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TRA ARABIA E VATICANO

Melania e Ivanka, semplicemente se stesse

La moglie e la figlia del Presidente Trump, in viaggio per conto e in nome degli Stati Uniti, in Arabia Saudita e in Vaticano sono state se stesse: senza velo e con il velo, persone appartenenti a una civiltà alla quale regole, istituzioni, cultura e società arabo islamiche sono estranee e che nel Papa riconoscono un’autorità suprema. 

Esteri 25_05_2017

Bellissime, eleganti, sobrie nello stile, nella scelta dei gioielli. Così si sono viste in questi giorni al fianco del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, Melania, sua moglie, e Ivanka, la sua secondogenita; e, per chi non lo avesse notato, entrambe a capo scoperto, durante il soggiorno in Arabia Saudita, velate e in nero invece in Vaticano, in visita al Papa, secondo un protocollo pealtro ormai non da tutti rispettato. Agnese Renzi, ad esempio, insieme al marito Matteo allora Primo ministro italiano, in Vaticano si era presentata a capo scoperto. 

Nessuno l’aveva messa alla porta (almeno era vestita di ero e a braccia coperte), così come nessuno ha fermato Melania e Ivanka Trump a Riyad. Molte donne straniere prima di loro sono andate in Arabia Saudita a capo scoperto e non è successo niente. Non è come in Iran dove alle donne in visita tuttora è richiesto di indossare l’hijab, il velo islamico in una qualunque delle sue interpretazioni: per una straniera, anche solo una sciarpa sui capelli. Se l’era messo persino Oriana Fallaci nel 1979, sei mesi dopo la rivoluzione, pur di riuscire a intervistare l’ayatollah Khomeini nella città santa di Qum, per poi toglierselo con un gesto clamoroso che tuttavia Khomeini aveva incassato senza neanche punirla interrompendo l’intervista: forse troppo allibito per reagire. 

Il fatto merita di essere ricordato. A un certo punto dell’intervista, Oriana Fallaci interroga Khomeini sul velo e su ciò che rappresenta e implica: segregazione, la proibizione di studiare, di lavorare con degli uomini, andare al mare… “Questo non è affar suo – aveva risposto l’ayatollah – le nostre usanze non la riguardano. Se gli abiti islamici non le piacciono, non è obbligata a indossarli perché gli abiti islamici sono fatti per giovani donne, buone e corrette”. “Lei è molto gentile, Imam – aveva risposto Oriana – e visto che dice così, ecco, adesso mi tolgo di dosso questo stupido straccio medioevale”. E così aveva fatto. 

37 anni dopo, nel 2016, il governo italiano, per riguardo al presidente iraniano Hassan Rohani e al suo seguito in visita a Roma, ha fatto coprire le statue di nudi dei Musei Capitolini: come “forma di rispetto alla cultura e alla sensibilità” dell’ospite. Se qualcuno avesse letto anche solo l’intervista di Oriana Fallaci, avrebbe saputo che segregazione e velo riguardano le donne in carne ed ossa che l’islam vuole lontane dagli occhi degli uomini affinché non costituiscano motivo di distrazione e di corruzione. Quanto alle rappresentazioni della figura umana, quelle comunque sono proibite, nude o vestite: una prescrizione per la verità molto trasgredita. 

Tornando a Melania e Ivanka Trump, un incidente diplomatico tremendo sarebbe scoppiato se avessero mostrato una croce: qualsiasi cosa a forma di croce o che la raffiguri. I luoghi sacri del’Islam, i suoi santuari, sono in Arabia Saudita, niente croci sul suo suolo e nei suoi cieli. Tuttavia chi scrive, ad esempio, per sbadataggine, si è presentata alcuni anni or sono alla Farnesina a un incontro con oltre 50 uomini d’affari sauditi portando al collo una croce lunga cinque centimetri, fatta di pietre preziose birmane e nessuno dei presenti al vederla ha lasciato la sala offeso.  

Ormai indossare il velo, in fin dei conti persino in Iran, non è una sfida, non una provocazione (caso mai indossarlo in Vaticano) né una prova di forza. Piuttosto intende essere una dimostrazione di disponibilità, di volontà di dialogo, a tutto beneficio di un pubblico occidentale imbevuto di relativismo culturale e di avversione all’Occidente. Invece agli occhi del mondo arabo islamico, in effetti di tutto il resto del mondo, appare come una resa, un segno di debolezza e, quel che in effetti è, di un’identità incerta o perduta, di un senso di appartenenza debole o assente. 

La moglie e la figlia del Presidente Trump, in viaggio per conto e in nome degli Stati Uniti, in Arabia Saudita e in Vaticano sono state se stesse: senza velo e con il velo, persone appartenenti a una civiltà alla quale regole, istituzioni, cultura e società arabo islamiche sono estranee e che nel Papa riconoscono un’autorità suprema. Tanto è vero che Melania Trump, che è cattolica, ha evidentemente sfidato i divieti sauditi portando con sé addirittura un rosario, nascosto da qualche parte nell’Air Force One. Infatti durante l’incontro in Vaticano lo aveva con sé e ha chiesto al Papa di benedirlo. Poi Francesco le ha domandato se a suo marito dà da mangiare la potica, un dolce sloveno, e lei ridendo ha risposto di si. 

Forse è stato l’unico momento allegro, disteso dell’incontro. Tutto il mondo ha visto e commenta in queste ore la testa china, il volto accigliato del Papa, dalla Reuters alla Bbc, che così commenta: “Papa Francesco con a mala pena un accenno di sorriso, il Presidente Trump smagliante, come se uno dei due si stesse presentando a un colloquio di lavoro”.