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F35

Matteo Renzi gioca duro in Difesa

Il governo Renzi mantiene la promessa di tagliare il numero di F35 da acquistare, per risparmiare sul bilancio della Difesa. Scelta saggia. Ma non è comunque facile. Il Quirinale potrebbe opporsi, a nome degli interessi americani.

Economia 18_03_2014
Un modellino di F35

Matteo Renzi gioco duro in Difesa. Il Presidente del Consiglio ha infatti dato pieno appoggio alle affermazioni di Roberta Pinotti, il ministro della Difesa che aveva detto esplicitamente che i tagli alla spesa militare potranno essere ottenuti anche con la riduzione del programma F35.

"Il ministro Pinotti ha ragione a dire che risparmieremo molti soldi dalla Difesa: tre miliardi di euro, non tutti dagli F35, ma dal recupero delle caserme e dalla riorganizzazione delle strutture militari” ha detto i premier al Tg5. Renzi in passato aveva definito “soldi buttati” l’acquisto del velivolo statunitense proponendone il dimezzamento da 90 a 45 esemplari, ipotesi ribadita anche nel febbraio scorso da un documento dei deputati del PD alla Commissione Difesa della Camera che chiedevano inoltre il completamento del programma del jet europeo Eurofighter Typhoon tagliato di 25 esemplari (da 121 a 96) in favore dell’aereo americano.

Il taglio al programma più costoso della storia (per l’Italia 14,3 miliardi di euro) dovrebbe rappresentare la principale risorsa alla quale attingere per risparmiare 3 miliardi in tre anni soprattutto perché la vendita delle 385 caserme e basi messe sul mercato non è detto che abbia successo o che garantisca le entrate auspicate. Anche le riduzioni del personale militare (30mila unità) e di quello civile della Difesa (10mila) entro il 2024 non consente per ora grandi risparmi considerando che in pensionamenti sono lenti e il calo degli organici si ottiene soprattutto con la forte riduzione dei nuovi arruolamenti. Un escamotage che sta facendo invecchiare drammaticamente le forze armate che presto avranno reggimenti di fanteria composti in media da 45enni difficilmente impiegabili in prima linea.

Riducendo gli F35  si otterrebbe invece di sospendere per alcuni anni l’acquisto dei velivoli di pre-serie, i più costosi perché il jet americano non è stato ancora completato, ha moltissimi problemi tecnici irrisolti e per questo non è possibile conoscerne oggi il costo reale. Per l’acquisto di questi velivoli sono previsti stanziamenti di 500/600 milioni di euro annui: basterebbe sospendere ogni acquisizione per i prossimi tre anni per risparmiare circa la metà della cifra che il governo vuole recuperare dalle spese militari.

Il taglio degli F35 ridurrebbe le contropartite industriali promesse da Lockheed Martin all’industria italiana, peraltro già fortemente limitate dal taglio della commessa olandesi da 85 a 37 aerei. Esemplari da assemblati nello stabilimento realizzato a Cameri realizzato al costo di oltre 800 milioni di euro pagati dal contribuente italiano e che lavorerà comunque in perdita. Il dimezzamento degli F35 soddisferà in ogni caso l’esigenza della Marina che non può fare meno della versione B del velivolo, a decollo corto e atterraggio verticale, unico aereo imbarcabile sulla portaerei Cavour. L’Aeronautica potrebbe comunque disporre di una trentina di velivoli sufficienti a equipaggiare 2 Gruppi e consentire quella piena integrazione con dispositivi aerei statunitensi che costituisce una priorità per l’arma azzurra.

Nonostante i chiari intendimenti del governo il ridimensionamento del programma F35 non può venire dato per scontato. L’aereo americano è un “dogma” non solo per i pacifisti che lo contestano ma anche per il partito trasversale che lo sostiene. Inevitabili le pressioni di Washington che punta a diffondere il suo velivolo presso il maggior numero di forze aeree alleate anche per condividerne i costi. Da non escludere poi un pronunciamento a difesa del programma da parte del Quirinale che ha indetto per oggi il Consiglio Supremo di Difesa e potrebbe censurare i tagli del governo come aveva contestato “l’intrusione” del Parlamento sulle decisioni di acquisto dei sistemi d’arma. Coinvolgimento parlamentare che invece proprio il ministro Pinotti ha voluto enfatizzare sottolineando che anche programmi diversi dall’F35 potranno subire ridimensionamenti e tra questi vi sono probabilmente forniture di elicotteri da diluire nel tempo e il ridimensionamento del programma di digitalizzazione dell’Esercito noto come Forza Nec da 20 miliardi di euro in 25 anni.

Il neo ministro, che da dieci anni si occupa di Difesa tra attività nelle commissioni di Senato e Camera e più recentemente come sottosegretario, ha dichiarato che in pochi mesi dovrà essere elaborato un Libro Bianco che definisca i compiti richiesti allo strumento militare e i mezzi (e i finanziamenti) necessari a far fronte agli impegni. Un documento programmatico che l’Italia non ha mai avuto e che risulta oggi quanto mai necessario a fronte di un bilancio della Difesa sempre più ridotto che rischia di portare alla paralisi le forze armate consentendo magari l’acquisto di mezzi moderni (anche grazie ai fondi ad hoc del Ministero dello Sviluppo economico, quest’anno 2.6 miliardi) ma non gli stanziamenti necessari alla manutenzione e all’addestramento del personale.

''Tutto possiamo permetterci tranne di mantenere forze armate di facciata, per onore di bandiera, da esibire in parate'' ha detto la Pinotti esponendo al Senato le linee programmatiche del dicastero.