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IL DISCORSO DI FINE ANNO

Mattarella scorda la famiglia. Putin e il Re, no

Nel discorso di fine anno il capo dello Stato ha parlato di tutti i mali del Paese, ma ha tralasciato l'unico fattore in grado di curarli: la famiglia. Che distanza abissale con i discorsi al Paese di Putin e del Re Felipe di Spagna, che invece hanno messo la famiglia al primo posto per la ricostruzione demografica, morale e sociale dei rispettivi Paesi. 

Editoriali 02_01_2017
Sergio Mattarella

Nelle 8 cartelle lette dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella c’era davvero di tutto: dall’emergenza lavoro, agli italiani esemplari come Bebe Vio, dall’incubo terrorismo allo scontro politico che si trasforma in odio. Il discorso di fine anno di Mattarella è sembrato un compitino un po’ adusato, un cahiers des doleances dei mali italiani che Checco Zalone avrebbe potuto descrivere sicuramente con più realismo e strappando magari qualche sorriso.

Tra i detto e i non detto però c’è un fattore che è stato completamente tralasciato dal Capo dello Stato. Ed è il fattore Famiglia. Nessun accenno dall’inquilino del Quirinale al collante fondamentale che ha tenuto uniti gli italiani durante la seconda guerra mondiale favorendo la ricostruzione del Paese. Un collante che in questi anni l’Italia politica ha lentamente sfilacciato e reso senza forze. Non è un caso che il 2016 che si è appena chiuso sia stato l’anno in cui la famiglia fondata sul matrimonio sia stata picconata mortalmente con l’approvazione delle Unioni Civili attraverso la cosiddetta legge Cirinnà. Ingenuo aspettarsi dunque da Mattarella, che è stato eletto da una maggioranza che sostiene lo stesso governo che le ha portate in dote al popolo italiano, parole in controtendenza.

Si dirà che sono discorsi da accademia e paludati in attesa di stappare la bottiglia dello spumante. Eppure qualche altro capo d Stato non la pensa così. Sentite che cosa ha detto il presidente russo Vladimir Putin in occasione del discorso alla nazione in occasione del Natale: “La ricchezza fondamentale della Russia è il capitale umano. Per questo i nostri sforzi sono indirizzati al sostegno dei valori tradizionali e della famiglia, ai programmi demografici, al miglioramento della situazione ambientale e della salute pubblica e allo sviluppo dell'istruzione e della cultura. La crescita naturale della popolazione continua. Nel 2013 il coefficiente di natalità in Russia è stato l'1,7, cioè più alto che nella maggior parte dei Paesi europei. Nel 2015 il nostro coefficiente di natalità sarà ancora superiore: all'1,78”.

Nelle parole dello zar c’è la presa di coscienza drammatica dell’urgenza di politiche demografiche che possono essere messe in opera solo se la famiglia fondata sul matrimonio viene valorizzata. E non è un caso che appena prima Putin abbia accennato ai 100 anni dalla Rivoluzione d’Ottobre per “imparare dagli errori del passato”. Proprio quella Rivoluzione infatti, parafrasando le parole della Madonna di Fatima, ha sparso i suoi errori in tutto il mondo. Primo fra tutti, appunto, la distruzione sistematica della famiglia, attraverso politiche, scelte e stili di vita e altri mali del mondo moderno.

Putin ha riconosciuto che la famiglia è un cemento indispensabile per il capitale umano della Russia. Ma non è il solo. Anche il re di Spagna Felipe, durante il medesimo discorso rivolto al Paese, ha avuto per la famiglia accenni importanti, in una terra come la Spagna dove la scristianizzazione e la distruzione della famiglia hanno coinciso con una serie impressionante di leggi che l’hanno fortemente indebolita.

Felipe ha riconosciuto “il valore che ha nella nostra società la famiglia, che ha permesso a molti di superare i peggiori momenti”. Il re si riferiva alla lancinante crisi economica che il Paese ha attraversato negli ultimi dieci anni e che l’ha portata ad essere uno dei paesi a maggiore tasso di disoccupazione. Eppure ha detto di aver conosciuto lavoratori e professionisti, uomini e donne che con il loro sforzo durante questi lunghi e difficili anni, senza cedere né rassegnarsi hanno sostenuto con grande dignità e coraggio la loro famiglia”.

Si potrebbe rimproverare a Felipe che la Spagna a cui parla è la stessa che dal governo Zapatero in poi ha esportato un modello sociale antagonista a quello che vede nella famiglia la cellula della società. Però è anche vero che il messaggio di un capo d Stato non è un programma politico, ma dovrebbe essere uno sguardo con profondità e disincanto sulle urgenze e le prospettive del Paese. In Spagna le sue parole potrebbero dare forza a costruire un progetto politico che si basi davvero sulla famiglia come prisma in cui si riflettono tutti i bisogni di uno Stato.

In Italia invece siamo ancora all’anno zero. E di famiglia dunque diventa superfluo parlare. Il Capo dello Stato mostra così di non essere minimamente toccato dalla vera emergenza del Paese che è quella del suo capitale umano, un Paese nel quale oggi vengono propagandanti dalla tv di Stato forme di unione che non portano nessun frutto economico o sociale al Paese. Ma Mattarella è un prodotto, da un certo punto di vista, del suo tempo.

Un frutto di quel cristianesimo sociale che, abbandonato ogni riferimento al Magistero perenne della Chiesa, ha inventato una dottrina sociale a uso e consumo del "Principe", sposando idee e filosofie di altre forme politiche, prima quella marxista, per abbracciare un potere che ancora oggi detiene con la presenza di governi ed esponenti nei posti chiave orientati a quella visione di impegno cristiano nella società. Un impegno che oggi si mostra fragile e non pienamente rispondente ai bisogni del Paese. Quasi sterile, a patto che non serva la mera ambizione personale di potere di qualche fortunato cattolico adulto, che ormai costantemente fa capolino al governo del Paese, portando acqua ai valori del laicismo politico e rendendosi di fatto complice quando non autore, di leggi profondamente in contrasto con la Dottrina sociale della Chiesa.