Mascherine a scuola, il Tar: l’obbligo va rivisto
Il Tar del Lazio ha disposto che l’obbligo delle mascherine a scuola rimanga in vigore fino alle nuove disposizioni del governo. I giudici hanno accolto la domanda cautelare dei ricorrenti, genitori di alunni di 6-11 anni, rilevando vizi di istruttoria e motivazione scientifica in tre Dpcm. Se l’esecutivo accoglierà i rilievi, cadrà l’obbligo della mascherina in presenza del distanziamento.
“Permane l’obbligo delle mascherine a scuola”: questi i titoli ricorrenti a seguito dell’ordinanza cautelare (n.873/2021) del Tar del Lazio di sabato 13 febbraio. La situazione è, in realtà, più complessa e pende a favore di una maggiore libertà per gli studenti. L’obbligo delle mascherine, previsto dal Dpcm del 3 novembre 2020 e confermato dai due successivi (3 dicembre 2020 e 14 gennaio 2021), rimarrà effettivamente vigente fino alle nuove determinazioni che il governo dovrà attuare “in occasione della riedizione del potere”. Ciò significa che il prossimo Dpcm dovrà tenere contro della recente ordinanza e consentire alcune eccezioni all’obbligo. Se sarà accolta in pieno dal nuovo governo, la svolta del Tar andrà a segnare un passo avanti nel ritorno alla normalità. Un cambiamento che, come si vedrà, nascerebbe proprio in forza di principi individuati all’interno dell’establishment, quindi risulterebbe difficilmente attaccabile e ribaltabile.
Tutto è partito dal ricorso presentato da una quarantina di genitori di Venezia e dintorni, assistiti dall’avvocato Antonella Stefani, dopo che l’omologa petizione informale, che aveva raggiunto circa 1400 firme, inviata ai ministeri competenti e al Garante dell’Infanzia, non aveva sortito alcun effetto. L’uso prolungato delle mascherine a scuola da parte di bambini dai 6 agli 11 anni, per un tempo di anche otto ore al giorno, preoccupa notevolmente i ricorrenti “in quanto non sono conosciute le conseguenze e i rischi potenziali sulla salute psicofisica, anche a lungo termine, derivanti da un uso generalizzato, per mesi, in età infantile e preadolescenziale di tali dispositivi”, si leggeva nella petizione. Il ricorso segnala che l’uso della mascherina viene imposto nelle scuole anche nelle ore di educazione fisica, mentre vengono richiamati “alcuni studi scientifici che valutano la possibilità di ipossia causata dall’uso prolungato delle mascherine”.
Uno dei genitori ricorrenti, padre di un bambino in prima media e di un altro in quarta elementare, riferisce alla Nuova Bussola Quotidiana che “la mascherina al banco per tutto l’orario scolastico mi è sembrata subito eccessiva e non ne ho capito l’utilità visto che ci sono già il distanziamento e le altre misure di sicurezza che vengono applicate con rigore. I miei figli mi hanno anche parlato spesso di situazioni di disagio da parte di bambini in classe per l’uso prolungato della mascherina. Spero che questa ordinanza venga recepita dal governo e che in futuro ci sia più attenzione per l’infanzia e l’adolescenza. I giovani sono il futuro e la loro crescita ed educazione meritano di essere tenute in maggiore considerazione, per dimostrare che non è vero che l’Italia non è un paese per giovani”.
Se il prossimo Dpcm rispetterà quanto richiesto nell’ordinanza del Tar del Lazio, gli alunni delle scuole primarie e secondarie di tutta Italia, dai 6 agli 11 anni, non saranno più tenuti ad indossare le mascherine, qualora sia rispettata la distanza di almeno un metro tra i banchi. L’obbligo ai dispositivi di protezione personale rimarrebbe vigente solo in assenza di distanziamento e in caso di spostamento all’interno delle aule o del plesso scolastico.
Nei Dpcm del 3 novembre, del 3 dicembre e del 14 gennaio, dunque, sono stati riconosciuti vizi di “istruttoria” e di “motivazione, anche in ordine al bilanciamento di valori costituzionalmente garantiti” come la tutela della salute collettiva e la tutela della salute individuale dei minori. Il Tar rileva, accogliendo l’istanza degli intervenienti, che non vi siano “studi scientifici che dimostrino l’utilità e l’assoluta necessità di tale obbligo generalizzato” e che nemmeno i verbali del Comitato Tecnico-Scientifico (Cts) abbiano stabilito le motivazioni dell’imposizione dell’uso continuativo delle mascherine per i bambini anche al banco. Viceversa, un precedente verbale del Cts (31 agosto) rimandava correttamente a quanto raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in un documento del 21 agosto scorso.
L’Oms suggerisce una differenziazione dell’uso dei dispositivi in base alle fasce d’età. Fra i 6 e gli 11 anni, l’uso è “condizionato alla situazione epidemiologica locale, prestando comunque attenzione al contesto socio-culturale e a fattori come la compliance del bambino nell’utilizzo della mascherina e il suo impatto sulle capacità d’apprendimento”. Dopo i 12 anni, invece, varrebbero “le stesse previsioni di uso degli adulti”.
In conseguenza di ciò, il Cts nel verbale del 31 agosto affermava la possibilità di rimozione della mascherina “in condizione di staticità”, nel “rispetto della distanza di almeno un metro” in assenza di situazioni “che prevedano la possibilità di aerosolizzazione (es. canto)”. Tale prescrizione, comprovata da studi scientifici, non è però stata seguita negli ultimi Dpcm.
Il Tar ha accolto la domanda cautelare dei ricorrenti e ha rimandato all’amministrazione perché rivaluti la prescrizione impugnata. Il nuovo governo sarà ora tenuto alla “riedizione del potere” del prossimo Dpcm, atteso per il 5 marzo. L’efficacia dell’attuale Dpcm permane anche nella parte impugnata e “fino alle nuove determinazioni dell’autorità amministrativa, in ossequio al principio di precauzione”. Qualora il prossimo Dpcm non ottemperi alle indicazioni del Tar del Lazio (e quindi del Cts), il governo sarà nuovamente portato in giudizio dal comitato spontaneo dei genitori ricorrenti.
Nel ricorso è stato anche rilevato che i Dpcm in oggetto sono “provvedimenti amministrativi che limitano le libertà e i diritti fondamentali delle persone, garantiti dalla Costituzione”, dichiara alla Nuova Bussola Quotidiana l’avvocato Antonella Stefani. “In base alla Costituzione, queste limitazioni possono avvenire solo tramite decreti legislativi. Pertanto, nemmeno un decreto legge può sostenere una misura del genere. Non vi è nessuna necessità e urgenza che giustifichi una limitazione dei diritti fondamentali e, in questo caso, stiamo parlando di diritti dei minori”. Assieme agli altri legali che hanno seguito la causa, l’avvocato Stefani notificherà l’ordinanza alle scuole di appartenenza dei ricorrenti, chiedendo l’esenzione. Nel caso in cui i dirigenti dovessero opporsi, verrà richiesta l’esecuzione dell’ordinanza del Tar.