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POLEMICHE

Melloni arruola il Papa come leader dei progressisti

A corredo di due pagine del Corriere dedicate all'argomento, il capo della Scuola di Bologna attacca i cardinali che si oppongono alle posizioni di Kasper sulla comunione ai divorziati risposati, accusandoli di manovre contro il Papa, che invece aveva incoraggiato un ampio dibattito.

Ecclesia 18_09_2014
Alberto Melloni

La lettura dell’articolo di Alberto Melloni pubblicato ieri sul Corriere della Sera (clicca qui) è molto istruttiva. Il tema era la pubblicazione del libro “dei cinque cardinali”, come ormai viene chiamato anche se gli autori sono più di cinque e non sono solo cardinali: “Permanere nella verità di Cristo”. Si tratta di una presa di posizione argomentata dei fautori della linea contraria al cambiamento della dottrina e della prassi della Chiesa riguardo ai divorziati risposati. In poche parole di coloro che non sono d’accordo con la proposta Kasper. Il tema del libro è il matrimonio così come lo ha voluto Gesù Cristo e siccome Gesù Cristo lo ha voluto come sacramento il tema del libro è anche la sacramentalità dei sacramenti. Cosa non da poco.

Ma perché l’articolo di Melloni su questo libro è istruttivo? Lo si capirà da alcuni suoi passaggi che sono particolarmente critici.

Il libro in questione farebbe parte “di una manovra: mandare il Papa in minoranza al Sinodo e trattare così da posizione di forza le molte e decisive nomine in agenda”. Questa lettura non rende onore al valore dei cardinali in questione e degli altri autori del libro, che non possono essere ascritti a manovratori di bassa lega. Ma non rende nemmeno onore al Papa, che viene concepito come una delle parti in campo. Oppure come colui che alla fine dovrà tirare le somme e fare da moderatore. 

Ed in effetti, Melloni, nel suo articolo, accusando la controparte di voler manovrare il Papa, finisce per manovrarlo lui, appiattendolo a se stesso e alle proprie posizioni. È di grande interesse il paragone con Paolo VI. I cinque cardinali farebbero parte di un’ala conservatrice espressione della “affettuosa ostilità che circonda Santa Marta”, così come accadde ai tempi di Paolo VI. Anche allora c’era chi faceva nascere nel Papa una serie di “sospetti logoranti perché fermasse quei passi del Concilio che, pur nella loro timidezza, indicavano la via della collegialità e della comunione”.

Il paragone con Paolo VI è sorprendente. Alberto Melloni e la sua scuola sostengono che Paolo VI ha di fatto tradito il Concilio, bloccandone lo spirito che, secondo loro, era invece nelle attese di Giovanni XXIII. Per loro Paolo VI ha effettivamente “fermato quei passi”. Ed infatti, come si sa, il principio della collegialità fu precisato da Paolo VI e sottomesso al primato di Pietro mediante la Nota Explicativa Praevia alla Lumen Gentium. Questa Nota rappresenta per Melloni e la sua scuola un atto contrario allo spirito del Concilio. Fa sorridere, quindi, questa rivalutazione di Paolo VI dopo avergliene dette tante. Fa sorridere il suo ingaggio tra i progressisti dopo averlo tanto accusato di conservatorismo e mentalità retriva, anche perché il paragone con Papa Francesco colloca pure quest’ultimo in una fazione della Chiesa, quella, appunto, progressista.

Se Papa Francesco ha auspicato il dibattito più largo possibile in vista del Sinodo, perché il libro “dei cinque cardinali” viene considerato da Melloni non un contributo al dibattito come richiesto dal Papa ma un attacco verso di lui? Perché non un aiuto al Papa, nello stile della collegialità, ma un atto di “affettuosa ostilità”? Si può sostenere questa valutazione solo collocando il Papa tra i contendenti, rendendolo il capo di una delle forze in campo. Un capo che, sostiene Melloni, è stato anche tanto ingenuo da dimenticare di essere capo fazione e di nominare i sinodali in modo equilibrato riservando la metà dei posti “ai suoi avversari”. 

Il fatto si spiega osservando che per Alberto Melloni Papa Francesco sta dalla sua parte, dalla parte di Melloni, dico. E la parte di Melloni - lo si sa almeno da quando pubblicò il libro “Il Vangelo basta” - sostiene che tutto deve essere valutato alla luce del Vangelo. Ma perché, allora, criticare i libro “dei cinque cardinali” i quali propongono proprio di “Permanere nella verità di Cristo” ossia nel Vangelo? E perché vedere questo loro apporto come un desiderio di porre il Papa sotto tutela “come se su questo Papa Francesco avesse bisogno di sorveglianti”? Contro Benedetto XVI Melloni diceva appunto della centralità del Vangelo ma non si era mai posto il problema di porre Papa Benedetto sotto tutela. 

Si capisce allora perché la lettura di questo articolo è interessante. La parte che fa capo a Melloni intende il prossimo Sinodo come aveva inteso il Concilio: come una occasione per compiere dei passi in avanti nella revisione della dottrina. Questa, però, si può cambiare cambiandola direttamente oppure indirettamente cambiando la pastorale. Siccome nessuno osa dire che bisogna cambiare la dottrina, si preferisce battere la seconda via.

Ed è qui che interviene il libro “dei cinque cardinali”, il quale non si limita a ribadire la dottrina – questo lo aveva fatto anche il cardinale Kasper – ma dice di no ad ogni tentativo di cambiare la dottrina tramite l’invenzione di nuovi atteggiamenti pastorali. Non solo no a cambiamenti dottrinali ma anche no a nuove prassi. Quello che la parte di Melloni ha fatto con Giovanni XXIII lo vuol ripetere con Papa Francesco. I cinque cardinali permettendo.