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MAFIA

Matteo Messina Denaro: dietro l'arresto, molti misteri

L'arresto del boss della Mafia superlatitante Matteo Messina Denaro, in cura in clinica a Palermo, è una grande vittoria dello Stato a trent'anni esatti dall'arresto di Riina. Ma senza nulla togliere al giubilo, restano tanti dubbi irrisolti. Salvatore Baiardo parlava di operazione concordata? Piantedosi sapeva? La clinica di Palermo non sapeva?

Attualità 17_01_2023
Matteo Messina Denaro, identikit

E’ comprensibile che gli italiani festeggino per un boss mafioso catturato dopo trent’anni. Le manifestazioni di giubilo che hanno dominato la giornata di ieri, subito dopo l’annuncio della fine della latitanza di Matteo Messina Denaro, sono la risposta di un Paese che accarezza il sogno del trionfo della legalità sulla mafia.

Il capomafia è stato arrestato ieri dai carabinieri del Ros. Si trovava a Palermo, dove era in cura per un tumore presso una clinica privata, con un’identità falsa (Bonafede). In manette è finito anche un suo favoreggiatore. L'inchiesta che ha portato alla cattura del capomafia di Castelvetrano, cuore della provincia di Trapani, è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido. Matteo Messina Denaro è l'ultimo stragista responsabile delle stragi del 1992 e del 1993. Giorgia Meloni è arrivata addirittura a dire che la data di ieri va segnata sul calendario e che il 16 gennaio dev’essere, d’ora in poi, la Giornata della lotta alla mafia.

Indubbiamente un colpo a effetto, ma gli interrogativi non sono pochi e, al netto di una comprensibile soddisfazione per l’accaduto, rimangono molte ombre sulla cattura in sé del padrino. Molti media ricordano che Salvatore Baiardo, l’uomo che gestì la latitanza dei fratelli Graviano, aveva rilasciato un’intervista, mesi fa, a Massimo Giletti su La7, rivelando che Matteo Messina Denaro era “gravemente malato” e presto si sarebbe fatto catturare. Coincidenze? In realtà il discorso di Baiardo, gelataio piemontese 65enne, era molto più articolato e partiva dall’ergastolo ostativo, conosciuto anche come “fine pena mai”, perché consiste nell’impossibilità per i detenuti di accedere alla liberazione condizionale, ai lavori esterni, alla semilibertà e ai permessi premio. Ecco la frase chiave, che certamente fa molto riflettere: «Chissà che al nuovo governo non arrivi un regalino... che un Matteo Messina Denaro, che presumiamo sia molto malato, faccia una trattativa lui stesso di consegnarsi per un arresto clamoroso? Così arrestando lui, possa uscire qualcuno che ha ergastolo ostativo senza che si faccia troppo clamore?», aveva detto, aggiungendo anche che «tutto potrebbe già essere programmato da tempo».

Secondo indizio. Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, una settimana fa ad Agrigento durante un vertice sull’immigrazione, si era lasciato scappare una frase che suona come stranamente profetica: «Mi auguro di essere il ministro che arresterà Messina Denaro». Forse sapeva già qualcosa che non poteva dire? Poi ci sono altri dubbi che riguardano il fatto che per trent’anni Denaro sia rimasto nella sua Sicilia e sia comunque riuscito a sfuggire ai radar delle forze dell’ordine. D’altronde ci sono anche illustri precedenti: Totò Riina in fuga per 23 anni e Bernardo Provenzano per 38. Guarda caso ora che il tumore all’intestino lo rende nei fatti pressochè innocuo viene catturato. Ma quanti continuatori della sua opera mafiosa sono ancora a piede libero e continuano a portare avanti, con una strategia più latente e meno eclatante, i disegni mafiosi di occupazione mafiosa dell’economia e dei territori?

E i titolari della clinica dove Denaro si curava erano davvero all’oscuro? Non sospettavano? Si fidavano della sua falsa identità? «L'inchiesta - rivela Dagospia - è stata coordinata dalla Procura di Palermo, dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido, i quali potrebbero aver ricevuto l'sms dalla clinica privata dove era sottoposto a terapie, sotto gli ordini di Messina Denaro. Testo del messaggio: accorrete che ho bisogno di voi. Gli accertamenti oncologici sarebbero una farsa: Messina Denaro non aspettava altro che questo momento per farsi catturare e così liberarsi dal tumore con l'aiuto dello Stato. [...]».

Questo arresto potrebbe essere stato davvero l’aiutino al Governo Meloni preannunciato da Baiardo a Giletti? Chissà. Certo è che molte cose non tornano e che questo successo dello Stato nella lotta alla mafia, uno dei più significativi, arriva in piena bufera per le polemiche sulla legge Cartabia, che potrebbe essere a breve modificata, su iniziativa del nuovo ministro della giustizia, Carlo Nordio, proprio perché rischierebbe di non far perseguire reati importanti, per i quali diventa ora indispensabile la querela di parte. Praticamente, se la vittima non denuncia, non si può più procedere. L’esempio di cronaca arriva da Palermo dove, tre giorni fa, la stessa procura è stata costretta a chiedere la scarcerazione di tre imputati di lesioni – aggravate dal metodo mafioso – per mancanza di querela. Le vittime, interpellate dal giudice, si sono infatti rifiutate di querelare gli autori del pestaggio, forse perché minacciate o intimidite. Il rischio che i malavitosi uscissero dal carcere, inviando un chiaro messaggio di impunità, è stato evitato solo grazie alla detenzione per altri reati.

In una delicata fase per il mondo della giustizia, la cattura di Denaro rappresenta un trofeo per i difensori della legalità. Ciò non toglie che non si possa e non si debba ragionare su quanto questa notizia possa in realtà servire a far passare sotto silenzio eventuali cedimenti dello Stato su altri fronti. Sarebbe bello scoprire che quelle di Baiardo in realtà erano solo farneticazioni.