», ha chiosato.
Infine ha denunciato il «fango» politico sulla sorella Arianna, in mancanza di prove contro di lei e sul caso Santanchè si è limitata ad un enigmatico «vediamo che cosa deciderà la magistratura e poi ne parlerò ovviamente col Ministro Santanchè».



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