Mattarella pensa già al dopo referendum
Il ruolo del Presidente della Repubblica nel braccio di ferro tra Renzi e i "ribelli". C'è chi ha voluto leggere nelle parole di Mattarella sul ruolo di tutti gli organismi dello Stato una tirata d'orecchie a Renzi. Ormai si guarda al 5 dicembre, quando, se dovesse vincere il No, sarebbero ai nastri di partenza Grasso o Franceschini.
Mentre i fronti del "si" e del "no" alla riforma costituzionale continuano a far salire la temperatura dello scontro, nei giorni scorsi il Presidente della Repubblica ha deciso di dire la sua. Non e' stata un'esternazione estemporanea o sollecitata dai giornalisti, bensì una sortita meditata e ponderata com'è nello stile accorto e compassato dell'inquilino del Quirinale.
Mattarella con la sua innata lungimiranza guarda già al dopo-referendum e si chiede dove possa andare a finire il braccio di ferro tra le due fazioni in lotta, considerato che già oggi, a circa 50 giorni dal voto, i toni sono così aspri. Uno degli esponenti di punta del fronte del "no", il redivivo Massimo D'Alema, ha perfino denunciato un clima intimidatorio, contribuendo con queste sue parole a esacerbare gli animi.
«E' necessario, nell’avvicinarsi al giorno del referendum, e sarà necessario, dopo il suo risultato, il contributo di tutti, sereno e vicendevolmente rispettoso. Rispettando anzitutto l’esercizio del voto degli elettori e il loro libero convincimento». Questo il messaggio del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che, intervenendo a Bari all'Assemblea dell'Anci,ha aggiunto: «Confido di avere in voi gli alleati per migliorare la cooperazione tra le istituzioni democratiche e i poteri dello Stato. Tutte le istituzioni sono chiamate ad aver cura della Repubblica coltivando naturalmente gli spazi del libero confronto e della competizione tra intenti diversi, ma comunque avendo sempre a mente il bene comune. Questo obiettivo va preservato anche in occasione del prossimo referendum sulle modifiche alla seconda parte della Costituzione».
Più di qualche analista politico si è chiesto il significato delle parole del Capo dello Stato, che ha tenuto insieme l’attualità del referendum costituzionale con il ruolo di tutti gli organismi dello Stato, fino agli enti locali. «Interesse comune – ha spiegato il Presidente della Repubblica – è la Costituzione stessa, così come sarà sancita dalla volontà del popolo sovrano». Chiaro il monito ad abbassare i toni e a prepararsi a qualunque esito, guardando al di là delle convenienze e dei tatticisimi.
Qualcuno ha voluto leggere nelle parole di Mattarella una tirata d'orecchie al premier, che starebbe usando toni apocalittici e ultimativi, facendo dipendere le sorti della legislatura dal risultato del voto del 4 dicembre. Peraltro Renzi nelle ultime settimane sta intervenendo assiduamente in quei talk show che lui stesso aveva criticato mesi fa auspicandone il ridimensionamento, quando non la chiusura.
E sta utilizzando con disinvoltura e spregiudicatezza gli spazi dell'informazione istituzionale, non solo per raccontare legittimamente ciò che fa il governo, ma soprattutto per esortare gli italiani a votare la riforma Boschi. Questo atteggiamento del premier sta falsando in parte la competizione perché agli spazi del fronte del "si" e del fronte del "no" si affiancano di fatto innumerevoli spazi informativi e di propaganda formalmente destinati alla comunicazione istituzionale ma in realta' occupati dalle forze governative per finalità propagandistiche.
E' una grave distorsione sulla quale l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, tanto per rimanere in tema di arbitri, dovrebbe in qualche modo porre rimedio. Ma, tornando al Capo dello Stato, va detto che, con una neutralità in linea col suo ruolo di garante super partes che si è assegnato, Mattarella sta puntando a creare un clima favorevole alla governabilità a prescindere dall'esito del voto, poiché lui ormai guarda al dopo 4 dicembre. Ed è preoccupato di ritrovare un'Italia lacerata da mesi di rissa e da un confronto avvelenato.
Se vincessero i "si'", il rischio sarebbe quello di un Renzi ringalluzzito e intenzionato a chiedergli lo scioglimento anticipato delle Camere, considerato che il Senato a quel punto sarebbe delegittimato dal voto del 4 dicembre e il processo riformatore potrebbe ritenersi in larga parte concluso. Se vincessero i "no", il rischio sarebbero le rivendicazioni della "santa alleanza" anti-premier, che potrebbe chiedere immediatamente le sue dimissioni. E a quel punto si aprirebbero scenari gia' in parte ventilati in queste ore, primo fra tutti quello di un governo istituzionale a guida Grasso o Franceschini.
Ma c'e' anche chi non esclude il colpo di scena dell'accoglimento dei ricorsi sui quesiti referendari presentati dal costituzionalista Valerio Onida, nel qual caso, il referendum slitterebbe di alcuni mesi.